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Il 17 marzo nonostante la Lega

19/02/11

Alla fine il governo ha preso la decisione tanto attesa: il 17 marzo sarà festa nazionale.

Habemus papam. Alla fine il governo, nell'ultimo Consiglio dei ministri, ha preso la decisione tanto attesa: il 17 marzo, giorno in cui ricorrono i 150 anni dell'Unità d'Italia, sarà festa nazionale e resteranno chiusi uffici pubblici, scuole, fabbriche. Ci sono volute settimane di polemica e di braccio di ferro per arrivare ad una scelta doverosa e giusta per una nazione che festeggia il suo compleanno, la sua nascita, i suoi 150 anni di vita. Le resistenze della Lega, ossessionata dal desiderio di secessione di cui il federalismo è solo il volto più tollerabile, aveva infatti opposto il suo veto, facendosi scudo delle ragioni economiche (sacrificare 24 ore di lavoro in periodo di crisi) sostenute anche da Confindustria e dalle altre associazioni di produttori. Non nascondendo, ovviamente, il reale motivo di tale avversità: il disprezzo nutrito per la Repubblica come unica e indivisibile. Per settimane, dunque, il governo è stato oggetto di questa resistenza, nonostante il primo partito della maggioranza, il PdL, veda nelle sue file una nutrita schiera di ex missini sempre pronti ad invocare l'amor patrio. Un governo che ancora una volta ha testimoniato di essere al traino leghista (da Bossi e i suoi, in fondo, dipende la stessa tenuta della legislatura), come accade su molti fronti politici: sicurezza e immigrazione in primis. Nel Cdm che ha ratificato la scelta, i ministri Calderoli e Bossi hanno votato contro il festeggiamento (ammantando ragioni di costituzionalità e di natura economica: proprio loro che la Costituzione la stanno distruggendo e pensano ad un federalismo che spacca il paese con conseguenze economiche devastanti), mentre il coraggioso ministro Maroni si è defilato al momento del voto. Una brutta immagine che non può essere minimizzata con le parole del "tutto finisce bene ciò che finisce bene", pronunciate da un poco credibile ministro della Difesa La Russa a margine dell'incontro. L'offesa alla nazione e ai cittadini infatti resta e risiede nella polemica di queste settimane e nella spaccatura politica-istituzionale con cui si è arrivati alla decisione ultima. Un'immagine negativa e triste che il governo ha dato all'Italia e al mondo: in nessuna democrazia planetaria, addirittura in nessun regime, un appuntamento altamente simbolico per un paese diverrebbe oggetto di dubbio celebrativo da parte dei rappresentanti del paese stesso. Ma l'Italia di Berlusconi, manovrata da Bossi, è anche questo paradosso. Lo stesso paese governato da una classe dirigente che fa ridere gli Usa, come dimostra il rapporto Spogli reso noto da Wikileaks: altro contributo prezioso per far crescere la disistima mondiale dell'Italia sul palcoscenico internazionale. Il premier dipinto come un clown incapace e una schiera di ministri pronti a dire "signor sì" agli americani perché consapevoli della propria debolezza politica: dove è la dignità nazionale da difendere anche di fronte agli alleati? Dove è il senso del proprio ruolo istituzionale di questi 'soloni'? Per questo ai leghisti che sono pronti a non festeggiare oppure a festeggiare una "giornata di lutto", magari bruciando il Tricolore pubblicamente come successo in passato per rimediare qualche trafiletto giornalistico, consigliamo di celebrare un'altra festa: la "giornata del tradimento patrio", quello di cui si macchiano nel momento in cui discreditato un appuntamento importante per il paese, che per loro esiste soltanto nei limiti del Po' e si chiama infatti Padania. Una realtà fantascientifica il cui riferimento ideologico si chiama razzismo e la cui unica cifra di riferimento si chiama miopia. Stessi ingredienti che animano le politiche sull'immigrazione e la sicurezza "made in Lega", le quali ci portano ad essere una vergogna democratica in Europa, per cui l'Italia dei respingimenti e del reato di clandestinità è una sorta di deserto dello Stato di diritto e dell'umana pietà. Per fortuna, c'è altro: i cittadini che festeggeranno, Benigni al Festival di Sanremo, la società civile mobilitata a difesa della Costituzione: non è poco per sperare e per fermare questa accolita razzista e reazionaria che ci governa.

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