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Assegno di mantenimento divorzile: le novità giurisprudenziali

22/01/20

Cambiano gli orientamenti dei giudici, che tendono a valutare numerosi aspetti prima di decidere se garantire un assegno di mantenimento all’ex coniuge dopo la fine del matrimonio. 

FotoL’Assegno divorzile ha vissuto diversi cambiamenti epocali: fino all’anno 2017 doveva garantire il mantenimento del tenore di vita dell’ex coniuge; nel biennio 2017-2018 è stato introdotto un assegno di mantenimento che consentiva all’ex coniuge di essere autosufficiente dal punto di vista economico e nel 2019 si assiste ad un nuovo interessante cambio di rotta, alla luce dell’introduzione di un nuovo emendamento.
L’introduzione dello stesso ha apportato modifiche interessanti all’originaria proposta firmata dall’onorevole Morani, che voleva introdurre un assegno teso a riequilibrare la disparità tra i coniugi. Qualora la riforma dovesse essere approvata ed entrare in vigore, i giudici dovrebbero tenere in considerazione la situazione concreta in cui l’ex coniuge viene a trovarsi nel momento in cui subentra il divorzio, e non più il contributo apportato durante il matrimonio.

Pertanto, i nuovi fattori da considerare e da valutare attentamente saranno: 1) la variabile anagrafica, 2) il patrimonio comune e personale dei coniugi 3) la capacità di produrre flusso reddituale nel tempo 4) la possibilità di inserimento nel mondo del lavoro. Inoltre, l’assegno di mantenimento divorzile non spetterà nel caso di nuovo matrimonio, unione civile o convivenza stabile. In buona sostanza, chi decide di intraprendere una nuova relazione perde per sempre gli alimenti versati dall’ex coniuge. E, inoltre, dovrà anche comunicarlo immediatamente, onde evitare la restituzione di tutti gli arretrati percepiti dall’incipit del nuovo rapporto sentimentale con un’altra persona.

Pertanto, per la determinazione dell’importo dell’assegno, il richiamo alle ragioni che hanno portato alla cessazione del matrimonio viene surrogato definitivamente con il parametro del comportamento tenuto dai coniugi per il venir meno della comunione coniugale. Inoltre, come già anticipato, la valutazione della situazione economica non è più circoscritta solamente alla capacità di produrre flussi reddituali, ma è estesa anche al patrimonio dei coniugi. 

Sintesi estrapolata da un articolo pubblicato sul sito avvocatodirittodifamiglia.it



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