ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

The Space That Remains: Yao Jui-Chung’s Ruin Series

27/05/14

La mostra indaga la “seconda vita” degli edifici e non attraverso la prospettiva di costruttori, utilizzatori o curatori, bensì dal punto di vista di un lettore. Il prolifico scrittore di arte, critico, fotografo, pittore e video artista Yao Jui-Chung (classe 1969 ) ha avviato il progetto Ruins fin dai primi anni ’90. Dal notevole corpus di fotografie in bianco e nero, tutte intense e poetiche, sono stati selezionati alcuni tra i lavori più conosciuti e un video, che mostrano ciò che resta delle strutture originali, gli edifici residenziali cinesi Han, esempio di architettura occidentale del 19esimo secolo, ed emblematiche rovine industriali come si trattasse di un’architettura del dopoguerra presente su di un’isola-prigione per dissidenti politici

7 giugno – 30 agosto

Organizzazione: National Taiwan University of Arts
Coordinatore: PDG Arte Communications www.artecommunications.com
Vernice: 5 giugno alle ore 15:00
Sede: Istituto Santa Maria della Pietà, Castello 3701, Venezia

L’architettura non riguarda solo la costruzione. Ciascuna struttura fatta dall’uomo porta il germe della sua distruzione, il suo farsi rovina. Le rovine sono architetture “altre” che attendono nel divenire, destinate a diventare “Lo Spazio che Resta”. Il titolo della mostra è stato scelto facendo riferimento a “Il Tempo che Resta” di Giorgio Agamben, un commento alla “Lettera ai Romani” e alla posizione di San Paolo nel periodo critico di transizione del primo Cristianesimo. Come suggerisce Agamben, ci può essere qualcosa in quel tempo residuo, caricato di un’aspettativa messianica, che per contrappunto sia applicabile a ciò che rimane degli edifici nell’attuale società globale post capitalistica?
La Mostra The Space that Remains: Yao Jui-Chung’s ‘Ruins’ Series si sofferma sul concetto di vita dopo la morte di un edificio non secondo la posizione dei suoi costruttori, dei suoi destinatari o dei suoi operatori ma secondo l’azione di un lettore. A partire dagli anni Novanta Yao Jui-Chung (1969 - ) in modo appassionato e idiosincratico ha ricercato per tutto il suo paese d’origine edifici abbandonati, inutilizzati, scartati. Come risultato, ha riunito un archivio documentaristico di fotografie in bianco e nero di rovine Taiwanesi.
Yao è un prolifico scrittore d’arte, critico, fotografo, pittore e video-artista e tratta gli oggetti delle sue esplorazioni fotografiche negando l’ordine sistematico, assumendo prospettive e angolature che sembrano casuali senza prestare attenzione alla loro completezza. Tutte le rovine sono riprese da un punto di vista personale che non è né giornalistico, né documentaristico e nemmeno voyeuristico. Paradossalmente è proprio da questa prospettiva casuale che noi sperimentiamo un senso di vicinanza rispetto a quelle strutture, diventando noi stessi lettori e riflettendo intersoggettivamente sulla sorte delle rovine, il loro passato e il loro futuro.
Mentre “Il tempo che Resta” di Giorgio Agamben ha ispirato il titolo della mostra è tuttavia “Il Contratto Naturale” di Michel Serre a cui si deve una maggiore attenzione. Sebbene siano circondate dalla natura, le rovine sono inequivocabilmente realizzate dalla mano dell’uomo e nonostante ciò sono uscite fuori dall’orbita dell’umana consapevolezza. Non sarebbe forse appropriato un ritrovato senso di responsabilità, un “contratto delle rovine”, così da occuparsi di queste testimonianze di una precedente attività umana?
Uno dei temi generali della Biennale di Architettura di quest’anno è il concetto di riflessione storica ed è il guardare al passato, sebbene esso sia emotivo, quasi mistico, che da forma anche a questa mostra. Le trenta fotografie in bianco e nero, intense e poetiche, raggruppate in serie ed un video, selezionati da un impressionante corpus di immagini, mostrano i residui di strutture aborigene, gli inconfondibili edifici residenziali cinesi della dinastia Han sulle Isole dei Pescatori, gli esempi stravaganti dello stile architettonico occidentale del XX secolo, le iconiche rovine industriali e la tetra architettura del dopoguerra sull’isola dove erano stati confinati i dissidenti politici.
La National Taiwan University of Arts è lieta di annunciare la sua seconda partecipazione alla Biennale di Venezia. Dopo il successo dello scorso anno di Rhapsody in Green, evento collaterale della 55. Esposizione Internazionale d’Arte, NTUA è orgogliosa di prendere parte alla Biennale di Architettura di quest’anno presentando Yao Jui-Chung, uno degli artisti più impegnati e prolifici di Taiwan con la serie di fotografie “Ruins” create a partire dal 1991. Crediamo che questa breve mostra organizzata in sette gruppi che definiscono i temi maggiori della storia di Taiwan contribuirà ad una nuova consapevolezza su una questione che è in realtà globale ovvero come trattare con le strutture create dall’uomo che hanno cessato di essere usate dall’uomo.

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