SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Biologici e biosimilari, necessari nuovi modelli di approvvigionamento per conciliare innovazione e sostenibilità

13/02/17

A Milano il primo dei due tavoli regionali tra clinici, esperti di Diritto Amministrativo e nuovo Codice degli Appalti, farmacologi e payer promossi da QuintilesIMS con il contributo non condizionato di Janssen, farmaceutica di Johnson & Johnson, nell’ambito di un progetto partecipato per elaborare nuove proposte sul tema dei farmaci biologici (originator e loro biosimilari)

Quali sono le strategie più efficaci per assicurare l’approvvigionamento di farmaci biologici coniugando equità e sostenibilità? Quali politiche mirate al contenimento dei costi possono essere accettate senza che sia compromesso il valore di questi farmaci? Queste domande, solo in apparenza da “addetti ai lavori”, coinvolgono in realtà migliaia di pazienti con patologie croniche e oncologiche che possono essere trattate con i farmaci biologici originator o con i loro biosimilari.

Su questi temi, da due anni QuintilesIMS ha avviato un “percorso partecipato” che nel tempo e in diversi tavoli interdisciplinari ha messo a confronto specialisti di diverse aree terapeutiche (nefrologi, reumatologi, dermatologi, ematologi), farmacologi, immunologi clinici, farmacisti ospedalieri e farmacisti ASL provenienti da diverse realtà regionali.

La prima fase di questo progetto ha portato alla stesura di otto “comandamenti” sull’utilizzo dei farmaci biologici originator e biosimilari, con un elenco di best practice condivise che hanno come filo conduttore l’importanza di tenere in debita considerazione non solo la sostenibilità economica, ma anche e soprattutto la valutazione della migliore opportunità terapeutica per il paziente in termini di efficacia e sicurezza. La seconda parte del progetto QuintilesIMS si articola in due tavoli tecnici che focalizzano le peculiarità regionali del sistema di approvvigionamento dei farmaci biologici; il primo tavolo regionale si è svolto nelle scorse settimane a Milano.

Sul tema dell’approvvigionamento dei farmaci biologici oggi le Regioni si muovono in ordine sparso: alcune hanno imposto ai clinici l’uso dei farmaci biosimilari per ragioni di sostenibilità, altre invece hanno individuato sistemi di approvvigionamento più flessibili garantendo la disponibilità sia di originator, sia di biosimilari, tutelando maggiormente la libertà prescrittiva del medico.
La Lombardia al momento si conferma un valido modello regionale perché “le forniture e/o servizi oggetto della Convenzione ed ai singoli Ordinativi di Fornitura non sono affidate al Fornitore in esclusiva e, pertanto, gli Enti Contraenti, per quanto di propria competenza e nel rispetto della normativa vigente, potranno affidare, in tutto o in parte, le stesse prestazioni anche a soggetti terzi diversi dal medesimo Fornitore, laddove ne ricorrano i presupposti” tramite trattative.*

Sarebbe però importante armonizzare il sistema territoriale (contrattualizzazione di tutte le specialità per assicurare tutte le terapie – originator e biosimilari – e garantire la continuità terapeutica sul territorio) e quello ospedaliero (gara regionale) ed evitare, per esempio, che un paziente in trattamento con un farmaco distribuito a livello territoriale non possa riceverlo in ospedale in caso di ricovero e debba essere sottoposto a uno switch obbligato, attualmente non raccomandato (la questione deve essere bidirezionale).
A differenza di altri modelli regionali, inoltre, a causa di recenti problemi di rottura di stock che hanno riguardato un biosimilare di eritropoietina, è stata lasciata al clinico la prerogativa di una nuova prescrizione. In altre regioni, invece, la gara a lotto unico con un solo aggiudicatario (biosimilare) ha imposto uno switch con il secondo aggiudicatario – un altro biosimilare – sebbene AIFA ed EMA non riconoscano intercambiabilità automatiche perché si tratta di molecole similari ma diverse, innescando anche dei ricorsi.

Diversamente dal caso dei farmaci equivalenti, infatti, per i farmaci biologici non è raccomandata l’interscambiabilità automatica: lo switch può avvenire solo per motivi clinici e deve essere garantita la continuità terapeutica al paziente; non si tratta di principi attivi ma di farmaci che richiedono un processo produttivo complesso che parte da una cellula vivente di mammifero modificata geneticamente. Non a caso i biologici non sono mai stati inseriti nelle liste di trasparenza. Ogni biologico, originator e biosimilari, “è diverso a sé stesso”.
Il biosimilare rappresenta una opportunità di risparmio condivisa anche dal clinico nel paziente drug naive e nei pazienti che devono cambiare terapia (per esempio per inefficacia). La continuità terapeutica va però garantita per motivi clinici. Lo switch in medicina è sempre stato effettuato per motivi clinici (ricerca di una maggior efficacia o di una migliore tollerabilità): perché effettuare uno switch in un paziente stabilizzato solo per motivi economici? Il biologico in sé include un grado di rischio di effetti collaterali e ogni individuo è a sé, lo switch di per sé espone a variazioni di efficacia e di safety imprevedibili esponendo il clinico anche da un punto di vista medico-legale.

“Il medico accetta il rischio legato all’ utilizzo di un nuovo farmaco, solo per migliorare la risposta terapeutica del paziente e non per motivi economici. La stessa Magistratura considera un comportamento colpevole da parte del medico, esporre un paziente ben stabilizzato con un farmaco ad un altro farmaco per soli motivi economici”, dichiara Francesco Locatelli, Direttore Emerito Dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto, Ospedale Manzoni di Lecco.

“Un altro motivo per cui l’attuale sistema di acquisto non soddisfa tutte le esigenze di libertà prescrittiva del Clinico è ad esempio rappresentato dall’uso del biologico originator o del suo biosimilare, nell’ambito della legge 648 – spiega Agostino Cortelezzi, Direttore Unità Operativa Complessa di Oncoematologia, Policlinico di Milano – la 648 costituisce un ambito a sé, è una legge importante che consente l’impiego controllato di farmaci innovativi che hanno dimostrato efficacia in studi clinici controllati in specifici setting, ma che non hanno ancora ottenuto l’autorizzazione all’immissione in commercio non avendo ancora completato l’iter registrativo. In questo contesto il clinico può essere in difficoltà ad applicare una proprietà transitiva dall’originator al biosimilare e può voler rivendicare non tanto o non solo il diritto prescrittivo di medico, ma il diritto di scegliere il medicinale che dispone di studi clinici controllati, specie quando si tratti di farmaci di fatto ancora fuori indicazione”.

“È altrettanto indubbio che le aziende farmaceutiche debbano oggi comprendere le esigenze di sostenibilità e di risparmio del sistema sanitario offrendo prezzi concorrenziali, così come debbano saper garantire eticamente una continuità di fornitura in modo che il paziente possa beneficiare della terapia con lo stesso farmaco senza esporlo a problematiche di stock out in nome del risparmio”. Quali le soluzioni più sagge in queste situazioni così peculiari per farmaci in regime 648? Procedure negoziali/ trattative ad hoc che mirino comunque al risparmio? Oppure soluzioni che contemplino per il clinico la scelta tra un pool di molecole attraverso accordi quadro?

In queste ultime settimane, il principio della non interscambiabilità automatica è stato ribadito in modo esplicito dall’ultima Legge di Stabilità che prevede, all’articolo 59, come “l’esistenza di un rapporto di biosimilarità tra un farmaco biosimilare e il suo biologico di riferimento sussista solo ove accertato dalla European Medicine Agency (EMA) o da AIFA. Non è consentita la sostituibilità automatica tra farmaco biologico di riferimento e un suo biosimilare né tra biosimilari”.

Per tutti i farmaci biologici dovrebbero essere attivate misure di farmacovigilanza attiva nell’ambito di specifici piani di rischio, compresi i biosimilari che sono di fatto farmaci nuovi. Fondamentale è in ogni caso armonizzare l’offerta del sistema territoriale e di quello ospedaliero per garantire la continuità terapeutica ed evitare, per esempio, che un paziente in trattamento con un farmaco distribuito a livello territoriale non possa riceverlo in ospedale in caso di ricovero e debba essere sottoposto a uno switch. In questa direzione, il tavolo tecnico ha valutato il modello lombardo di approvvigionamento dei farmaci e la distinzione tra distribuzione territoriale, nella quale attraverso un accordo quadro si contrattualizzano tutte le specialità per garantire ogni tipo di cura e assicurare la libertà prescrizionale al medico di medicina generale, e la distribuzione ospedaliera, dove le esigenze cliniche specifiche vengono valutate nelle commissioni terapeutiche proprio con l’obiettivo di salvaguardare il principio della continuità.
L’alternativa proposta nel tavolo di lavoro è quella di accordi quadro in multifornitura (anche in market place) previsti dal nuovo Codice degli Appalti, poco diffusi perché il nuovo codice è recente, ma comunque già una realtà in ambito sanitario (es. fornitura di letti ospedalieri), peraltro in linea con la nuova Legge di Stabilità (accordi quadro).

Il nuovo codice degli appalti non prevede il prezzo più basso ma il prezzo economicamente più vantaggioso e proibisce il massimo ribasso, consentendo anche di fissare limiti di ribasso massimo (per evitare eccessivi ribassi e prezzi dumping). L’accordo quadro in multifornitura è una gara che prevede la possibilità di acquistare più farmaci da diversi fornitori a seguito della pubblicazione di specifici bandi (imprese pre-selezionate tramite gara), con prezzi di riferimento e % di acquisto per ciascun prodotto, valorizzandone diversità e peculiarità. Si tratta di una sorta di market place, un paniere da cui il clinico può attingere e scegliere tra più fornitori e permetterebbe di conciliare le esigenze dei clinici e dei payer, garantendo libertà prescrittiva al clinico e continuità terapeutica al paziente, con un’attenzione particolare alla sostenibilità del sistema.

Un altro elemento di novità da tenere in considerazione è che il nuovo Codice degli Appalti prevede procedure di valutazione delle imprese che partecipano alle gare pubbliche. ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione) prevedrà un rating di impresa. Quali parametri/valori aggiuntivi potrebbero essere presi in considerazione per esaminare le aziende coinvolte nelle gare indette da Aziende Sanitarie per l’acquisto di “farmaco biologici”? Oggi si può prevedere un punteggio ma non esiste una banca dati nazionale.
Fermo restando che il primo criterio è la qualità del prodotto, garantita dall’autorizzazione all’immissione in commercio, dal tavolo di Milano arriva l’indicazione di potenziali parametri che potrebbero costituire ragionevolmente il punteggio del farmaco, tra i quali:
• disponibilità di dati clinici nella pratica reale (real world evidence) in aggiunta a quelli relativi agli studi di registrazione (capacità di effettuare studi di fase 4);
• strumenti di certificazione legati a processi di farmacovigilanza attiva e piani di rischio;
• tracciabilità delle procedure di distribuzione e immagazzinamento;
• garanzia di fornitura, ad esempio punteggio negativo in caso di episodi di stock out o altri problemi di fornitura (sarebbe auspicabile un registro nazionale per garantire la massima trasparenza);
• stockaggio/magazzino (la riduzione delle scorte rappresenta uno strumento di risparmio/razionalizzazione della spesa);
• tracciabilità delle procedure di distribuzione e immagazzinamento; formazione del personale per l’uso corretto del farmaco (unrestricted grant),
• interventi educazionali su farmacovigilanza.

La definizione dei parametri dovrebbe essere comunque condivisa tra le Regioni sulla base di linee guida validate in una Regione pilota per poi estendere il modello a livello nazionale.

* rif. gara regionale Lombardia pubblicata il 19 maggio 2016 ARCA_2016_84_1 – Gara per la fornitura di farmaci biologici

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