La mostra di arte messicana del XX secolo a Bologna
In mostra a Bologna a partire dal 19 novembre la collezione dei coniugi Gelman: Frida Kahlo, Diego Rivera, RufinoTamayo, María Izquierdo, David Alfaro Siqueiros, Ángel Zárraga.
L’esposizione della Collezione Gelman a Bologna offre una visione generale sull’arte messicana del XX secolo e una particolare sulla coppia Frida Kahlo - Diego Rivera e sulla loro assoluta dicotomia artistica e personale.
E’ strano come la storia abbia ribaltato, nel giro di pochi anni, la percezione della “Rinascenza messicana”.
L’interesse per il periodo storico e artistico, seguito alla rivoluzione del 1911, di cui sono stati protagonisti Rivera, Orozco e Siqueiros, privilegia oggi la figura arcaica, tragica e introspettiva di Frida Kahlo.
La signora Rivera -così veniva presentata al momento della sua prima mostra personale- è divenuta in seguito la figura emblematica di quell’epoca e dell’arte messicana del XX secolo.
La collezione Gelman è composta da opere di vari artisti messicani, ma ciò che colpisce profondamente è il contrasto assoluto tra le figure di Kahlo e Rivera.
In mostra si possono ripercorrere, attraverso le opere, le fotografie e i filmati le loro vicende artistiche e personali. Ma alla fine è molto più facile trovare differenze che similitudini.
Dove la visione di Rivera è oggettiva, sociale e politica, quella di Frida Kahlo è soggettiva, introspettiva e personale.
Essi accedono a due diversi ordini percettivi: realismo e cultura popolare in opposizione a una dimensione psicologica e intima. Il singolo si oppone al generale.
Disgraziatamente non è possibile vedere in una mostra i grandi cicli murali realizzati per gli edifici pubblici, più conformi all’indole di Diego Rivera e più adatti alla sua pittura. Così restano i dipinti da cavalletto, dove il suo linguaggio chiaro, diretto e narrativo sembra trasformarsi a volte in un repertorio di immagini da associare (vedi l’eleganza di abiti da sera, fiori bianchi e posa cinematografica semi-reclinata della signora Gelman).
Il mondo di Frida Kahlo è invece tutto raccolto nei suoi piccoli quadri. Lei non descrive tipi umani né tramanda la mitologia del popolo e dei lavoratori ma racconta, attraverso il suo universo fatto di simboli preispanici e abiti della tradizione messicana, una dimensione privata ed esistenziale.
La stessa militanza politica e l’anticapitalismo sono espressi in modi opposti: la massa dei lavoratori e le immagini dei bambini messicani delle pitture monumentali di Diego Rivera contrastano con la pittura di Frida, costellata di esperienze traumatiche personali, e con i suoi elementi distintivi esclusivi.
Tutte le scelte di Frida, dal rifiuto dell’abbigliamento occidentale alla decisione di tenere i baffetti e il mono-sopracciglio, sono un modo per riaffermare -anche al di là della pittura- attraverso gli abiti, i gioielli e le acconciature, una tradizione antica, una cultura e una singolarità.
Anche il catalogo è bellissimo e il saggio della curatrice Gioia Mori si legge come un romanzo.