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Comunicato Stampa

World's last music - un progetto di collezione di Virginia Botto Poala

World’s Last Music” evoca la perdita di punti fermi, delle stabilità del passato e spinge al nomadismo dell’anima, raccontando di un mondo selvaggio, regredito ed inospitale. Un progetto di collezione che immagina una donna che si muove, in una perpetua alternanza di emozioni, alla ricerca di qualsiasi cosa possa essere rimasta e che se ne appropria fortuitamente.

Polina Mordvinova -  Vladimir MordvinovPoiché l‘attualità ci propone scenari geopolitici al limite della distopia, l’ispirazione ha portato Virginia Botto Poala, studentessa laureanda all’Istituto Marangoni di Milano, a sentire e a voler trasmette un costretto ritorno allo stato quasi primitivo ed errante dell’essere umano.

“World’s Last Music” evoca la perdita di punti fermi, delle stabilità del passato e spinge al nomadismo dell’anima, raccontando di un mondo selvaggio, regredito ed inospitale.

Immagina una donna che si muove, in una perpetua alternanza di emozioni, alla ricerca di qualsiasi cosa possa essere rimasta e che se ne appropria fortuitamente, senza alcun progetto predefinito: la sua vita è un complesso di casualità che ricuce insieme attraverso le proprie scelte, esplorando ed esprimendo i suoi istinti primordiali e selvaggi. È questo volere unire e soprattutto armonizzare elementi e materiali attinti a caso, legati tra loro solo ed esclusivamente dal carattere primitivo, che sta alla base della sua ricerca.

Il primo materiale utilizzato è la pelle - elemento usato dall’uomo sin dagli albori della sua apparizione - che Virginia ha voluto lasciare nella sua forma “naturale”, limitando al minimo indispensabile cuciture e tagli, per essere rimodellata e drappeggiata direttamente sul corpo.

I tessuti, scelti in fibre naturali e in alcuni casi neppure tinti, sono anch’essi tagliati a vivo e talvolta sfrangiati: diventano capi mediante piccole pieghe, volte a ricordare rammendi casuali, squarci e moulage, che creano movimenti che danno l’idea di aver creato e lavorato su pezze o capi scampati a eventi catastrofici ritrovati e riutilizzati; ha volutamente inserito nella ricerca manipolazioni che ricordano i muri scrostati e macchiati di umidità di case danneggiate, oramai non più abitabili, che perciò diventano rimpianto e poetico ricordo nell’anima di questa donna bruscamente costretta al nomadismo.

E ancora una volta carcasse di edifici e brandelli di muri di cemento armato, con le loro strutture contorte dalla distruzione, evocano una nostalgia del vecchio focolare così intensa da voler essere portata sulla propria pelle attraverso una maglieria che unisce fili di lana merino, quindi estremamente naturale, a fili di poliuretano, che vogliono ricordare la gomma, materiale quotidianamente presente in quel passato ormai perduto.

É proprio l’unione tra la materia artificiale e quella naturale, lasciata allo stato più elementare possibile, ad esprimere la divisione dell’animo tra la nostalgia della stabilità e delle regole di una modernità passata e l’atavico richiamo all’elemento selvaggio e primordiale... poiché è nella natura ancestrale della donna trovare un’armonia nelle più opposte emozioni, vedere la bellezza anche in un caos fatto di pochi e primitivi elementi.


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Photo credits: Polina Mordvinova - Vladimir Mordvinov
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