ARTE E CULTURA
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Tentativi d’intromissione nella quiete altrui

03/01/20

Sabato 21 dicembre 2019, ore 16:30, Biblioteca Comunale di Caivano ( all’interno del Castello Comunale . L’Associazione Culturale Incontri letterari ha presentato : “Tentativi D'Intromissione Nella Quiete Altrui” Un’esperienza drammaturgica tra le sale della biblioteca e successivo dibattito, con (in ordine di apparizione): Giandomenico Di Biase Giovanna Di Pietro Vincenzo Ponticelli Arturo Nilo Vincenzo Rummo Luigi Di Biase Musicisti (in ordine alfabetico) Gianluca Granato Nicolò Esposito Direzione e adattamento Giuseppe Cerrone

FotoDue delitti, una nevrosi. Ossessiva. Omicidio e lussuria, elaborati a teatro, senza mediazioni, se non quella del linguaggio. La sequela dei peccati si innalza a partire dal celebre monologo dell’Amleto, “Essere o non essere...” che, pur non inseguendo i fasti dell’abiezione, considera il suicidio un atto possibile, la soluzione definitiva al dramma di vivere. Evidentemente la discrezione non fa per noi. I “doppi” che ci agitano, parleranno, finendo per confessare. Allora un giovane innamorato ricorderà alla sua ninfa i nostri peccati, che sono quelli di un’intera generazione. La nostra civiltà è una congiura. Si fonda su un patto che, una volta istituito, stritola coloro che lo rifiutano. Viviamo di simboli ma la lettera non sempre esercita una funzione salvifica. Al contrario, pare assai difficile, allo stato, coltivare speranze di palingenesi. Le nostre pulsioni, così (in)felicemente tese sull’abisso, saranno sintomo e catarsi, disagio e liberazione. Un giovane uomo fa a pezzi un vecchio, un maturo diplomatico si sbarazza, in un colpo solo, della moglie e dell’amico, un assistente universitario si tormenta nell’impotenza e nell’impaccio, incapace di soddisfazioni. La malattia invade la parola e vi si insedia. Shakespeare, Poe, Aub, Pinter. Il reperto drammaturgico, narrativo si fa analisi della modernità. Quanto al teatro, è forse lo strumento più sottile per entrare con cura, in punta di piedi, in quel sanatorio “maudit” che è il nostro tempo. L’attore finirà per sciogliersi, lasciando progressivamente terreno al morbo che lo sconquassa. Alcuni di noi hanno aperto le porte del loro cervello e gettato la chiave. Entrate pure ma, diceva il maestro, fatelo «lentamente, sì, lentamente». C’è del marcio in noi. Qualcosa di non risolto, di non finito. Che non guarisce, che avanza, dilaga come Peste. Un contagio infernale che non trova requie. Che si insinua nei documenti, che assale chiunque, che divora la specie. Nulla può la legge, nulla può l’ordinaria amministrazione del vivere. Il male è ormai endemico, non ha un nome, si presenta sotto mentite spoglie. Follia, “Teatro della crudeltà” sono titoli impraticabili, insufficienti. La coppa dei valori si è infranta, il senso divelto in mille cocci, le schegge disperse in tutte le direzioni. Gli attori reciteranno pause filosofiche per ritrovare e ricomporre frammenti di un occaso ancora in corso. Dovremmo lodare i nostri corpi, involucri per ogni occasione, vettori rituali, prigioni danneggiate, memorie infette, simulacri, piogge sacre. Gli attori sono corpi, faranno ciò che è necessario. Guardate.
In questo primo studio l’allestimento è ridotto all’osso. Avremo un pò di musica dal vivo che guiderà gli astanti di stanza in stanza. In mancanza di una sede teatrale vera e propria, si è preferito non intervenire sugli spazi, lasciandoli inalterati affinché, conclusa la cerimonia, ritornasse presto la Realtà coi suoi fantasmi.



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