SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Disturbo da accumulo compulsivo: patologia dei nostri tempi. Cosa e’, da cosa deriva?

22/03/15

Venerdi’ 27 marzo Alle ore 21 All’alveare milano Via della ferrera, 8 Disturbo da accumulo compulsivo: patologia dei nostri tempi. Cosa e’, da cosa deriva? Una serata per riflettere su questa moderne patologia. Un excursus per spiegare il significato dei sintomi che più che estirpati, vanno prima di tutto capiti e considerati come un segno che qualcosa nella nostra vita non va o come un modo di dissentire dal pensiero unico dominante…

FotoDISTURBO DA ACCUMULO…TRA DISSENSO E INTERPRETAZIONI SOGGETTIVE

COSA SONO I DISURBI DA ACCUMULO E I DISTURBI OSSESSIVO COMPULSIVI?

Il disturbo d’accumulo è una patologia di cui non si parla molto spesso. Tradizionalmente è un sintomo accomunato al disturbo ossessivo compulsivo, solo nel 2013, nel manuale diagnostico DSM-V, gli viene finalmente riconosciuto lo status di disturbo autonomo, con il nome di Hoarding Disorder, inserito tra i disturbi “correlati” al DOC (disturbo ossessivo compulsivo).

Cos’è nello specifico?
E’ l’incapacità di separarsi da oggetti personali che si traduce in un accumulo patologico tanto da compromettere spazi vitali. In senso evolutivo, in effetti, l’accumulo è un comportamento funzionale alla sopravvivenza: si mette da parte per tempi di magra, si è previdenti. Il problema è che gli accumulatori patologici perdono completamente di vista il rapporto costi – benefici. Gli accumulatori patologici di solito riferiscono motivazioni che indicano un attaccamento emotivo (“è un ricordo”) o un valore funzionale o intrinseco dell’oggetto.

Secondo Frost e Steketee nel loro libro Tengo tutto (Ed. Erikson, 2013) abbiamo due casi:
- Psicologia dell’opportunità. Gli oggetti per la persona con DA rappresentano potenzialmente una speciale occasione o opportunità, ovvero sono oggetti “non si sa mai”.
- Attaccamento affettivo e connessione. Gli accumulatori attribuiscono agli oggetti una sorta di valore magico, ovvero si contaminano e rievocano persone, cose situazione.

Un’altra spiegazione può essere quella di fermare il tempo: accumulare può avere la funzione di “cristallizzare” il tempo, di mantenere intatto il passato e le esperienza.

Perché il DA è stato catalogato sotto la cateogoria del disturbo ossessivo compulsivo?
Ha con questo molti punti in comune.

Cos’è intanto il DOC? (dal sito http://www.terzocentro.it/cosa_curiamo/distrubo_ossessivo-compulsivo.asp)
“Il disturbo ossessivo-compulsivo (DOC) è uno dei disturbi d’ansia più frequenti ed è generalmente caratterizzato dalla presenza di ossessioni e compulsioni, anche se, in alcuni casi, si possono presentare ossessioni senza compulsioni e viceversa.
Le ossessioni sono pensieri, immagini mentali o impulsi che si manifestano ripetutamente nella mente di una persona e che sono percepiti come sgradevoli ed intrusivi”.

Ne abbiamo di vari tipi:
1. Disturbo ossessivo-compulsivo da contaminazione ovvero chi ne soffre è tormentato dalla insistente preoccupazione di potersi sporcare o contaminare entrando in contatto con sostanze di vario tipo.
2. Disturbo ossessivo-compulsivo da controllo, ovvero ossessioni e compulsioni che implicano controlli prolungati allo scopo di prevenire gravi incidenti o catastrofi o di assicurarsi che non siano avvenute.
3. Disturbo ossessivo-compulsivo di tipo superstizioso, ovvero chi ne soffre pensa che il fatto di compiere o meno determinati gesti determini l’esito degli eventi.
4. Disturbo ossessivo-compulsivo da ordine e simmetria, ovvero ci sono delle persone che non tollerano assolutamente che gli oggetti siano posti in modo disordinato o asimmetrico, perché ciò crea in loro la sgradevole sensazione “che c’è qualcosa che non va.
5. Disturbo ossessivo-compulsivo da accumulo/accaparramento, un tipo di ossessione caratterizzata dall’impulso ad accumulare oggetti insignificanti ed inservibili (riviste, giornali vecchi, bottiglie vuote, confezioni di alimenti, pacchetti di sigarette, ecc.)
6. Ossessioni pure, ci sono delle persone affette da disturbo ossessivo-compulsivo, infine, che presentano solo ossessioni senza compulsioni. Essi sono spaventati da pensieri o spesso immagini relative a scene in cui la persona attua comportamenti indesiderati, privi di senso, sconvenienti o pericolosi.

I DISTURBI COME MITI: LE INTERPRETAZIONI


I sintomi sono come miti, vanno interpretati e inseriti nel contesto del paziente.

Il disturbo ossessivo compulsivo può essere spiegato da a una forte ansia che il paziente calma con i rituali, oppure dalla paura di evolvere, di cambiare per cui si fissa in un periodo temporale (quello delle compulsioni, del perfezionismo, del tornare sempre sullo stesso pensiero).
Spiegazioni molto simili se non similari si hanno con il DA: conservare le cose comporta infatti il il non liberarsi del vecchio, del passato non permettendo al soggetto passare al nuovo. Il conservare inoltre, il circondarsi di cose preserva dall’ansia.
Ma nel DOC c’è anche il ballo il pensiero magico (faccio dei rituali affinchè eventi catastrofici che immagino non si avverino) come se si temesse di base il realizzarsi di eventi imprevisti. La paura dell’imprevisto, riguarda tutti ma nei soggetti non disturbati c’è una sorta di accettazione che la vita è fatta quasi esclusivamente di imprevisti e che a volte questi possono essere anche belli (pensiamo all’imprevisto per eccellenza: INNAMORARSI). Il non buttare le cose evoca un po’ l’esorcizzare dell’imprevisto (accumulo che non si sa mai, un giorno…).

Quindi i due disturbi sembrano avere le stesse radici: non liberarsi dal passato per proiettarsi nel futuro, non rischiare ed evitare l’imprevisto, calmare l’ansia.
Un po’ come se la parola chiave di entrambe le patologie fosse una: paura del cambiamento.

PERCHE’ SI CREANO I SINTOMI? LA FUNZIONE POSITIVA

Ma perché, ci si può chiedere, semplicemente non mi dico che ho paura del cambiamento? Perché sviluppare uno o più sintomi?
I sintomi innanzitutto sono segno di un disagio interiore che per economia psichica si trasforma in qualcosa che mi crea un risparmi di energia psichica. Hanno quindi un valore positivo di risparmio.
Un disagio relazionale, amoroso o affettivo è spesso troppo intenso ed è difficile troppo difficile da sopportare. Allora lo accantono ma e il problema resta e si tramuta in un sintomo strano, bizzarro ma che tuttavia si può comunque controllare (accumulare anche se sembra incontrollabile è più tranquillizzante rispetto al rendersi conto che, per esempio, ho dei disagi relazionali quando sono in coppia).
Se ho il sintomo non penso al mio reale problema, non evolvo o anche, all’interno di una famiglia con le dinamiche invischiate, non permetto a meccanismi non evolutivi di sbrogliarsi e di permettere un sano sviluppo del sistema (ad esempio una coppia di genitori posso non accettare che un figlio adulto vada per la sua strada. A volte questa dinamica può provocare un sintomo ad esempio sul fratello o sorella che diviene il paziente designato: è malato e fa concentrare tutti su di lui impedendo di fatto che il figlio maggiorenne esca di casa e che le dinamiche evolvano).
Il sintomo è anche un modo di dissentire, sottrarsi: Pietro Barbetta nel suo libro La follia rivisitata, sostiene che la follia è un modo di dissentire dal pensiero unico.
Penso che anche nelle compulsioni o nell’accumulo il paziente protesti verso chi magari gli impone un modo di essere che non sente suo, rispetto a un pensiero che gli viene inculcato e che non è il suo.

Il sintomo va interpretato prima che essere curato. Interpretato, inserito nel contesto del soggetto.
Non ci sono risposte giuste ma vie più funzionali per il migliore sviluppo della persona

SERENA FUART



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