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“Quelle orme sulla spiaggia” di Angelo Muraglia

11/09/19

Un libro che si è scritto da sé attraverso l’iniziativa dei suoi stessi personaggi che hanno preso parte alla narrazione del suo racconto, manifestandosi agli occhi e alla mente dello scrittore.

FotoI protagonisti della storia sono un anziano professore e due giovani fidanzati: lui avvocato e lei insegnante, adottata. Ed è proprio sulla volontà di questa giovane donna di incontrare i propri genitori biologici e la verità sulle sue origini che la sottende, a innescare la vicenda narrativa e a intrecciarla in uno scenario poetico, quello marino che ha ispirato lo scrittore.

Tarantino per nascita, Angelo Muraglia, ha inserito inconsciamente alcune pulsioni e influenze del proprio vissuto e della propria formazione professionale, nella trama del suo racconto.

Vogliamo proporre un estratto del libro, per far conoscere ai futuri lettori l’usus scribendi di Angelo Muraglia con il descrizione di un personaggio atipico:

“L’osservammo da vicino notando le sue scarpe e i suoi pantaloni bagnati. Di ciò sembrava incurante e ci disse: «Guardavo, sulla mia testa, il cielo immenso, proprietà assoluta delle nuvole che lo percorrono, l’una a velocità diversa dall’altra, credendo di raggiungere una meta che non esiste: si gonfiano nella loro prepotente vanità ma poi si fondono, come i nostri pensieri segreti, o si dissolvono per la forza del vento oppure si sciolgono in pioggia purificatrice.» Ci comunicò, ma, vedendoci stupiti nell’ascoltarlo, aggiunse: «Le metafore ci consentono di penetrare nei più profondi recessi dell’esistenza. Ecco perché sono ampiamente utilizzate, soprattutto dai poeti!» (Omissis) Il professore ci guardò con gratitudine, avendo intuito il desiderio inespresso di Elisa e, contento di vederci seduti l’uno accanto all’altra di fronte a lui, riprese il suo sommesso monologo: «Un giorno fummo sorpresi dalla pioggia. Eravamo al parco: bagnati interamente nei vestiti e nell’anima. Ma la pioggia, invece di infonderci malinconia, ci infuse innocente allegria. Raggiungemmo di corsa casa mia, ridendo. Fu lì che vidi per la prima volta parte delle sue nudità, mentre ci asciugavamo, e lo apprezzai. Ovidio ci attendeva, abbandonato sul divano, a tentarci, malizioso. Alcuni versi emersero dall’Ars Amatoria e li leggemmo, avvolti dalla penombra e aiutati dal ritmico ticchettio della pioggia contro i vetri delle finestre: …”.

Isa Pistoia
Ufficio stampa WritersEditor



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