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La misurazione del tempo e gli antichi calendari

05/11/09

L’uomo antico, a differenza di quello moderno (la cui esi¬stenza si svolge ormai tutta all’interno di un orizzonte mate¬rialistico e deterministico), si sentiva parte costitutiva dell’universo, visto come un tutt’uno (universo per l’appun¬to...), una trama dell’essere dove ogni “filo” era collegato agli altri per mezzo di legami sottilissimi eppure indistruttibili.

LA MISURAZIONE DEL TEMPO E GLI ANTICHI CALENDARI
Da epoche immemorabili l’umanità sente il bisogno di calcolare, segnare e in qualche modo celebrare quella dimensione impalpabile che si chiama tempo e che col suo trascorrere è inestricabilmente legata alla condizione stessa dell’esistenza di ogni cosa.I primi oggetti di pietra incisi da mano umana, risalenti a 300.000 anni fa, riportano tacche e scalfitture che, secon¬do molti studiosi, dimostrerebbero una rudimentale regi¬strazione delle fasi lunari. La luna, attraverso le sue fasi (novilunio, primo quarto, plenilunio, ultimo quarto) è infat¬ti un formidabile strumento di misurazione del tempo: trascorrono circa 29 giorni e mezzo tra un plenilunio e l’altro. Un’attenta registrazione dei pleniluni permetteva alle genti preistoriche di stabilire il momento della migrazione della selvaggina o della maturazione dei frutti del sottobosco. Per migliaia di anni quindi, le tribù di cacciatori e di raccogli¬tori hanno calcolato il trascorrere del tempo in base alle lunazioni. Possiamo tranquillamente supporre che gli uomi¬ni preistorici avessero nomi particolari per ciascuna delle ricorrenti lune nelle varie stagioni, a somiglianza di quanto hanno fatto fino ad epoche recenti molte popolazioni rima¬ste all’Età Paleolitica (o “della antica pietra”), quali ad esempio i nativi Americani. Così la luna di luglio era per i Dakota “la luna in cui le oche perdono le vecchie penne” e per i Mandan “la luna delle ciliegie”.
Ma forse chi contò le lune non fu il primo uomo ma la prima donna... Le parole “mese1t, “misura”, “mestruazio¬ne”, derivano tutte da una radice comune che indica la luna. Una perdita di sangue non collegata alla morte bensì alla fertilità e quindi alla vita, doveva apparire come un evento sacro. Luna-donna-sangue-fertilità: questa fu pro¬babilmente la prima costellazione di significati simbolici legati al trascorrere del tempo.
Successivamente, nell’Età Neolitica (o “della nuova pie¬tra”), con il passaggio ad un tipo di civiltà basata sull’agri¬coltura e sull’allevamento di bestiame, si svilupparono complessi calendari luni-solari, solari e stagionali, i quali regolavano le esigenze di culture sempre più raffinate. Non era raro il caso di civiltà che utilizzavano contemporanea¬mente diversi tipi di calendario, come i Maya che avevano un anno sacro di 260 giorni accanto ad un calendario sola-re di 365 giorni.
L’archeologia ci ha restituito numerosi calendari antichi, scolpiti o incisi su pietra, terracotta o metallo: tutti rivelano sorprendenti conoscenze astronomiche e matematiche in popolazioni che a lungo furono considerate poco più che selvagge. Così la cultura celtica ci ha tramandato il cosid¬detto calendario di Coligny (Francia, 20 secolo d. C.), gra¬zie al quale si è scoperto che i Galli facevano uso di un complesso sistema luni-solare di computo degli anni.
Inoltre è ormai assodato (anche a livello accademico grazie a studi Dluridecennali condotti con l’ausilio di computer e di elaborate simulazioni matematiche) che molte colossali costruzioni dell’antichità furono erette tenendo conto di preci¬si orientamenti astronomici, quali il sorgere di sole, luna e certe stelle in determinati momenti dell’anno. Così furono costruite le piramidi egizie e maya, i nuraghi della Sardegna, i grandi monumenti megalitici di Stonehenge, Avebury e Newgrange, oltre a tutti i templi e i santuari del mondo antico.
I calendari elaborati dalle antiche civiltà regolavano ogni momento della vita; rituali religiosi, cerimonie civili, attivi¬tà economiche e culturali si tenevano in date precise, deter¬minate da sacerdoti-astronomi. La stessa fondazione di nuove città doveva avvenire in un giorno stabilito e non prima né dopo.
Ora, a noi moderni può sembrare eccessiva, quasi maniacale, questa attenzione degli antichi verso tutti i fatti cosmici e stagionali. In fondo, per le semplici esigenze di quelle epoche pre-industriali, sarebbe bastato molto di meno per determinare il momento in cui seminare il grano o condurre nei pascoli primaverili il bestiame. A cosa ser¬vivano ad esempio un calendario basato sul pianeta Venere o la conoscenza del ciclo metonico? (1)
A cosa mai poteva servire il complicatissimo sistema calendariale dei Maya che teneva conto persino di cicli di 64 milioni di anni?
Il fatto è che i calendari antichi non avevano solo una funzione utilitaristica, bensì rispondevano a profonde esi¬genze spirituali, riflettenti una precisa concezione sacrale del cosmo.



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