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Deducibilità dell’assegno di mantenimento: ancora dubbi sulle somme dovute al coniuge

01/08/19

Nonostante i numerosissimi interventi da parte della Corte di Cassazione nonché della Corte costituzionale permangono tutt’ora numerosi dubbi riguardo la deducibilità

FotoCome è noto, l’art. 10 del tuir 22 dicembre 1986, n. 917 consente la deduzione dal reddito complessivo degli «assegni periodici corrisposti al coniuge ad esclusione di quelli destinati al mantenimento dei figli in conseguenza di separazione legale ed effettiva, di scioglimento o annullamento del matrimonio o di cessazione dei suoi effetti civili, nella misura in cui risultano da provvedimenti dell’autorità giudiziaria» (comma 1, lett.c).

Dalla lettura della riportata disposizione emerge, chiaramente, come la deduzione in parola sia consentita al verificarsi di taluni presupposti.

Il presupposto per il riconoscimento dell’assegno di mantenimento ad uno dei due coniugi si individua nella mancanza di idonei mezzi in grado di consentire, al coniuge destinatario dell’assegno in parola, di mantenere un tenore di vita analogo a quello di cui il coniuge ha goduto in costanza di matrimonio ancorché tale orientamento, come si vedrà nel proseguo, è stato messo parzialmente in dubbio dalla Cassazione con sentenza n. 18287 del 2018. Se si aderisce a tale ragionevole tesi appare del tutto evidente, da una parte, che l’assegno di mantenimento presenta finalità risarcitoria, solidaristica e compensativa e, dall’altra, che, ai fini della determinazione dell’ammontare dell’assegno, il Giudice deve tenere in debita considerazione le condizioni dei coniugi, il contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed il reddito di entrambi.

Ai fini della valutazione in ordine alle capacità economiche del coniuge obbligato a versare l’assegno di mantenimento, occorre ragionare sul reddito netto e non già su quello lordo, «poiché in costanza di matrimonio, la famiglia fa affidamento sul reddito netto ed ad esso rapporta ogni possibilità di spesa» (sul punto la Suprema Corte ha espressamente fatto rinvio alle sue precedenti decisioni n. 9719/2010 e n. 13954/2018).

l’art. 10, comma 1, lettera c), del TUIR 917/86, limita la deducibilità, ai fini dell’IRPEF, ai solo assegni aventi carattere periodico e non, invece, a quelli corrisposti in unica soluzione.
Su tale problematica è intervenuto, a dimostrazione della delicatezza del problema, il Giudice delle leggi con sentenza 6 dicembre 2001, n. 383. L’eccezione di legittimità costituzionale era stata promossa dalla Cassazione con ordinanza emessa l’11 novembre 1999 con la quale aveva eccepito che nel sistema della citata legge n. 898 del 1970 la somministrazione periodica o in unica soluzione dell'assegno ha la medesima funzione assistenziale nei confronti dell'ex coniuge che non ha mezzi economici adeguati o che, comunque, non può procurarseli per ragioni oggettive, sicchè la scelta tra i due modi di pagamento sarebbe attribuita dal legislatore alla autonoma e convergente determinazione dei coniugi, assoggettata al controllo del giudice.

Sintesi articolo pubblicato sul sito quotidianogiuridico.it redatto dal Prof. Procopio Massimo



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