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Grillo: il Coluche italiano?

01/03/13

Nel mezzo di questo scenario della nuova comicità all’italiana, una voce sembrò subito elevarsi al di sopra delle altre per il piglio ironico e polemico nei confronti dei governanti e dei problemi politici e sociali che colpivano il Bel Paese: quella di Beppe grillo. Questi, evidentemente, non aveva paura di rivolgere battute velenose all’indirizzo degli uomini di potere, né di scontrarsi contro i luoghi comuni dell’informazione mediatica. Proprio come Coluche, al quale l’attore genovese mi fece subito pensare e a proposito del quale il lettore ricorderà l’impegno politico e sociale, le sue battute al vitriolo nei confronti della Destra come della Sinistra francesi, la sua candidatura alle elezioni presidenziali nel 1981...

Al mio arrivo in Italia circa a metà degli anni ottanta, il mio impatto con lo humour italiano fu dapprima francamente deludente. Avevo molta difficoltà ad apprezzare la maggiore parte dei comici di quel periodo e che per il sottoscritto erano nuovi. Devo dire che genitori e amici mi avevano “iniziato” all’arte della battuta dei grandi canzonieri francesi come, per esempio, Fernand Raynaud, Thierry Le Luron e, soprattutto, Coluche. Al confronto, lo stile dei comici dello stivale mi sembrava poco fine, grottesco, e il loro humour poco brillante. Poi, col passare del tempo, con l’integrazione della cultura popolare del mio paese di accoglienza, imparai ad apprezzare meglio quegli attori che prima avevo trovavo deludenti. Tra questi, citerò Paolo Villaggio, inventore del prototipo grottesco dell’impiegato italiano del boom economico del dopo guerra, Renato Pozzetto che faceva dell’assenza di mimica facciale uno dei suoi maggiori punti di originalità e di forza, Massimo Boldi e Cristian De Sica (figlio del più noto regista e attore Vittorio De Sica)… Ma nel mezzo di questo scenario della nuova comicità all’italiana, una voce mi sembrò subito elevarsi al di sopra delle altre per il piglio ironico e polemico nei confronti dei governanti e dei problemi politici e sociali che colpivano il Bel Paese: quella di Beppe grillo. Questi, evidentemente, non aveva paura di rivolgere battute velenose all’indirizzo degli uomini di potere, né di scontrarsi contro i luoghi comuni dell’informazione mediatica. Proprio come Coluche, al quale l’attore genovese mi fece subito pensare e a proposito del quale il lettore ricorderà l’impegno politico e sociale, le sue battute al vitriolo nei confronti della Destra come della Sinistra francesi, la sua candidatura alle elezioni presidenziali nel 1981 e la sua iniziativa benefica (che ancora oggi presegue) dei Restaus du coeur finalizzati a sfamare i clochards e i cittadini più poveri letteralmente macinati da un sistema economico e politico senza pietà né vergogna. All’epoca, quasi nessuno in Italia conosceva il cabarettista di origine italiana Michel Colucci, per il quale converrebbe coniare il neologismo “comico-filosofo”, i cui sketch geniali furoreggiavano oltralpe. Solo qualche frasi scapparono attraverso i media italiani circa la sua candidatura politica, candidatura che gli italiani di allora, per la maggior parte, ritennero fosse poco più di una boutade. Beppe Grillo, invece, conosceva bene Coluche per avere girato con lui il film di Dino Risi Scemo di guerra (1985), che fu anche l’ultimo girato dal comico francese stroncato l’anno successivo da un troppo banale incidente stradale. Questa rassomiglianza tra i due, che già all’epoca balzò subito alla mia mente e che oggi torna alla ribalta dei media per via del successo ottenuto da Grillo alle recentissime votazioni, trova dunque un fondamento obiettivo. Appare probabile in effetti che, avendo frequentato da vicino per un certo tempo una personalità come Coliche, allora pressoché sconosciuta dal pubblici italiano, Grillo abbia potuto ispirarsene sino a diventare, progressivamente, una sorta di incarnazione del suo spirito. Coluche aveva davvero presentato la sua candidatura alle presidenziali francesi, facendo letteralmente tremare i politici di allora in quanto il risultato significativo che secondo i sondaggi già si profilava avrebbe mandato in frantumi la credibilità e quindi la stessa struttura del potere politico, ma le forti pressioni che egli dovete subire lo spinsero a ritirarsi dalla corsa. In una delle sue ormai immortali battute, rispondendo ad un intervistatore che gli chiedeva quando si sarebbe tirato indietro, egli rispose: “Io (comico) smetterò di fare politica quando i politici smetteranno di fare i clown!”. Lapidaria, n’est-ce pas?! Molti italiani, leggendo questa battuta per la prima volta, potranno ben immaginare quale potesse essere stata all’epoca la situazione politica e sociale della nazione madre della moderna democrazia! Una situazione di grave deterioramento del rapporto tra le classe sociali e gli organi del potere politico ed economico che attualmente e già da un po’ di tempo per la verità, somiglia parecchio a quella dell’Italia. In rivincita, Grillo sembra in questo senso più determinato del suo modello transalpino. Lo dimostrano, al di là della grinta che traspare sul suo viso dalle numerose fotografie pubblicate sui media, i risultato elettorali ottenuti dal suo Movimento 5 stelle. Da un punto di vista superficiale si potrebbe sostenere semplicemente che Grillo abbia copiato o si sia per lo meno abbondantemente ispirato al grande Coluche, ma le influenze inconsce, positive o negative, che ciascun soggetto riceve da parte di altri esseri, siano essi umani o altri, sono molto più numerose e potenti di quello che la nostra mentalità razionale è disposta a credere. Non vi è in effetti nessuna necessità di riscontrare, a monte, la presenza di conflitti intimi o di complessi psicologici perché l’anima, per esempio di una persona o di un luogo, s’instauri e operi in noi, anche a nostra insaputa. Per questo ritengo che l’interpretazione psicoanimistica sia particolarmente adatta a spiegare il “fenomeno Grillo”. Questi non ha propriamente copiato, né si è accontentato di prendere Coluche come modello per confezionare il proprio stile di comicità o per attizzare la sua verve polemica, ma ha davvero proseguito l’opera politica rimasta incompiuta di quest’ultimo, mostrando nell’occasione una grinta, una determinazione e un fascino (un “mana”) caratteristici dello stato di chi è propriamente posseduto o sotto l’influenza di uno spirito o di un fattore spirituale archetipico. Se qualche lettore dovesse incontrare difficoltà a condividere la terminologia da me impiegata in questo articolo e che traggo dalla tradizione animista dei popoli tribali, potrà sostituire la parola “spirito” con quella, più scientifica, di “inconscio”. In ogni caso, questa vicenda, mi auguro ancora in buona parte da seguire, mostra bene a mio avviso che gli spiriti, anche volendo togliervi ogni riferimento metafisico, possono passare da una persona ad un'altra e determinarne i comportamenti.

Antoine Fratini



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