ECONOMIA e FINANZA
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La società che non voleva i giovani – Il dramma dell’isolamento politico, economico e sociale delle nuove generazioni

24/10/17

Ancora una volta si torna a parlare dei giovani. Forse perché se ne parla troppo, o più probabilmente perché non se ne parla in maniera appropriata, l’argomento scotta, o crea astio e insofferenza in chi lo ascolta, tanto nell’adulto che è distante dal mondo dei giovani e non sempre riesce a comprenderlo, quanto nei giovani stessi, che pur essendo sempre al centro di tante parole sono sempre più ai margini dei fatti concreti.

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Ancora una volta si torna a parlare dei giovani. Forse perché se ne parla troppo, o più probabilmente perché non se ne parla in maniera appropriata, l’argomento scotta, o crea astio e insofferenza in chi lo ascolta, tanto nell’adulto che è distante dal mondo dei giovani e non sempre riesce a comprenderlo, quanto nei giovani stessi, che pur essendo sempre al centro di tante parole sono sempre più ai margini dei fatti concreti.

Tuttavia, che piaccia o meno, parlare dei giovani è inevitabile. Perché solo dando voce ad una problematica tanto importante quanto sottovalutata è possibile comprendere il dramma di una generazione che rischia di scomparire economicamente, politicamente e socialmente. Volendo riassumere a colpo d’occhio il sentimento che governa la percezione dei giovani in Italia, si può usare l’espressione utilizzata da Carlo Carboni, editorialista de Il Sole 24 Ore, “allergia ai giovani”, pienamente condivisa anche dal Centro Studi Economico Finanziario ESG89, che tuttavia vede più opportuno applicare, talvolta, il termine “fastidio” al modo in cui le istituzioni e il mondo del lavoro approcciano ai futuri potenziali elettori e lavoratori.

In un paese in cui il tasso di disoccupazione giovanile è sette volte più alto del tasso di disoccupazione degli over 55 e in cui è considerato ovvio agevolare l’uso dei mezzi pubblici per gli anziani e, al contrario, centellinare i sussidi per gli studenti e i giovani lavoratori, non stupisce come siano i giovani stessi a farsi lentamente, ma non troppo, da parte, creando un mondo parallelo che ha, giorno dopo giorno, sempre meno contatti con la realtà in cui vivono le generazioni precedenti. Trasferimento di massa all’estero, astensionismo politico e disinteresse alla vita pubblica sono solo alcuni degli aspetti che caratterizzano l’approccio dei giovani italiani alla quotidianità e alla politica, dalla quale si sentono completamente ignorati.

Ed è purtroppo vera questa indifferenza: per il mondo delle istituzioni, l’elettorato di riferimento, per numero e convinzioni, è quello degli anziani, assidui frequentatori della cabina elettorale, ed è su di essi che la politica punta. E i futuri elettori? Sono pochi, sfiduciati o sostenitori del voto di protesta. Insomma, non riscuotono alcun interesse per il mondo politico.

Se il panorama giovanile appare, già così, drammatico e preoccupante, è la totale mancanza di considerazione per le conseguenze di questo scollamento tra giovani e società che dovrebbe generare inquietudine. Perché una politica priva del supporto giovanile va inevitabilmente verso la delegittimazione. Perché un’economia priva di spinte giovanili non cresce, anzi si cristallizza e si ferma. Perché una società che vede nei giovani un peso e non un’opportunità scivola velocemente verso il degrado e appassisce. Non è uno scenario prospettico, un’ipotesi futura. È qui, è ora, è adesso. Non si può tornare indietro, il futuro è già qui, e i giovani sono inevitabilmente il futuro. Se non si guarda a loro, non si guarda avanti. La scelta è semplice: o si mettono le nuove generazioni al primo posto, o ci si ferma e lentamente si muore. E anche questa è una cosa inevitabile.

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