ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Petrolio, l’alleanza tra Arabia e Russia non tiene più, l’addio dell’Angola fa scendere i prezzi

Le alleanze tra diversi paesi produttori di petrolio non regge più, il prezzo del petrolio scende sempre di più, grazie anche all'avanzare dalle green economy che si sta sviluppando sempre di più in tutto il mondo.

FotoLa recente decisione del Brasile di abbandonare l'Opec+, l'importante cartello dei principali produttori di petrolio guidato da Arabia Saudita e Russia, ha scatenato incertezze tra gli investitori. L'iniziale entusiasmo per l'adesione del Brasile a questa storica associazione è stato rapidamente soppiantato dall'annuncio del presidente Lula di ritirarsi, evidenziando un cambiamento significativo nella dinamica delle alleanze, soprattutto in considerazione della crescente collaborazione tra i paesi emergenti.

Questa nuova sviluppo solleva dubbi tra gli investitori riguardo alla capacità del Brasile di influenzare ancora le quotazioni petrolifere e sottolinea la complessità delle dinamiche geopolitiche nel settore energetico internazionale.

L'Angola, anch'esso un paese di lingua portoghese, ha recentemente dichiarato la sua intenzione di abbandonare l'Opec+, un gesto che, sebbene non abbia un impatto economico significativo dato il suo ruolo come secondo produttore africano con una quota modesta nella produzione complessiva dell'Opec+, assume un ruolo di rilievo sul piano politico.

Questo distacco apre una crepa significativa nella credibilità dell'Opec+ per influenzare il mercato e i prezzi del petrolio greggio. Tale evento ha suscitato notevole attenzione nei mercati finanziari, con una perdita di oltre due punti percentuali nelle quotazioni poco dopo l'annuncio di giovedì 21. Il Brent, indice di riferimento europeo, è sceso sotto gli 80 dollari al barile, mentre il WTI americano si è avvicinato nuovamente a quota 72 dollari.

Questo sottolinea la sensibilità dei mercati alle dinamiche politiche all'interno dell'Opec+ e il potenziale impatto sulle forniture e sui prezzi globali del petrolio.

Strategia per alzare i prezzi

Per comprendere gli eventi recenti, è necessario fare un passo indietro. Dopo le perdite subite a causa della crisi energetica scaturita dalla pandemia di Covid e dai conseguenti lockdown, durante i quali i prezzi del petrolio sono persino scesi a livelli negativi per alcune ore, l'Opec+ ha adottato una strategia attenta per ripristinare i livelli di produzione precedenti alla pandemia. L'obiettivo era mantenere i prezzi del petrolio nell'intervallo di 80-90 dollari al barile. Questa strategia ha comportato l'attuazione di tagli di produzione da parte dei paesi membri, con l'obiettivo di guidare le quotazioni verso livelli il più alti possibile.

Questo approccio ha funzionato per l'alleanza tra Arabia Saudita e Russia, i due maggiori produttori mondiali insieme agli Stati Uniti. Tuttavia, gli sviluppi recenti, inclusi gli annunci di Brasile e Angola di lasciare l'Opec+, hanno messo in luce la complessità delle dinamiche all'interno del cartello e hanno generato incertezze sui futuri andamenti del mercato petrolifero. La flessibilità e la reattività dell'Opec+ alle mutevoli condizioni globali rappresentano ora una questione centrale nel panorama energetico internazionale.

La crescita della green economy

La crescita della green economy, unita alle sfide dell'economia globale rallentata dalla post-pandemia, dalla guerra in Ucraina e dal declino dell'attività economica in Cina, ha costretto l'Arabia Saudita a chiedere nuovi sacrifici ai partecipanti all'Opec+, pur assumendosi il peso maggiore dei tagli.

Tuttavia, non tutti i membri del cartello concordano su queste misure, poiché gli obiettivi tra i paesi membri divergono. In questo contesto, l'Angola gioca un ruolo cruciale. Insieme alla Nigeria e alla Repubblica Democratica del Congo, ha contestato la quota di taglio assegnata loro, ritenendola eccessiva. Questi tre paesi dell'Africa occidentale hanno esigenze specifiche di produzione e vendita per sostenere il loro sviluppo economico.

A differenza dell'Arabia Saudita e della Russia, che cercano principalmente di mantenere prezzi più elevati attraverso tagli alla produzione, l'Africa occidentale ha una necessità impellente di massimizzare la produzione per sostenere il proprio sviluppo economico. Queste divergenze di obiettivi rendono complesse le negoziazioni interne all'Opec+.

Tagli, l’arbitrato internazionale

I contrasti tra i membri dell'Opec+ sono emersi inizialmente nel giugno scorso, quando la decisione sui livelli di taglio per l'Angola, la Nigeria e il Congo è stata affidata a un arbitrato internazionale. Queste divergenze sono riemerse anche nell'ultima riunione dell'Opec+ a novembre, durante la quale la decisione sui tagli è stata rinviata di una settimana a causa dell'opposizione dei tre membri africani.

L'annuncio dell'Angola di abbandonare l'Opec+ non è stato sorprendente, considerando l'atteggiamento prevalente. Da Luanda, sede del governo dell'Angola, il ministro delle Risorse, Diamantino Azevedo, ha dichiarato: "Il nostro ruolo nell'organizzazione non è stato ritenuto rilevante. Quando ciò non avviene, diventiamo ridondanti e non ha più senso rimanere nell'organizzazione. Non è stata una decisione presa alla leggera, ma è arrivato il momento." Questa dichiarazione sottolinea il senso di frustrazione e l'incomprensione delle preoccupazioni specifiche dei paesi africani all'interno dell'Opec+.

Attualmente, gli occhi del mercato sono puntati anche sulla Nigeria, e secondo alcuni analisti, potrebbe seguire le orme dell'Angola abbandonando l'Opec+. Inoltre, si sta osservando la nuova orientazione più filo-occidentale adottata da questi paesi. L'incertezza generata da tali sviluppi sta rendendo gli investitori più prudenti, specialmente considerando che i recenti tagli alla produzione non sono riusciti a frenare la caduta dei prezzi del greggio dai massimi registrati a settembre, quando superavano i 90 dollari al barile.

È interessante notare che sono stati gli attacchi dallo Yemen alle petroliere e ai cargo commerciali a sostenere i prezzi, riportandoli almeno a quota 80 dollari. Questo evidenzia la fragilità attuale del mercato e la sua suscettibilità agli eventi geopolitici.

Per l'Opec+, la partita si complica ulteriormente in questo contesto di incertezza, poiché deve affrontare non solo le dinamiche interne al cartello ma anche gli effetti di variabili esterne, come i cambiamenti nelle alleanze geopolitiche e gli eventi che influenzano la domanda e l'offerta globali di petrolio.



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