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Maria Luisa d'Aquino, Recensione a Roberto Pasanisi, ''Giardini del cielo'', Napoli, Edizioni del Delfino

10/12/08

La giornalista e poetessa Maria Luisa d'Aquino, illustre discendente di San Tommaso d'Aquino, scrive sull' 'opera prima' di poesia di Roberto Pasanisi, scrittore, giornalista e docente universitario napoletano (attualmente residente per gran parte dell'anno a Mosca, nell'ambito della cosiddetta 'fuga dei cervelli')

Roberto Pasanisi, "Giardini del cielo", Napoli, Edizioni del Delfino, 1980

Ben disse il mio illustre e compianto Amico Gino Doria, quando lo pregai di fare una prefazione al mio ultimo libro di poesie napoletane, che gli avevo dato un compito gravoso.
Ora posso capirlo di più, quando il giovanissimo poeta Roberto Pasanisi si rivolse a me perché io facessi una presentazione della sua raccolta di poesie. È una grave responsabilità, alla quale mi sarei sottratta, se fossi stata sicura di non essere fraintesa. Ma posso senz’altro dire che leggendo questi versi e avendo trovato in essi un vero afflato lirico, mi riesce meno difficile parlarne. Temevo infatti che mi sarei scontrata con un certo tipo di poesia ermetica e surrealista, laddove, pur avendone trovata qualcuna (ed è giusto che sia così, se si vuole andare al passo con la contemporaneità) mi è più agevole – data la mia predilezione per il lirismo puro – presentare questo poeta che ha tutti i numeri per definirsi tale, e inserirlo nel novero dei giovani che oggi si affacciano alla ribalta dell’ars poetica.
Darei a questa raccolta il titolo di Stelle, tanto ricorre spesso questo tema dominante: poesie stellari, in cui fanno da protagonisti il cielo, la notte, il mare e tutto quello che la natura ci offre nel miracolo della sua esistenza.
Egli canta la bellezza del Creato e si esprime liricamente come in questa Canzone triste, in cui ritroviamo tutta la musicale dolcezza di un Verlaine:

Triste io me ne vado con le foglie
di questo autunno dolce e mesto
che più non mi riporta
delle terre mie nostalgico il profumo

I suoi brevi Notturni ci riportano alle note dei Notturni di Chopin, tanto sembrano espandersi nell’aria come note musicali, come nel Notturno delle stelle, in cui egli canta:

Conta le stelle, amore:
sentirai l’eternità.

O nel Notturno del mare:

È bello osservare
il mare di notte
sotto cieli stellati:
fra le sue onde
si vedono
stelle d’acqua.

E, continuando, nel Notturno di Venere:

Venere ha chinato il suo capo:
ora la notte è più scura.

Pennellate, chiamerei i Paesaggi napoletani: Passeggiata a Sorrento, Notte a Capri, La nascita di Positano. Per essi, omaggio alla nostra terra, il poeta si è valso di una tecnica che va dal bozzetto (vedi Procida) all’impressionismo, alla maniera del Verlaine dei Paysages belges, e degli Aquarelles o di certe intuizioni di Lorca o Alberti (specie quello de La amante). Una sorte di viaggio nei luminosi dintorni di Napoli e per l’azzurrissimo golfo.
Una poesia che sembra scritta in uno stato di ebrietà: Luce al mio pensiero rivela l’estro genuino del Pasanisi: essa è in parte la ‘dichiarazione programmatica’ di tutta l’opera: l’ansia di purezza e di assoluto. Il tema del ritorno all’antico (Sonetti d’amore ed altre poesie antiche, l’ultima sezione) si può vedere anche esso sotto questo punto di vista, oltre che come rifiuto del presente e vagheggiamento del passato, di un’anima irrimediabilmente perduta. Quasi una Sonata, poi, è La ragazza dai capelli di lino, di cui il sottotitolo, Largo, ne accentua la musicalità.
E sempre musica ne I cigni del lago, che ci appaiono come un lieve scivolio sull’acqua, facendoci pensare a Čajkovskij.
C’è sempre alla base un desiderio di evasione, come in Me ne andrò. Pochi versi esistenziali leggiamo in Presagio, mentre in Fontane sentiamo l’influenza dei lirici greci:

Le ninfe delle fontane
aspettano la notte,
quando le stelle
cadranno nelle loro mani.

Un solo verso ungarettiano: In me, con te, è l’assoluto.

C’è poi il senso del mare e dei viaggi, dell’esotico, assente nella nostra poesia. Sono queste le poesie ‘marinare’, dal senso Andaluso del mare, dalle visioni luminose. E c’è ancora il senso della natura, della sua contemplazione e della sua comunione con l’uomo e con i suoi sentimenti, del sole mediterraneo, delle vigne (vedi Mediterranea). Predominano, in Desiderio del mare, il bianco e l’azzurro. La terza sezione, Andalusia, testimonia fra l’altro l’amore del poeta per i gitani e la poesia Andalusa, filtrata attraverso un surrealismo lorchiano. Le poesie surrealiste della quarta sezione si possono anche vedere come il punto di partenza per un surrealismo più ‘morbido’, più dolce, presente in altre poesie, come Prima…
Le Ariette settecentesche della settima sezione rappresentano il tentativo di ricreare l’atmosfera di quel secolo (si pensi al Verlaine di Fêtes galantes) mediante una poesia leggera, superficiale e in metro agile (quartine di settenarî per lo più a rime alternate). E c’è sotto il malinconico sorriso per ciò che non può più essere, sì che le Ariette si configurano anche come una raffinata e deliziosa sfilata di personaggi quasi senz’anima, fissati in un attimo sfuggente e triste. L’ultima sezione testimonia l’intenzione del poeta (che fu già di Jimenez e dei modernisti) di non abbandonare del tutto le regole metriche e le forme classiche: potrebbe essere il punto di partenza per una modernizzazione di componimenti, come il sonetto, che hanno un indiscutibile equilibrio formale. La prima sezione Notti d’amore, vuole essere una ‘storia d’anima’ nel senso petrarchesco: in essa sono presenti fra gli altri i temi dello spazio e delle astronavi, della ‘memoria’, della nostalgia per la propria terra. Un altro tema della poesia del Pasanisi può essere individuato nel sentimento dell’infinito e dell’eternità, che per certi aspetti fu proprio di Jimenez e della sua ‘ansia di eternità’.
La poesia I Normanni vuole interpretare un tipo moderno di poesia storica. Barocca o, se si preferisce, neobarocca è poi la Canzone d’oro, preziosa e sfolgorante di gemme.
Il Pasanisi potrebbe dire di sé: I cieli stellati sono / la mia strada, il mio infinito, come nella poesia Navigante degli astri.
E ancora ripeto, sebbene appaia un tema ricorrente, ad un certo momento, in questi versi stellari, si avverte che esso è voluto dall’Autore.
Chissà che non sia una stella anche lui, caduta sulla Terra per trasumanarsi.

Maria Luisa d’Aquino



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