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Nuova era: l’utopia dell’ambiente

10/11/20

Politica, logistica, pianificazione: insediamento residenziale e industriale non possono convivere facilmente e il cambiamento è necessario per ritrovare una nuova identità nel benessere!

FotoL’ESPANSIONE DELLE CITTÀ
Lo sviluppo delle città moderne segue modelli noti. Sono necessari insediamenti produttivi per permettere quello degli abitanti e garantire le risorse e il lavoro necessari. La presenza di abitanti richiede sviluppo di attività commerciali; si sviluppano e diventano sempre più distinti i bisogni e le richieste dei vari settori; aumenta la necessità di separare le aree residenziali da quelle produttive mentre si incrementa la risposta al bisogno di servizi. Quelli pubblici concentrati agibili, fruibili, interconnessi. La crescita di una città è come la crescita di un organismo vivente: si sviluppa, manifesta nuovi bisogni, nuove necessità e produce potenzialità nuove o differenti, nei vari stadi della crescita. Essa si evolve, si espande, matura come un qualunque organismo naturale sul modello cellulare che è alla base della Biologia. Aree produttive, magazzini, aree di scambio, gestione dei rifiuti e dell’energia, aree dedicate alla socializzazione. Un processo lento che non avviene per fasi definite ma per una lenta evoluzione dell’organismo città.

DAL PAESE ALLA MEGALOPOLI
I paesi e le città delle cinture e di provincia, più lente ad espandersi e ai margini delle metropoli principali in conseguenza dei bisogni di quelle più grandi, dislocheranno i loro strumenti produttivi per migliorare la loro stessa vivibilità. Altre diverranno probabilmente poco più che semplici, asettici, dormitori, sviluppo residenziale delle città mature e, tuttavia, nessuna potrà crescere solo per l’unica destinazione produttiva o residenziale, poiché esiste e permane la presenza, ingombrante, dello status quo e dei suoi vincoli tradizionali. L’unità comunale perde gradualmente significato e dall’essere cemento e motore dell’insediamento comunitario e sociale, diviene un freno alla corretta pianificazione. I paesi e le città diventano quartieri delle metropoli.
Scelte in contrasto con gli insegnamenti della storia.
Le pandemie segnano la storia, dalla Peste all’Ebola, dal Vaiolo all’Aids, dalla Spagnola al Coronavirus e se la storia insegna qualcosa allora da sempre vige una regola sola che anche l’uomo comune di buon senso, dovrebbe conoscere molto bene e guidare le sue scelte: “presto, fuggi lontano e torna tardi: evita i grandi agglomerati urbani, stai alla larga dai luoghi infetti e fuggi, velocemente, lontano il più possibile.” Una regola già espressa da Cicerone «Cito, longe fugeas et tarde redeas» abbreviata nel motto popolare medioevale «Cito longe tarde». La regola per la popolazione, nei casi ricorrenti di epidemie virulente.
COSA SI DOVREBBE FARE
Una pianificazione lungimirante, orientata allo sviluppo futuro sarebbe logica, razionale e ecologica se le destinazioni commerciali, industriali e produttive fossero separate e concentrate per tipologia e utilizzo, ottimizzandone l’efficienza e riducendo la moltiplicazione di situazioni sgradevoli e negative per l’ambiente e la salute fisica e sociale dei cittadini: caratterizzando volontariamente, non subendo. Produzione, commercio, svago e residenza, sono le parole chiave.
Occorrono scelte pianificate superare i localismi campanilistici. Aumentano le necessità di iniziative specializzate, di servizio, commerciali e sociali alle persone. Soprattutto sociali e socializzanti. Primaria e prioritaria la distruzione, ricostruzione e riconversione dell’esistente e i nuovi insediamenti mirati. Il presente va modificato avendo come obiettivo il miglior godimento possibile, l’agio e il benessere fisico e sociale dell’ambiente di vita e lavoro. Migliorare l’ambiente di vita quotidiano equivale a migliorare, con la diffusione di un comportamento virtuoso, quello globale.

COSA NON SI DOVREBBE FARE
Moltiplicare tutto per accontentare tutti e per incassare, a breve termine, tasse e diritti comunali produce esclusivamente: inquinamento, malcontento, disagio, malessere, conflittualità, insanità, problemi, costi elevatissimi per le comunità e, per finire, un inutile consumo di suolo naturale. Non è politica ma demagogia costruire inutili capannoni accanto o in mezzo alle case, consumare nuovo suolo e lasciar degradare l’esistente.
Occorre non ripetere situazioni come quelle di Taranto: non si dovrebbero avere fumigazioni tossiche moleste ed irritanti aprendo le finestre, mandare bambini a scuola o a giocare in parchi realizzati sui sedimenti nascosti alla vista ed imbellettati, non si dovrebbero più accumulare nuove discariche, soprattutto nei boschi o travestirle da parchi urbani.
In un ambiente produttivo viaggiano e manovrano i camion’ s, attraccano navi fumose e ingombranti, si produce rumore, si opera durante orari diurni e anche notturni. Servono strade grandi e strutture elettriche, di produzione e trasporto e depuratori caratterizzati. Serve concentrazione, sinergia tra l’offerta e la domanda industriale e commerciale di prodotti merci e servizi. Un contesto che non può essere paragonato e sovrapposto al modo di vivere e godere di un ambiente residenziale il quale dovrebbe essere caratterizzato da quiete servizi e spazi naturali, centri di aggregazione ma non silenzio; il silenzio va riservato ai cimiteri. Insediamenti residenziali e produttivi e commerciali non hanno e non possono avere caratteristiche strutturali simili.

PROGETTARE IL NUOVO PRODUTTIVO
L’autostrada deve scorrere accanto alla ferrovia merci e all’aeroporto collegando i porti e le industrie fino alle città, agli interporti di scambio e alle Fiere commerciali.
Il grande traffico: un sistema ridotto di trasporti per portare alle città i beni prodotti e necessari. Il piccolo traffico: un sistema efficiente di servizio pubblico e di viabilità interna per lo spostamento delle persone e la riduzione del traffico veicolare interno.
Riorganizzando ci sarà chi perderà e chi guadagnerà in termini economici ma alla fine tutti vivrebbero meglio. Servirebbe un piano di insediamenti produttivi simili in aree dedicate e un rinnovo del sistema residenziale e di servizio esistente.
C’è necessità, inoltre, di tecnologia unificante, scuole più grandi e meglio servite in pianura come in montagna;
poi i giovani e turisti, che richiedono spazi di aggregazione, di musica e cultura e per gli anziani, spazi quieti e rilassanti, parchi e giardini. Di identità culturale.
La realtà è di molti paesi, cittadine, città, metropoli, sempre più vicine ma ognuna uguale a sé stessa, centripete e non caratterizzate socialmente.
Una città: un centro oppure molti centri attrattivi? Il quartiere dei teatri, quello della musica, quello dei ristoranti etc. Siamo completamente avvolti nel cambiamento: un cambiamento climatico, produttivo, economico e sociale. È ora, è l’immediato, è il presente, il momento di iniziare il cambiamento di pianificare, di progettare, di prendere atto finalmente della realtà. Un errore oggi, una mancanza di pianificazione ora, una incertezza, possono solo inceppare e rallentare questo sviluppo o renderlo imperfetto e ancora maggiormente deleterio.
Un periodo è finito, ci piaccia o non ci piaccia. Mancano interventi di grande spessore da parte dei governi superiori.

UTOPIA!
Spazi adeguati con accesso semplificato, vie di scorrimento, tangenziali, ferrovia e accesso ai centri. Strutture commerciali e di servizio, scuole, spazi di aggregazione e culturali ben definiti, concentrati e separati per similarità, dove sia possibile una frequentazione che non disturbi altri non interessati. Possibilmente uno per ogni quartiere: tanti centri caratterizzati e serviti, spazi per i giovani, per i bambini e gli anziani che frequenteranno quasi esclusivamente quell’ambiente, spazi per gli adulti che vi ritorneranno e dovrebbero trovarvi ristoro.
Superare il campanilismo, rinnovare l’esistente residenziale, moltiplicarne e qualificarne i centri di aggregazione potrebbe essere una via per creare nuova identità nel benessere.

PESSIMISMO
Tutti i sistemi viventi evolvono, crescono poi si ammalano e infine muoiono e con essi tutti coloro che vi partecipano. Tra i sistemi viventi ci sono anche le cellule cancerogene, non sono malate ma estremamente rapide nello sviluppo, estremamente vitali che crescendo occupano e impongono all’ambiente che le ospita la loro vitalità, il loro spazio in crescita, distruggendo rapidamente ciò che sia diverso, non conforme al loro bisogno, succhiando linfa vitale ad ogni altro organismo e struttura presente.
Alla fine, l’ammasso canceroso finisce per morire assieme all’organismo che gli ha permesso di crescere. Le città sono sistemi viventi e non sfuggiranno alla regola. Ma per quello che si vede e per quanto si possa prevedere sembra proprio che a trionfare, per ora, sia il modello canceroso.



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