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Con la Cgil stop al caporalato

18/02/11

De Magistris: "E' un dovere per ogni cittadino democratico, è una necessità vitale per tutte le forze politiche della sinistra".

A gestire questa "forza" umana, in modo mafioso e illecito, sono intermediari rapaci al servizio di imprenditori senza scrupoli. La piaga che non risparmia nessuna regione, anche se affligge particolarmente il Sud del Paese, si chiama caporalato. Le vittime hanno il volto in particolare straniero. Una nuova forma di schiavismo tanto prolifico nel settore edile (150mila vittime secondo la Cgil ) e rurale (400mila), dove l'occasionalità del lavoro spinge alla necessità temporanea e improvvisa di manodopera che motiva l'intervento vantaggioso (per gli imprenditori) dei caporali. Perché, allora, non prenderla extracomunitaria, questa manodopera, magari anche clandestina, così da imporre qualsiasi ritmo e qualsiasi cifra, nell'assenza totale del riconoscimento dei diritti e al di fuori del controllo, garantendo vantaggio economico soltanto a chi se ne serve? Protagonisti dell'intermediazione criminale che conduce questi lavoratori invisibili nei cantieri e nei campi sono proprio i caporali che, nell'aree ad alta densità mafiosa, risultano come diretta emanazione dei clan e delle famiglie che compongono il crimine organizzato. La denuncia della Cgil, in particolare delle sue due categorie della Fillea e della Flai, sul fenomeno del caporalato è tanto reale quanto grave per una democrazia moderna, che dovrebbe fondarsi sull'occupazione regolare e sulla pratica dell'accoglienza. Per questo la campagna "Stop-caporalato" promossa dalla Cgil è un'iniziativa che va sostenuta nel suo duplice obbiettivo: porre fine a questa piaga indegna e arrivare all'introduzione del reato di caporalato nel nostro codice penale. Perché in Italia questo reato non è previsto, o meglio è stabilita la punizione con sanzione amministrativa (pochi euro a lavoratore) in caso venga pizzicato il caporale in flagranza. Un vuoto legislativo che non stupisce, mancando anche, per esempio, il reato relativo alla tortura, per cui da anni si battono associazioni e società civile. E non stupisce che questo governo non risulti sensibile al tema, avendo promosso una controriforma reazionaria del mondo del lavoro e una politica razzista verso gli stranieri. Il caporalato e la sua crescita, infatti, risultano il frutto maturo (amarissimo) dell'attività dei ministri Sacconi e Maroni; il volto visibile (immondo) del liberismo senza regole del PdL e del razzismo senza vincoli della Lega. Se si azzerano i diritti dei lavoratori distruggendo contratti nazionali e Statuto per il far west contrattuale, se si scoraggia il controllo ispettoriale e la chiara ricostruzione della responsabilità penale nella catena con cui viene appaltata l'occupazione, se si introduce il reato di clandestinità: ecco che si creano le condizioni socio-politiche-legislative per il proliferare del caporalato, scoraggiando gli stranieri che vogliono denunciarlo perché temono l'espulsione dal paese e favorendo, con la copertura della legge, imprenditori famelici pronti a sacrificare la vita umana in cambio del proprio guadagno di impresa. Nella mia esperienza professionale di magistrato mi è capitato di occuparmi del fenomeno, che risultava spesso collegato al traffico degli esseri umani. Un altro elemento di provata evidenza emergente dalle inchieste è appunto il ruolo giocato dal crimine organizzato in territori come la Calabria o la Campania, dove la gestione del lavoro è uno strumento prezioso in mano alle mafie per raggiungere il controllo del territorio, oltre che forziere per il loro arricchimento. In questo momento di passaggio delicato per il paese, in cui si saldano la strategia reazionaria nel lavoro e quella razzista nell'immigrazione, non possiamo che sostenere la Cgil in questa sua campagna, quella dello Stop-caporalato.

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