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Fort Apache democrazia

10/02/11

De Magistris: E' impostante discutere di sicurezza e democrazia

FORT APACHE DEMOCRAZIA

La magistratura come un fort apache. La democrazia, quindi, come un fort apache. La giustizia assediata dalla corazzata del governo che la cinge d’assedio per proteggere gli interessi penali del ‘generale’ in declino. Un ‘generale’ su cui piomba il peso della nuova inchiesta del Rubygate, di fronte a cui le armi illecite da usare (legittimo impedimento o processo breve) appaiono spuntate e, dunque, occorre procedere all’atto estremo per tentare il tutto per tutto, cioè garantire la latitanza del premier di fronte al Tribunale di Milano. Questa volta l’inchiesta – quella che parla di concussione e prostituzione minorile a carico del premier- potrebbe avere, infatti, un impatto devastante anche sull’opinione pubblica italiana, da anni anestetizzata dal bromuro berlusconiano e abituata alla sua azione eversiva. Un conflitto totale fra poteri dello stato –esecutivo e giudiziario- ingaggiato in modo unilaterale da parte di chi siede a Palazzo Chigi e dovrebbe governare nell’interesse della democrazia ed, invece, pianifica un piano autoritario il cui apice è rappresentato dalla repressione della giustizia. Colpire la Procura di Milano -rea di applicare l’art.3 della Costituzione ed esercitare il dovere alla’azione penale, anche quando in ballo c’è il presidente del Consiglio- per inviare un messaggio minaccioso a tutta la magistratura, con la conseguente putrefazione degli equilibri istituzionali. Un conflitto che destabilizza la tenuta democratica del paese e che arriva al punto di vedere organizzato un vero e proprio “gabinetto di guerra”, con l’Ufficio di presidenza del PdL che si riunisce per elaborare un documento contro i giudici più simile al testamento morale di Ceau?escu che ad un progetto di riforma della giustizia a vantaggio dei cittadini. La magistratura milanese indicata come “avanguardia politica rivoluzionaria” disposta a “calibrare la tempistica delle sue iniziative in base al potenziale mediatico”. Un comportamento che si merita, da parte del presidente del Consiglio, commenti come “una vergogna, uno schifo”, parole pronunciate verso un pool di pm e giudici colpevoli di fare i pm e i giudici senza timore del potere. Ma dato che la guerra aperta potrebbe apparire totalmente partigiana, ecco che si cerca di darle un veste pubblica e nazionale. La magistratura milanese agisce “in sfregio del popolo sovrano” per “sovvertire il verdetto democratico”. Parole che dimostrano la declinazione plebiscitaria della democrazia che cova nella maggioranza di governo, l’idea monarchica e ottocentesca del sovrano al di sopra della legge, legittimato ad agire senza il rispetto o il limite del parlamento e delle altre istituzioni, in virtù di una investitura popolare che si fa incontrollata e fanatica. Come si chiama tutto questo? Fascismo di ritorno, sonno democratico. Così il leader di questa accolita di eversori si spinge fino a paventare il ricorso contro lo Stato (proprio lui che lo sta distruggendo facendo saltare ogni equilibrio costituzionale) ricorrendo all’art.289 del Codice penale relativo all’attentato alla Costituzione. Francamente il limite democratico e liberale è definitivamente superato, irrimediabilmente cancellato. Se non bastasse si vocifera il ricorso ad un decreto sulle intercettazioni per azzerarne la forza anche futura, da imporre al presidente della Repubblica già in passato contrario ad un provvedimento di tal natura. Ma questo è marginale: il solo potere che ha potere, per Berlusconi e i suoi sodali, è l’esecutivo. Anzi è ‘questo loro esecutivo’. Le intercettazioni, prezioso strumento di indagine per la magistratura, vanno abrogate, perché non salgano agli onori della cronaca pubblica quando raccontano la melma del potere politico, quando fotografano degenerazioni private dalle conseguenze collettive, quando sputtanano il presidente del Consiglio frequentatore di prostitute anche minorenni, quando raccontano di donne ridotte a corpi vendibili al potere e ricambiate non tanto con il denaro (aspetto pur grave), quanto con il più pericoloso commercio di ruoli politici, istituzionali, governativi. Anche in questo caso, parte la gran cassa retorica e depistante: il provvedimento è fatto nell’interesse della privacy dei cittadini. Ci vuole veramente fantasia e tracotanza per sostenerlo, come se il portiere o il commercialista, la commessa e l’infermiera abbiano da temerle, come se anche loro fossero mobilitati in una guerra aperta contro pm e giudici. Qui c’è la stortura democratica, la devianza che ammorba il nostro paese: i guai giudiziari di uno solo, Berlusconi, imposti come interesse collettivo, in un conflitto di interessi che adesso ha raggiunto l’apice della sua pericolosità. In guerra si combatte, ciascuno con le armi che reputa idonee e legittime. La società civile adesso, insieme all’opposizione parlamentare, è chiamata ad una resistenza democratica, ovviamente pacifica, che abbia nelle manifestazioni di piazza il suo volto visibile e più convinto. Il paese deve riprendersi ciò che è suo e gli spetta di diritto: ovvero se stesso. Siamo dentro un fort apache, ma l’assedio berlusconiano può essere respinto.



Luigi de Magistris



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