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Riforma diritto condominiale, solo amministratori ricchi? Di Nicolò Morachiello

06/02/10

La maggior parte degli amministratori condominiali che fondano la propria professione su capacità e integrità personali si troveranno estromessi dalle grandi lobbies.

La discussione sul nuovo diritto condominiale alla commissione giustizia del Senato è finora stata relegata alla stampa specializzata. Il mondo delle amministrazioni condominiali è piuttosto nebuloso e il cittadino, il semplice condomino, si trova spesso invischiato in problematiche oscure.

Uno dei problemi principali che la nuova riforma vorrebbe risolvere è quello degli amministratori che “scappano con la cassa” o che non pagano i fornitori lasciando i condomini nei guai. Per risolvere il problema il legislatore vorrebbe imporre il rilascio, da parte dell'amministratore, di idonea garanzia (es. fideiussione bancaria) per le responsabilità e gli obblighi derivanti dall’espletamento del suo incarico, nonché apposita garanzia per gli incarichi di gestione straordinaria del condominio (salvo dispensa dell'assemblea condominiale).

Il provvedimento garantirebbe ai condomini un comportamento più trasparente dell'amministratore. Questi avrebbe una responsabilità maggiore, perché in caso di inadempienze risponderebbe personalmente (attraverso l'ente creditizio o assicurativo ). Il costo delle garanzie ricadrebbe sui condomini; ma si deve riflettere sulla capacità patrimoniale richiesta all'amministratore per ottenerle.

Per fare un esempio, un piccolo amministratore con 20 condomini da una decina di unità ciascuno (con compenso lordo attorno ai 15 – 25 mila euro annui) per i quali si prevedano spese ordinarie di 20mila euro l'anno ciascuno, dovrebbe rilasciare garanzie (fideiussioni bancarie) per 400mila! E senza considerare lavori straordinari.

In pratica la maggior parte degli amministratori condominiali che fondano la propria professione su capacità professionali e integrità personale si troverebbero estromessi a favore delle grandi lobbies finanziarie e immobiliari.

L'amministratore condominiale diverrebbe quindi un mestiere per ricchi: solo i titolari di un ingente patrimonio potrebbero essere affidati da banche e assicurazioni.

Il provvedimento sembra voler scremare i professionisti non tanto per capacità e l'integrità professionale, quanto per la capacità economica, favorendo ancora una volta il grande capitale.

Due le necessità: quella di una maggiore tutela dei condomini, e quella di garantire una professione accessibile senza sbarramenti di capitale e vincoli all'iniziativa economica, già così ostacolata da una miriade di permessi, pratiche amministrative, adempimenti necessari.

Trovare una giusta formula per equilibrare le esigenze è compito non solo del Parlamento e delle associazioni di categoria, ma anche di ognuno di noi. Esprimendo la nostra opinione possiamo influenzare le decisioni che verranno prese.

Per approfondimenti, il testo in discussione alla Commissione Giustizia del Senato.



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