ARTE E CULTURA
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LA VERITÀ DEL TANGO: storia di sopraffazione e violenza nella “terra d’argento”

16/10/18

“L’idea è nata per caso.” continua l’autrice. “Un viaggio a Madrid. Una cena in un ristorante argentino e l’incontro casuale con l’avvocato che curò il processo in Italia contro cinque generali argentini, voluto dai familiari di desaparecidos italiani emigrati nella “terra d’Argento”

Foto“Il tango è la colonna sonora e che conduce la storia, ma nello stesso tempo una vera e propria struttura di sostegno al testo, perché attraverso questa danza la “verità” riuscirà ad esprimersi e ad arrivare laddove le parole non possono.” Maria Grazia Adamo racconta così la scelta del titolo del suo romanzo “La verità del tango”, edito da Il Seme Bianco.

“L’idea è nata per caso.” continua l’autrice. “Un viaggio a Madrid. Una cena in un ristorante argentino e l’incontro casuale con l’avvocato che curò il processo in Italia contro cinque generali argentini, voluto dai familiari di desaparecidos italiani emigrati nella “terra d’Argento”.

Infatti, i personaggi narrati sono proprio Lola, ex ballerina di tango, e Isabella, una giovane donna oppressa da fantasmi del suo passato. Al loro fianco troviamo anche le “nonne di plaza de mayo” e tutte le donne vittime di sopraffazioni e violenze.

“Lola passò dalla veglia al sonno senza accorgersene. Si risvegliò a notte fonda, a causa del solito maledetto sogno: la ragazza dai capelli lunghi in fuga nella notte inseguita da una Ford Falcon. Cadeva, sull’asfalto bagnato, si rialzava e continuava a correre, senza mai voltarsi indietro. La cosa che causava sofferenza maggiore in Lola, in quel sogno, erano le sbarre che la rendevano impotente. Il fatto di non poter aiutare la fuggiasca. Si svegliava di soprassalto, in uno stato di frustrazione profonda. Il sogno era bianco, era nero, una fusione cromatica di angoscia. La scena si svolgeva di notte e la drammaticità degli eventi non lasciava spazio ai colori. Grigio la declinazione della tristezza, nera quella della rabbia; bianca era la resa. Per poter vivere il presente, a volte, occorre dimenticare il passato.”

“Conoscevamo il destino delle donne che durante la detenzione partorivano i loro figli, ma decidemmo di non credere alla sua morte fino a quando non avessimo ritrovato il suo corpo. Fu una scelta razionale o forse dettata dalla disperazione. Da quel giorno, la ricerca del corpo di Inés e di mia nipote Mireya, divenne l’unico scopo della mia vita.”

“I nodi irrisolti della storia prima o poi ci presentano il conto” conclude Adamo, “ perché ciò che è accaduto in passato può ripetersi, magari in forme diverse… e questo vale sia a livello individuale che collettivo. Un paese, come una persona, che non sa da dove viene, non può sapere dove andrà”.

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