ARTE E CULTURA
Articolo

27 gennaio, giornata della memoria

27/01/11

uno scritto di Etty Hillesum citato da de Magistris per non dimenticare

“[...] Credo in Dio e negli uomini e oso dirlo senza falso pudore. La vita è difficile ma non è grave: dobbiamo cominciare a prendere sul serio il nostro lato serio, il resto verrà da sé. Una pace futura potrà essere veramente tale solo se prima sarà stata trovata da ognuno in se stesso; se ogni uomo si sarà liberato dall'odio contro il prossimo, di qualunque razza o popolo; se avrà superato quest'odio e l'avrà trasformato in qualcosa di diverso, forse alla lunga in amore, se non è chiedere troppo. E' l'unica soluzione possibile. È quel pezzettino d'eternità che ci portiamo dentro. Sono una persona felice e lodo questa vita, nell'anno del Signore 1942, l'ennesimo anno di guerra.



Le mie battaglie le combatto contro di me, contro i miei proprio demoni: ma combattere in mezzo a migliaia di persone impaurite, contro fanatici furiosi e gelidi che vogliono la nostra fine, no, questo non è proprio il mio genere. Non ho paura, non so, mi sento così tranquilla. Mi sento in grado di sopportare il pezzo di storia che stiamo vivendo, senza soccombere. Mi sembra che si esageri nel temere per il nostro corpo. Lo spirito viene dimenticato, s'accartoccia e avvizzisce in qualche angolino. Viviamo in un modo sbagliato, senza dignità. Io non odio nessuno, non sono amareggiata: una volta che l'amore per tutti gli uomini comincia a svilupparsi in noi, diventa infinito.



Bene, io accetto questa nuova certezza: vogliono il nostro totale annientamento. Ora lo so: Continuo a lavorare e a vivere con la stessa convinzione e trovo la vita ugualmente ricca di significato, anche se non ho quasi più il coraggio di dirlo quando mi trovo in compagnia.



La vita e la morte, il dolore e la gioia e persecuzioni, le vesciche ai piedi e il gelsomino dietro la casa, le innumerevoli atrocità, tutto, tutto è in me come un unico, potente insieme e come tale lo accetto e comincio a capirlo sempre meglio.



Un'altra cosa ancora dopo quella mattina: la mia consapevolezza di non essere capace di odiare gli uomini malgrado il dolore e l'ingiustizia che ci sono al mondo, la coscienza che tutti questi orrori non sono come un pericolo misterioso e lontano al di fuori di noi, ma che si trovano vicinissimi e nascono dentro di noi: e perciò sono meno più familiari e assai meno terrificanti. Quel che fa paura è il fatto che certi sistemi possono crescere al punto da superare gli uomini e da tenerli stretti in una morsa diabolica, gli autori come le vittime [...] ”.





Dal Diario (1941-43) di Etty Hillesum, nata nel 1914 in una famiglia olandese della borghesia intellettuale ebraica e morta ad Auschwitz nel novembre del 1943. “Cuore pensante della baracca”, così era conosciuta durante la prigionia nel lager di sterminio dove venne rinchiusa, per via della sua capacità di riflessione appassionata che la spinse a scrivere tra le più belle pagine della letteratura, in cui il tratto autobiografico – in particolare l’esperienza della Shoah- diventa il perno per una riflessione drammatica su quel tragico evento del Novecento e sulla natura dell’essere umano in generale. Una riflessione in cui si mescolano spiritualità, coscienza politica, cristianesimo ed ebraismo, esperienza di vita consapevole. Senza mai arrivare ad una conclusione pessimistica, di scacco per il genere umano, in cui fino alla fine Etty ha creduto perché “non sono i fatti che contano nella vita, conta solo ciò che grazie ai fatti si diventa”.



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