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Odore di camino spento

21/11/17

Un racconto lungo in forma di diario, il nuovo libro di Enzo Pagano “Odore di camino spento”. La cronistoria di circa un mese di un caldissimo Giugno durante il quale il personaggio narrante, un anziano dirigente d’azienda in pensione, già sessantottino, è coinvolto in un marginale fatto di cronaca: il furto di un prezioso orologio sottrattogli da una giovane tossicomane che lo aveva adescato per strada.

FotoUn casuale e breve incontro di un solo pomeriggio, che si conclude con la bevuta di un pregiato whisky torbato dagli incomparabili odori, tra i quali quello di un camino spento. Il parere olfattivo, espresso dalla ragazza, diventa la metafora dell’intero racconto dell’uomo rimasto solo dopo l’abbandono della moglie, il cui unico scopo è quello di stare accanto al suo nipotino di tre anni, che vede per sole tre ore ogni sabato e al quale ha promesso “solennemente” di regalare quell’orologio ricevuto in dono per il suo pensionamento;  (…) conteneva in sé il riconoscimento di un’intera vita di un uomo, come la croce al merito di guerra conferita a mio nonno, che mio padre mi mostrava con orgoglio. (…).
Il racconto, asciutto e cadenzato come una narrazione di cronaca che si svolge nel quartiere Madonnella di Bari, indugia, a tratti, in riflessioni attuali e storiche di un vissuto “scoppiettante”. L’ironia smorza ogni tentativo di autocelebrazione di una generazione che, bene o male, ha attraversato un felice periodo storico, definito da Hillary Clinton nella sua autobiografia, “…a fortunate time…”. Le contraddizioni ideologiche di chi credeva nell’immaginazione al potere emergono al primo, e forse solo, vero contatto con una realtà sempre evocata e mai vissuta: quella dell’emarginazione e dell’omosessualità. E questo avviene al termine di una vita, non sempre adamantina, che va spegnendosi così come il fuoco di un camino, lasciando nell’aria l’evocativo   odore di cenere.
La scrittura è quella del mostra-non-dire, tipica della narrativa d’azione che non scade, però, nella giallistica di maniera. I riferimenti culturali, sempre presi con la dovuta cautela e pudica distanza, emergono a tratti non senza un certo autosarcasmo. Per esempio, a proposito della sindrome di Proust dalla quale è affetto il personaggio, scrive: (…) così come peschiamo dal nostro intimo più profondo le consonanti nasali retroflesse, la [n] per esempio, siamo in grado, altresì, di farlo con gli odori con un meccanismo simile. Con buona pace di chi non mi volesse classificare tra gli epigoni del grande scrittore.(…)
Un libro con  una trama avvincente, e un finale sorprendente, che si legge d’un fiato. (La Gazzetta del Mezzogiorno 25.8.2016)
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