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Comunicato Stampa

Pieve di Cadore: le cooperative di comunità come un nuovo modello di sviluppo delle aree montane

01/10/18

Riflessioni a margine del convegno su imprese innovative e sostenibili tenutosi venerdì mattina 28 settembre alla Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore.

Le cooperative di comunità come un modello di impresa, innovativa e sostenibile, ideale per lo sviluppo di un territorio montano come quello bellunese. Se ne è discusso in maniera molto approfondita e costruttiva venerdì mattina 28 settembre a Pieve di Cadore (Belluno), alla Fondazione Centro Studi Tiziano e Cadore. L'evento era patrocinato dalla Regione Veneto ed organizzato dall'ente di formazione regionale delle cooperative Irecoop Veneto, dalla cooperativa sociale Cadore S.C.S. insieme alla società bellunese di ricerca consulenza e formazione Metàlogos. La platea era costituita per lo più da cooperatori bellunesi e trevigiani.

L'intervento iniziale è stato quello di Giovanni Teneggi, referente nazionale di Confcooperative, che ha approfondito il ruolo delle cooperative di comunità per la definizione di una strategia di sviluppo locale. “La particolarità delle cosiddette cooperative di comunità – ha spiegato il relatore – consiste nel fatto di essere a servizio di un'intera comunità, non solo dei suoi soci. Il caso tipico è quello della piccola località di montagna i cui residenti si mettono insieme per salvare l'ultimo bar o negozio del paese. Oppure, ancora, per tenere aperto un teatro che sta per chiudere, per salvaguardare un bosco o un luogo che sta a cuore a tutta la collettività. Spesso queste esperienze sono guidate da minoranze profetiche e visionarie, capaci di vivere il locale, trovando soluzione ai problemi dei piccoli centri (che riguardano questioni legate alla partecipazione, alla tutela del territorio, al welfare, alla tipicità e distintività locale), ma con uno sguardo ampio, che sa guardare oltre, creando economie di collegamento”.
Di casi del genere ne esistono parecchi in Italia, almeno un centinaio che fanno capo alle associazioni di rappresentanza Confcooperative e Legacoop; la stessa cooperativa Cadore S.C.S., fondata 10 anni fa a Valle di Cadore per creare lavoro nel territorio locale, dopo la crisi dell'occhialeria, mettendo insieme varie anime, a cominciare dalle Amministrazioni comunali, è un esempio di cooperazione di comunità.
Continuando nel suo ragionamento sullo sviluppo delle aree periferiche, Teneggi ha sottolineato: “Le cooperative di comunità ci hanno fatto scoprire la cosiddetta generazione intenzionale, ossia coloro che decidono di abitare in modo consapevole in un luogo di montagna, non necessariamente perché sono nativi di lassù. E vivono questa scelta con intraprendenza, non con inerzia, trovando forme straordinarie di innovazione d'impresa. La condizione perché un'impresa di comunità possa sopravvivere e svilupparsi è quella di essere discontinua rispetto ai vecchi modelli d'impresa, sostenibile in termini imprenditoriali, credibile sul piano socio-politico”.

L'esperienza della cooperativa sociale Cadore S.C.S., che nel 2018 festeggia il decennale, è stata raccontata da più voci: dal presidente Pasquale Costigliola, dal vicepresidente Michele Pellegrini e dal presidente onorario Claudio Agnoli.
I numeri della coop Cadore S.C.S. parlano di una sfida vinta: dalle 160 alle 210 persone attualmente impiegate in cooperativa (a seconda della stagione), un fatturato in crescita (nel 2017 è stato di oltre 3 milioni e 700mila euro), una risposta di servizio al territorio in diversi ambiti (manutenzioni ambientali, pulizie e sanificazione, servizi culturali, turismo), un'ampia progettualità che si gioca a livello locale, regionale, sovranazionale.
In particolare, il presidente onorario di Cadore S.C.S. Claudio Agnoli ha sottolineato l'importanza delle cooperative di comunità, che possono essere agenti per una ripartenza socio-economica dei territori, mettendo insieme e facendo dialogare fra loro il volontariato, le Amministrazioni pubbliche, le aziende profit. Fondamentale è che si sconfigga la cultura della rendita e che si crei una cultura del reddito, per creare ricchezza e valori a beneficio di tutto il territorio. Ad esempio, la cooperativa può essere quella che aiuta le piccole Pro Loco a superare i tanti ostacoli burocratici, lavorando per creare a livello locale una consapevolezza di comunità, con una visione di futuro”.

Al convegno è infine intervenuto Mirko Pizzolato, coordinatore provinciale di Legacoop, che ha sottolineato la “forza delle cooperazione specie nei territori più deboli, con un ruolo anticiclico e in controtendenza. In Veneto, ad esempio, quando l'economia era al massimo del suo ciclo espansivo, sono nate molte meno cooperative rispetto a quanto successo nei momenti di massima crisi, quando al contrario la cooperazione si è dimostrata uno strumento a salvaguardia del lavoro e dei lavoratori”.



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