Laura Giardino mostra l'inconscio collettivo
Laura Giardino - Solo Show - a cura di Elena Pontiggia 29 settembre – 22 ottobre 2016 - Privateview Gallery Torino
Laura Giardino espone a Torino la sua ultima serie di quadri.
Non è una serie in senso stretto, non si sofferma a studiare le differenze generate dalla luce su un oggetto nelle varie ore del giorno, o a registrare lo scorrere del tempo. Raccoglie le situazioni e le esperienze condivise da un gruppo sociale, da persone che non si conoscono ma che possiedono strumenti comuni per riconoscere e decifrare questo racconto.
Ci sono due livelli di percezione dei suoi paesaggi: uno tangibile, reale, contemporaneo e l’altro universale, immaginario e indefinito.
La provincia è riconoscibile: sono zone di periferia che si vedono facilmente vicino a casa, con i motocarri che attraversano paesaggi da distretto industriale. Quei “comprensori di attività produttive” dai nomi assurdi che hanno così profondamente trasformato il tessuto territoriale precedente, e ai quali siamo ormai abituati. Sono sempre paesaggi vicini, visti per davvero, non sono immaginari, né letterari e neanche cinematografici. Non ricorrono a modelli del passato ma riproducono la desolazione ordinata di questo secolo.
Il paragone più immediato, infatti, non è con Hopper e le sue verande lontane ma con Luigi Ghirri e con Olivo Barbieri. Con i loro bar con i bigliardini, le desolazioni di Marina di Ravenna o di qualche altro comune della pianura Padana, dove i colori delle vetrine e dei bar un po’ pacchiani sono sempre innaturali come quelli che si trovano in questi quadri.
Ci sono poi i quadri a soggetto femminile. In queste opere, le donne sono calate nel loro tempo, non sono più le donne anni quaranta dei dipinti meno recenti. Quelle donne erano repliche e corrispondevano volontariamente a un modello culturale e una regola generale.
Le donne di questi ultimi quadri sono forme dell’inconscio collettivo e sono depositarie di memorie e di paure.
Costruiscono un ponte tra mondo esterno e mondo interno. Non sono più simboli ma concetti organizzati e condivisi.
Sono immagini ereditate e tramandate da generazioni: sedimenti di esperienze, di situazioni, di fantasie, di timori e di vissuto umano.
La gran parte dei paesaggi è reale, concreta, contemporanea, ma qualcosa resta appena al di là della soglia della coscienza. La solitudine del singolo è solitudine comunque, così come lo sono l’inafferrabile e l’irrazionale. Immagini che descrivono i timori di una civiltà intera.
Paola