SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Biotestamento, gli oncologi chiedono una legge. Per 4 su 10 conta solo il volere del paziente

28/03/11

La legge sul testamento biologico è una priorità che non può essere rinviata: ne sono convinti 3 oncologi italiani su 4, ben il 75%. Il 50% degli specialisti segue personalmente oltre 10 malati terminali ogni mese e il 56% si è sentito chiedere almeno una volta di accorciare le loro sofferenze.

La legge sul testamento biologico è una priorità che non può essere rinviata: ne sono convinti 3 oncologi italiani su 4, ben il 75%. Il 50% degli specialisti segue personalmente oltre 10 malati terminali ogni mese e il 56% si è sentito chiedere almeno una volta di accorciare le loro sofferenze. È quanto emerge da un’indagine condotta dall’Associazione italiana di oncologia medica (Aiom), illustrata nei giorni scorsi al convegno nazionale di Valderice (Trapani) sulle “Giornate dell’etica in oncologia”, dal presidente dell’Aiom e direttore del dipartimento di oncologia medica di Ragusa, Carmelo Iacono, che precisa: “Siamo competenti sulle terapie ma nessuno ci ha formato dal punto di vista etico. Solo 4 medici su 10 ritengono di essere preparati nel gestire le questioni del fine vita”.
La seconda edizione del convegno nazionale di Valderice è nata proprio dalla necessità di un confronto fra operatori su temi che interessano quotidianamente la professione, anche alla luce del dibattito parlamentare sul testamento biologico. Uno degli aspetti al centro della discussione politica è quello relativo al valore vincolante delle Dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat).
“Quattro specialisti su dieci sono convinti che ci si debba attenere totalmente alle direttive del paziente – sottolinea Iacono – mentre per il 50% queste vanno condivise e discusse. È significativo che il 56% ne abbia ricevute almeno una volta dai malati. Il bisogno è quindi reale e va affrontato sia sul piano conoscitivo che normativo, sollecitando la promulgazione di provvedimenti legislativi specifici. Per il 63% inoltre la regolamentazione giuridica potrebbe facilitare il rapporto medico-paziente. Infatti solo il 9% ha affermato che nei reparti dove lavora sono previste disposizioni specifiche su questi temi”.
Dall’indagine dell’Aiom, è inoltre emerso che per il 78% degli intervistati accanimento terapeutico significa “persistere in terapie specifiche sproporzionate rispetto alle condizioni cliniche del malato ed alle aspettative di vita residua”. Sono quindi condivisi tra gli specialisti i criteri per identificare i pazienti non più candidabili alla prosecuzione delle terapie oncologiche.



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