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Salute psicologica: i giovani, l' alcol e le emozioni

17/10/12

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sui giovani e l'alcol, mi è venuto subito alla mente il classico resoconto scientifico con tipologie di consumo, predisposizioni genetiche e psicologiche, dati statistici, patologie, danni psico fisici derivanti dal consumo, ecc... ecc...

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo sui giovani e l'alcol, mi è venuto subito alla mente il classico resoconto scientifico con tipologie di consumo, predisposizioni genetiche e psicologiche, dati statistici, patologie, danni psico fisici derivanti dal consumo, ecc... ecc...
Ma in seguito mi sono chiesto: “ma può realmente destare interesse, soprattutto nelle fasce più giovani della popolazione, leggere scritti che trattano di alcolismo, di patologie alcol-correlate, di danni epatici, dell'emarginazione sociale, delle percentuali di bevitori cronici e di tutta quella serie di dati e caratteristiche che sempre più spesso i mezzi di comunicazione di ogni tipo ripropongono dopo ogni 'strage del sabato sera' o dopo ogni “rissa all'uscita di pub o discoteche ”?
Le mie esperienze, sia in ambito personale che professionale, mi portano a credere che gran parte dei giovani percepiscano le problematiche sopra descritte lontane dalla propria realtà e di conseguenza siano poco interessati ad articoli e resoconti di quel genere. Del resto, pur essendo gran parte di loro consumatori di alcolici, non hanno spesso niente in comune con la tipica figura dell'alcolista, non presentano nessun tipo di patologia alcol-correlata e non sono emarginati sociali, ma al contrario godono generalmente di buona salute e conducono vite normali, frequentando amici, scuole, università e luoghi di lavoro.
Ma allora come analizzare ed affrontare in modo meno usuale e “accademico” la relazione tra giovani e alcol, che sempre più spesso allarma genitori, operatori sanitari e sociali, forze di polizia e mondo politico, ma al contrario non sembra minimamente toccare i diretti interessati? Da buon psicologo proverò ad entrare nell'argomento non attraverso l'ingresso principale ma utilizzando gli accessi di servizio, che in questo caso, come in molti altri, possono prendere il nome di emozioni e sentimenti.
Il mondo emotivo dei giovani è sempre stato considerato un mare in tempesta, un universo sconfinato di colori, sapori, odori e irrazionalità. I ragazzi hanno il fondamentale ed innato bisogno di esperire le proprie emozioni, di sentirle crescere dentro di se, di esprimerle e viverle fino in fondo.

E' infatti attraverso l'esperienza emotiva che si sviluppano le competenze necessarie a riconoscere, accettare e utilizzare i propri vissuti emotivi come fondamentale strumento di conoscenza di se stessi e del mondo che li circonda. I vissuti emotivi risultano quindi fondamentali per riuscire ad affrontare serenamente il percorso di vita e per superare le difficoltà che vi si possono incontrare.
Purtroppo però la nostra società, essenzialmente per l'organizzazione mercantile-consumistica sulla quale è organizzata, tende sempre più spesso a canalizzare e controllare i vissuti emotivi e affettivi e a soddisfare sempre più in fretta i bisogni ad essi collegati, impedendo così di fatto il training necessario allo sviluppo di quelle competenze, emotive e affettive, indispensabili alla costruzione di una sana e soddisfacente esistenza e di proficue relazioni.
La possibilità di avere tutto a portata di mano e immediatamente usufruibile, riduce drasticamente, inoltre, la capacità dei nostri ragazzi di tollerare una vasta serie di vissuti emotivi considerati spiacevoli, primi fra tutti dolore, tristezza, ansia e noia. Del resto, non a caso, i problemi psicologici più comuni fra i giovani sono proprio ricollegabili a disturbi di tipo ansioso e depressivo.
Di conseguenza, dove i nostri giovani possono reperire i vissuti emotivi indispensabili alla sopravvivenza, che spesso il nostro stesso organismo richiede a gran voce anche attraverso le varie sintomatologie psicologiche? Ed ancora, come riuscire a tollerare tutta quella serie di emozioni ritenute spiacevoli, dalle quali la nostra società tenta in tutti i modi di tenerci lontano?
Secondo il mio punto di vista i media, i beni di consumo e le varie sostanze, prima fra tutte l'alcol, rappresentano da decenni il serbatoio emotivo principale di tutte le società occidentali. Televisione, giornali e cinematografia ci mettono quotidianamente in contatto con il dolore, la violenza, la gioia e la disperazione degli altri, ma, per la enorme quantità di messaggi, per le metodologie comunicative che adottano e per le loro caratteristiche intrinseche, portano velocemente ad una assuefazione emotiva e non sono capaci di trasmettere emozioni intense e durature, in quanto sempre mediate e non direttamente vissute dai soggetti.
Ai beni di consumo, che ad oggi mi sembra più appropriato definire merci, viene sempre più spesso affidato il compito di rendere felici. Allo stesso tempo però sembrano essere sempre meno frequentemente oggetto di un qualsiasi investimento emotivo, questo forse perché troppo spesso facilmente ottenute, perché “scadono” in fretta, risultando sempre più velocemente vecchie e obsolete e perché non hanno più niente di unico e strettamente personale, essendo comunemente costruite in milioni di copie identiche fra loro.
Anche le merci sembrerebbero perciò essere portatrici di una felicità fittizia e alquanto “volatile”. Attraverso le varie sostanze i ragazzi riescono ad accedere ad un mondo emotivo che spesso non sono capaci di esplorare o affrontare autonomamente. Le sostanze rappresentano spesso come una porta di accesso che si apre su di un mondo emotivo semi sconosciuto. Dove la felicità può sembrare più autentica, in quanto apparentemente più personale e scollegata dal mondo esterno e da ciò che si può o non si può acquistare, dove tristezza e ansia appaiono più tollerabili perché accompagnate da una tranquillità di fondo, dove imbarazzo, vergogna e insicurezza spariscono concedendo la possibilità di relazionarsi e di aprirsi agli altri con tranquillità.
Le varie sostanze sembrano quindi essere capaci di dare ai giovani “scosse emotive” molte intense e, molto probabilmente, anche più solide e durature rispetto a quelle che possono ricevere dalla visione di un “reality” in tv o dall'acquisto del nuovo modello di smart phone. In questa ottica le sostanze sembrerebbero in qualche modo facilitare il contatto con il proprio mondo interno e rendere più accessibili e tollerabili i propri vissuti emotivi e affettivi.
Questa visione del fenomeno potrebbe quindi far supporre l’esistenza di un uso di sostanze a fini autoterapeutici (self-medication) (Kohut 1977), teso ad alleviare quel senso di vuoto e quello smarrimento comuni a molti giovani, o a contrastare la sintomatologia di veri e propri stati di disagio psicologico. In occidente è sicuramente l'alcol la sostanza che da secoli riveste il ruolo di serbatoio emotivo, questo per svariati motivi, fra i quali spiccano la profonda radicazione culturale, la sostanziale accettazione sociale, la facile reperibilità e il basso costo.







Allo stesso tempo l'alcol è da considerarsi una fra le sostanze psicotrope più pericolose, molto più di quasi tutte le sostanze illegali. Il suo consumo porta infatti ad una rapida assuefazione e a dipendenza. Inoltre, i danni e i problemi che può provocare sono spesso non presi in giusta considerazione e notevolmente sottostimati, in quanto visibili solo a distanza di tempo (patologie e problemi fisici e psichici) o non apparentemente direttamente relazionabili al consumo della sostanza (incidenti, problemi relazionali, familiari, lavorativi e sociali).
Il fatto che fra i giovani del nostro paese si assista da svariati anni ad un sempre più marcato spostamento da uno stile di consumo alcolico di tipo “mediterraneo” (quantità moderate distribuite in tutto l'arco della giornata) verso uno stile di consumo di tipo “nordico” (binge drinking: assunzione di elevate quantità in un breve arco temporale), sembrerebbe evidenziare come l'alcol possa assolvere a determinati compiti e sia sempre più spesso assunto con fini specifici in momenti e luoghi particolari: “in discoteca bevo così sono più allegro, meno timido e impacciato nelle relazioni; allo stadio bevo così non ho più paura della polizia e degli ultras avversari; con gli amici bevo così non ci annoiamo; con la mia ragazza bevo così faccio meglio e più a lungo all'amore; ecc... ecc....”.
E' quindi probabile che, prima che subentri la vera e propria dipendenza dalla sostanza, l'assunzione di alcol possa essere in qualche modo funzionale all'esistenza della persona, usata per stimolare particolari stati emotivi, solitamente piacevoli e socialmente accettati, e sedarne altri, magari più dolorosi e socialmente stigmatizzati. La relazione fra consumo di alcol e difficoltà emotive e stati depressivi è stata fra l'altro dimostrata da varie ricerche scientifiche (Kornreich et al. 2012; Caroti, Fonzi, Marconi e Bersani 2007; Poikolainen 2006; Huizink, Ferdinand, Van der Ende).
Una situazione del genere non è però solitamente sostenibile per lungo tempo. L'incapacità di accedere ed accettare il proprio mondo emotivo nella sua completezza, sommata alle conseguenze psicofisiche a medio e lungo termine collegate all'uso della sostanza, costituiscono spesso un cocktail micidiale per il benessere psico-fisico e sociale dei nostri giovani.



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