ARTE E CULTURA
Articolo

Salvare dal degrado il Parco archeologico di Elea-Velia è possibile!

10/01/09

Articolo di Agenzia Radicale sul degrado del sito archeologico di Velia di Marcello Mottola;Salvare dal degrado il Parco Archeologico di Elea-Velia è possibile! mercoledì 07 gennaio 2009.

da Agenzia Radicale

Salvare dal degrado il Parco Archeologico di Elea-Velia è possibile!

Secondo Erodoto furono i Focei i primi greci a navigare su lunghe distanze, solcando i mari non con smussate imbarcazioni mercantili ma su navi a cinquanta remi, esplorando per primi l'Adriatico, la Tirrenia e l'Iberia, spingendosi fino all’Andalusia. Per sfuggire alla pressione militare persiana, che imponeva il predominio imperiale nel Vicino Oriente e nella Ionia (attuale Turchia), i Focei giunsero anche in Campania e nello specifico nel Cilento, dove si stabilirono fondando -alle soglie del VI secolo a.C.- la colonia di Elea. Elea -la romana Velia-, situata sulla costa campana, nota soprattutto per l'unico arco a sesto acuto realizzato da mani greche, la cosiddetta Porta Rosa, fu città ideale per i nuovi coloni dediti al commercio e alla navigazione. Qui si insediarono i filosofi Zenone e Parmenide. Oggi la città è una zona archeologica protetta e disabitata e le parole dell’antico filosofo greco presocratico risultano quale un monito per la conservazione della gloriosa città, sito archeologico Patrimono dell’Umanità. Parmenide, infatti, sosteneva che niente si crea dal niente, e nulla può essere distrutto nel nulla, ossia, per dirla alla maniera degli uomini del XXI secolo, che in mancanza di un pensiero risolutivo capace di trasformare il pensiero in azione, in mancanza di una corretta progettualità, nulla può essere creato e di logica lasciato ai posteri.

Ma cosa accade nel Parco Archeologico di Elea? Per avere un’idea basta prestare attenzione alle parole del primo consigliere comunale Pasquale D’Angiolillo, che rivolge un sollecitazione al Ministro per i Beni e le Attività Culturali Sandro Bondi, alla Regione Campania ed all’assise cittadina di Ascea, luogo nel quale oggi si ubica il Parco Archeologico di Elea-Velia. Le dichiarazioni del consigliere sono nette e decise, quasi da ultima spiaggia, per richiamare l’attenzione pubblica sui rischi che corre l'antica città di Parmenide, Patrimonio Unesco dal 1998 (insieme al Parco Nazionale del Cilento ed a Paestum): “Sono da circa due anni che la Porta Rosa è impraticabile a causa del pericolo caduta massi ed è da un anno che l’esposizione museale sull’acropoli è chiusa al pubblico perché le teche con i reperti sono danneggiate. Il mosaico delle terme romane è coperto da una coltre di ghiaia perché la tettoia di protezione, strappata dal maltempo, non è stata ricostruita. Senza contare che le insulae del quartiere meridionale e tutto il sito sono infestati dalle erbacce”.
Ma la critica di Pasquale D’Angiolillo non si ferma qui. Attraverso una sensibilizzazione popolare, grazie ai numerosi inviti alla mobilitazione lanciati su Facebook ed agli sforzi compiuti dalla direzione dell’area archeologica, in data 29 dicembre 2008 è stata protocollata una richiesta indirizzata al Sindaco di Ascea Mario Rizzo ed al Segretario Comunale per inserire nell’ordine del giorno del prossimo consiglio un’apposita proposta di delibera sul degrado, l’abbandono e l’assoluta carenza di attività di manutenzione del Parco Archeologico di Elea-Velia.
“Con l’approvazione del P.I.T. Paestum-Velia (Progetti Integrati Territoriali,ndr) -continua Pasquale D’Angiolillo- è stato possibile attuare una serie di interventi interni ed esterni all’area archeologica. Ma questi risultati non sono sufficienti per valorizzare il sito archeologico di Elea-Velia. Oltre al pericolo di compromissione dell’integrità del patrimonio archeologico, restano inespresse le potenzialità di sviluppo territoriale ad esso legate”. Sono quindi necessari specifici programmi di intervento e di spesa, che partano da un livello organizzativo più alto -Ministero e Regione-, allo scopo di attivare procedure d’intervento ordinario e straordinario, in grado di fornire in prima istanza un pronto intervento di restauro per la messa in sicurezza della Porta Rosa.

Accanto alle attività restauro-manutentive la destinazione dei fondi porterebbe al ritorno di un’intensa attività archeologica, sia di scavo nell’area, musealizzazione dei reperti ed elaborazione dei dati, sia per far fronte alle carenze di personale, che sussistono attualmente nella dotazione organica dell’Ufficio di Velia. Potenziare il personale costituisce una solida base di gestione del sito nel suo complesso e su tale base -secondo il consigliere comunale- si può avviare una rete di spesa che preveda un impegno nel bilancio da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e della Regione.
Punto di arrivo sarà la realizzazione del Museo Archeologico di Elea-Velia, il cui progetto preliminare è dal 2004 nella disponibilità del Comune di Ascea, capace di presentare al pubblico i materiali relativi alla città in epoca greca ed in epoca romana, prima giacenti nei depositi. Seguendo l’esempio del Museo Archeologico di Paestum, presente sul territorio campano già dal 1952, la creazione della nuova struttura relativa ad Elea dovrà prevedere la presenza di un Laboratorio di Restauro nei depositi del museo, funzionale alla conservazione ed al ripristino di tutti i materiali provenienti dallo scavo, alla sistemazione di attrezzature atte al restauro di ceramiche, elementi lapidei, reperti metallici, materiali organici. Inoltre il nuovo edificio dovrà comprendere una sala didattica, un laboratorio fotografico, il deposito ed un archivio. Come fare a realizzare tutto ciò in periodo di crisi? Basterebbe destinare i fondi agli enti di tutela territoriali, unici organi in grado di valorizzare i nostri Beni Culturali. Ma ciò non avviene! In merito è opportuno ricordare la preziosa inchiesta di fine 2006, svolta dal programma televisivo di La7 Exit, che si interessava proprio di come la Regione Campania destini ogni anno una parte delle sue risorse al finanziamento di associazioni ed enti culturali. Ebbene da tale inchiesta risultava, come dimostrato dal filmato, che nel dicembre 2006 il Consiglio Regionale della Campania approvava un bilancio volto ad elargire contributi pubblici a 105 associazioni ed enti turistico-culturali per un totale di 59 milioni di euro. Spesso però questi beneficiari erano collegati alla volontà di alimentare clientele, consenso ed a mantenere stretti rapporti con il territorio da parte di alcuni esponenti della politica. Mentre i beni culturali sono a rischio, i parchi abbandonati ed il degrado è sovrano, i soldi dei contribuenti svaniscono nel nulla.
Agli amanti della vacanza formativa non resta che appellarsi al mero concetto teorico di Unità Culturale Territoriale e visitare ciò che si può, o ciò che “resta”, della costa cilentana, di Elea-Velia, della Certosa di Padula, di Roscigno vecchia, delle grotte di Pertosa e di quelle di Castelcivita, del Parco del Cilento e del Vallo di Diano. In conclusione, attualmente è sotto gli occhi di tutti che il precario stato di degrado è palesemente in contraddizione con il lavoro svolto e con gli sforzi perpetrati in passato per valorizzare il parco archeologico, divenuto Patrimonio dell’Unesco: va evidenziato che per poter vedere la principale attrattiva del sito, la già citata Porta Rosa, è inevitabile infrangere il divieto d’accesso posto nel 2006 a causa di una frana.
Marcello Mottola








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