ABIA promuove l'agricoltura blu
Gli agromeccanici di ABIA-Confai promuovono l’agricoltura eco-sostenibile. Bolis (presidente): “Questo tipo di agricoltura costituirà il vero banco di prova per le aziende agricole nel prossimo decennio”.
L’agricoltura eco-sostenibile costituirà il vero banco di prova per le aziende agricole nel prossimo decennio: è quanto è emerso dall’approfondimento svolto nel corso del 2011 da ABIA, l’associazione bergamasca dei contoterzisti agrari, sugli effetti della cosiddetta agricoltura blu e della sua ipotetica applicazione su vasta scala in un contesto territoriale quale quello della campagna bergamasca.
Un capitolo di grande interesse per l’agricoltura italiana ed europea, da lungo tempo oggetto di attenzione da parte del comparto agromeccanico, è certamente quello della sostenibilità ambientale delle attività produttive. “L’agricoltura conservativa o agricoltura blu – esordisce Leonardo Bolis, presidente di ABIA-Confai - si basa su un insieme di tecniche di lavorazione dei terreni a minimo impatto ambientale: su questo tipo di agricoltura la nostra organizzazione sta scommettendo come importante direttrice di sviluppo per il futuro del settore primario. Ciò è particolarmente urgente in un’epoca in cui sia le istituzioni sia i cittadini chiedono agli imprenditori agricoli un impegno forte verso produzioni realizzate nel pieno rispetto dell’ambiente e dei cicli naturali”.
Da questa visione improntata ad un’agricoltura pienamente sostenibile è nato l’impegno di ABIA verso la ricerca di modalità produttive eco-friendly. “Tra le tecniche contemplate dall’agricoltura blu – continua Bolis - la principale è sicuramente quella della semina diretta o coltivazione su sodo, consistente nel seminare su terreni non lavorati o sottoposti a lavorazioni minime e capaci di salvaguardare al massimo l’integrità e l’assetto naturale del suolo. Se applicata correttamente, questa tecnica non determina cali di produzione rispetto alle modalità di coltivazione più aggressive: al contrario, si possono registrare a volte produzioni addirittura superiori alla media”.
Si tratta di una modalità di semina – fa notare ABIA - messa a punto negli Stati Uniti circa 50 anni fa, ma riscoperta solo in tempi recenti. In tutta Italia, ad esempio, vi sono solo 5.000 ettari coltivati in questo modo su una superficie agricola utilizzata di quasi 13 milioni di ettari.
Ad ogni modo gli agromeccanici non sono nuovi a questo tipo di impegno di stampo genuinamente ambientalista. Ricordiamo che Confai, la confederazione nazionale di cui ABIA fa parte, sta da tempo mettendo a punto un grande progetto agronomico ipotizzato per una superficie complessiva di circa un milione di ettari da convertire ad agricoltura conservativa su tutto il territorio nazionale. In alcuni casi, con l’applicazione di tali pratiche di lavorazione, il risparmio di carburante agricolo può toccare persino la soglia del 70% con evidenti benefici sul versante dei costi, ma anche in termini di riduzione dell’inquinamento.
“Nell’applicazione della semina diretta il minor consumo di carburante sulle sole operazioni di aratura – spiega Enzo Cattaneo, direttore di ABIA – comporterebbe una riduzione secca delle emissioni annue di CO2 pari a circa 108 chilogrammi per ettaro di terreno coltivato a cereali e simili. Se si considera che in Bergamasca, stando ai dati del recente censimento agricolo, la superficie a seminativi è pari a circa 36.550 ettari, ci sarebbero i margini per l’abbattimento delle emissioni di anidride carbonica di quasi 4.000 tonnellate, contributo non indifferente, soprattutto se proveniente da un comparto produttivo di tipo non industriale”.
A ciò si deve aggiungere il significativo risparmio di acqua, risultato che sarebbe di particolare rilievo in una realtà come quella bergamasca e lombarda, la cui agricoltura si confronta quasi tutti gli anni con il problema della siccità. Secondo i dati diffusi da AIPAS, l’Associazione italiana produttori amici del suolo, il terreno seminato su sodo riduce l’evaporazione del 60%, tagliando drasticamente la domanda di acqua da irrigazione.
Si tratterebbe quindi di una rivoluzione globale nel modo attuale di fare agricoltura? “In realtà no – precisa Cattaneo -. La tecnica della semina diretta è quanto di più naturale ci sia ed è vecchia quanto l’agricoltura stessa. Il fatto è che da qualche tempo a questa parte se ne sono riscoperti i vantaggi anche a livello economico e non solo ambientale: questo ha fatto sì che nelle grandi agricolture avanzate del Nord America, così come del Brasile e dell’Argentina, questa tecnica sia stata rapidamente applicata su vasta scala con risultati assai interessanti e senza sorprese dal punto di vista agronomico”.
Senza andare molto lontano, ABIA fa notare come la stessa amministrazione provinciale di Bergamo abbia già condotto diverse sperimentazioni con risultati lusinghieri, in collaborazione con ERSAF e la Regione Lombardia. “Il problema è quello della mentalità del mondo rurale – fa notare Bolis -. Anche di fronte all’evidenza dei risultati e all’assenza di rischi di alcun tipo, si preferisce continuare a fare quello che si è sempre fatto e si rinuncia ad applicare innovazioni che, in realtà, non sono nient’altro che un ritorno alla tradizione con modalità assistite dalla tecnologia”.
La coltivazione su sodo, per essere praticata su dimensioni medio-grandi, richiede l’applicazione di alcuni accorgimenti agronomici e tecnici. Si richiede in particolare l’intervento di seminatrici con caratteristiche parzialmente diverse rispetto a quelle convenzionali e in grado di mettere a dimora il seme nel terreno evitando sia l’aratura del suolo sia la maggior parte delle altre forme di lavorazione meccanica del terreno.
“Le principali imprese contoterziste – afferma Bolis - sono ben preparate da questo punto di vista e offrono volentieri queste modalità di coltivazione agli agricoltori interessati ad applicarle. Del resto i contoterzisti in Bergamasca effettuano già il 97% della raccolta di soia e cereali e oltre il 70 % delle altre lavorazioni in campo nelle aree di pianura. Si tratterebbe di offrire semplicemente un servizio di maggior pregio ambientale e, per molti versi, meno costoso per l’agricoltore utente”.
La semina diretta, oltre a far risparmiare l’agricoltore, incrementa anche la qualità e il valore nutritivo degli alimenti coltivati su questi terreni. L’assenza di tecniche di coltivazione invasive fa sì che non venga alterato il naturale assetto del suolo e che non siano dispersi alcuni nutrienti di base. Ne deriva un terreno più ricco in fosforo, calcio e altri importanti costituenti, dal quale si ricavano alimenti naturalmente fortificati con vitamine e minerali. Tutto questo – a detta di molti studiosi – aprirebbe le porte ad un nuovo tipo di agricoltura sostenibile, con vantaggi paragonabili a quelli delle moderne coltivazioni biologiche e biodinamiche: si tratta di un’agricoltura basata sulla convinzione che una buona gestione dei suoli consente di incrementare l’attività biologica di questi ultimi e di ottenere quindi prodotti di qualità nettamente superiore.
Non da ultimo ABIA fa notare i vantaggi che un’agricoltura più eco-sostenibile comporterebbe per la qualità del lavoro, e quindi della vita, degli agricoltori. Un ettaro di seminativi condotto secondo i dettami della cosiddetta agricoltura blu richiede infatti un impegno pari a sole quattro ore di lavoro, a fronte di ben dodici ore per ettaro richieste dall’applicazione di arature profonde e altre lavorazioni dell’agricoltura convenzionale.