Asse intestino-cervello e funzionalità del plesso solare: le vie bidirezionali nella nostra comunicazione interna
Per molto tempo, gli scienziati hanno riconosciuto il ruolo fondamentale della comunicazione tra l’intestino e il cervello per salvaguardare la salute umana. Tuttavia, negli ultimi due decenni è emersa l’idea che i trilioni di microrganismi presenti nell'intestino, noti collettivamente come microbiota, siano uno dei regolatori chiave dell’asse intestino-cervello.
Da un punto di vista fisiologico, il plesso solare (detto anche plesso celiaco) è formato da un complesso di fibre nervose e gangli del sistema nervoso simpatico tra ombelico e diaframma, che formano una struttura a sole. Le sue terminazioni nervose s’irradiano verso gli organi addominali (stomaco, intestino, fegato, reni, surreni). Il plesso è situato a livello della dodicesima vertebra toracica, si estende davanti all’aorta e dà origine a molti plessi secondari tra cui quello renale, surrenale, mesenterico superiore ed epatico.
È, quindi, un centro nervoso ed energetico di primaria importanza per il benessere di tutto l’organismo ed è frequentemente soggetto a blocchi, tensioni e disturbi. In particolare, le tensioni e i disturbi in questa zona possono essere dovute sia a fattori emotivi (ansia, insicurezza, apatia) che di tipo fisiologico (cattiva digestione, disordini alimentari, disbiosi). Tra gli stimoli effettori del plesso solare vi sono l’inibizione della digestione (inibizione contrazione della colecisti), la vasocostrizione dei vasi epatici, inibizione della peristalsi, contrazione degli sfinteri.
MA COSA PUÒ ALTERARE IL FUNZIONAMENTO DI QUESTO PLESSO?
Ci sono diverse cause che si possono citare ma la più trainante è sicuramente l’alterazione dell’asse intestino-cervello, quell’asse bidirezionale di comunicazione che collega il sistema nervoso centrale all’intestino.
L’intestino e in particolare il microbiota intestinale, infatti, svolgono un ruolo importante non solo nella funzione gastrointestinale ma anche nella regolazione dell’umore, dell’ansia e del dolore attraverso la comunicazione con il cervello, come evidenziato da numerosi studi preclinici. È stato scoperto, in diversi studi sperimentali, che la manipolazione del microbiota intestinale modifica il comportamento emotivo e cognitivo, l’espressione dei neurotrasmettitori e la funzione cerebrale. Gli effetti della somministrazione di probiotici per 4 settimane sul comportamento, sulla funzione cerebrale e sulla composizione microbica intestinale in uno studio randomizzato su 45 soggetti, ha evidenziato cambiamenti nei modelli di attivazione cerebrale in risposta alla memoria emotiva e ai compiti decisionali emotivi, che erano anche accompagnati da sottili cambiamenti nel profilo del microbiota intestinale.
La composizione del microbiota rispecchiava le misure comportamentali riferite dai soggetti stessi e le prestazioni della memoria. Il tratto gastrointestinale contiene comunità di microbi (batteri, funghi, virus) che variano in base alla posizione anatomica e influiscono sulla nostra salute. Le comunità microbiche differiscono nella composizione in base all’età, alla dieta e alla posizione nel tratto gastrointestinale, e i metaboliti microbici forniscono segnali chiave che aiutano a mantenere la corretta fisiologia dell’organismo.
L'idea che l'intestino influenzi il cervello, e di conseguenza anche il comportamento, è ampiamente riconosciuta e condivisa. Il concetto si è fatto strada nella lingua di tutti i giorni con termini come "sensazione di pancia", "parlare alla pancia" e "farfalle nello stomaco". Ciononostante, solo di recente gli scienziati hanno iniziato a svelare i meccanismi dell'asse intestino-cervello. Questo sistema di comunicazione è il fulcro di un'area di ricerca emergente: la neurogastroenterologia.
Appare ormai sempre più evidente che i microbi dell'intestino contribuiscono a plasmare il normale sviluppo neurale, la biochimica del cervello e il comportamento.1 In particolare, il microbiota intestinale si sta configurando come elemento nodale nella comunicazione tra l'intestino e il cervello. Tutto ciò ha portato anche alla creazione di un nuovo termine: l'asse microbiota-intestino-cervello.
Centinaia di studi hanno esaminato il modo in cui i microrganismi intestinali comunicano con il cervello e hanno individuato una correlazione fra diversi disturbi psichiatrici, sia legati all’età sia neurodegenerativi, e il microbiota. John Cryan dell’University College di Cork, in Irlanda, e i suoi colleghi hanno effettuato una revisione delle attuali conoscenze in merito all’impatto dei batteri intestinali sul cervello e sul comportamento.
Il loro lavoro, pubblicato su Physiological Reviews, si è focalizzato sugli strumenti e sui modelli utilizzati per studiare l’asse microbiota-cervello-intestino, sui pathway di potenziale comunicazione tra i microrganismi intestinali e il cervello, nonché sulle condizioni neurologiche associate a cambiamenti del microbiota.
COME CAMBIA IL MICROBIOTA NEL CORSO DELLA VITA
Il microbiota intestinale cambia costantemente nel corso della vita. Subito dopo la nascita, il microbiota umano è caratterizzato da un’elevata abbondanza di Enterobacteriaceae, Bifidobacteriaceae e Clostridiaceae e bassi livelli di Lachnospiraceae e Ruminococcaceae.
Dopo lo svezzamento, la diversità complessiva del microbiota intestinale diventa comparabile a quella degli adulti. Studi clinici condotti sugli interventi probiotici hanno prodotto risultati promettenti per quanto riguarda la riduzione del rischio di alcune patologie, tra cui il disturbo dello spettro autistico e il disturbo da deficit di attenzione e iperattività.
Durante l’adolescenza, il microbiota intestinale umano presenta una maggiore abbondanza di Bifidobacterium e Clostridium; è stato inoltre osservato che trattamenti antibiotici a lungo termine che impoveriscono il microbiota sono in grado di causare ansia e alterazioni delle attività cognitive e del comportamento sociale negli adulti.
Sebbene la composizione del microbiota intestinale umano in età adulta sia generalmente costante, la sua stabilità diminuisce in età avanzata: alcuni studi hanno dimostrato una riduzione dei lattobacilli e dei bifidobatteri benefici nel corso dell’invecchiamento. La famiglia batterica Porphyromonadaceae è risultata associata al declino cognitivo e ai disturbi affettivi, mentre è stato osservato che le diete che prevengono la riduzione di Bifidobacterium legata all’età hanno effetti positivi per la salute sia nei topi sia nell’uomo.
Diviene quindi di primaria importanza per la nostra salute riuscire a comprendere da un lato gli aspetti emotivi e dall’altro quelli funzionali (legati spesso a digestione e alterazioni di specifiche comunità microbiche intestinali) che possono incidere sulla salute del plesso solare ed adottare strategie per riportarci in equilibrio. Una tra tutte la FOREST THERAPY che sta emergendo sempre di più come metodo efficace per ridurre stress mentale, ansia e infiammazioni, oltre a favorire la funzionalità del sistema cardiovascolare.
La terapia forestale (FOREST THERAPY) e i bagni di bosco (Forest Bathing) sono pratiche nate in Giappone e adottate dal sistema sanitario nipponico come parte integrante dei protocolli di prevenzione delle malattie croniche e tutela della salute pubblica. La ricerca in questo campo si sta concentrando sui vantaggi a livello psicologico e mentale del vivere in un ambiente naturale intatto, ma anche sugli effetti fisici dell'inalazione di composti organici presenti nell'ambiente forestale con effetti sull'organismo, soprattutto sull'apparato respiratorio, cardiovascolare e il sistema immunitario.
La Forest Therapy è, essenzialmente, un intervento naturalistico che tiene conto delle esigenze specifiche delle persone e dell'ambiente naturale e sociale in cui vivono. Una pratica che mira a promuovere la salute psicofisica e sociale migliorando la connessione con la natura (nature connectedness), le relazioni interpersonali e la coesione sociale.
La Forest Therapy sfrutta il beneficio delle emissione in atmosfera di sostanze da parte delle piante e del suolo forestale. Durante la pratica in natura avviene una naturale inalazione di certi composti organici volatili biogenici (BVOC), che vantano proprietà antiossidanti, antinfiammatorie, immunomodulanti e benefiche sul piano psicofisico. Per questo si parla di aromaterapia forestale: le proprietà di questi oli essenziali sono comprovate; la concentrazione di tali sostanze nell'ambiente forestale dipende dalle specie arboree (le conifere emettono i terpeni più efficaci, mentre altre piante come il leccio e il faggio sono complessivamente più produttive), dalla stagione (più concentrazione nei mesi caldi) e dall'ora del giorno (picchi di concentrazione nel primo mattino e nel primo pomeriggio).
Tra i primi siti in Italia già qualificati per la terapia forestale ci sono: il Bosco del Respiro di Fai della Paganella (Trento), le foreste delle Valli del Natisone in Friuli Venezia Giulia e la Foresta del Teso a Pian dei Termini (San Marcello Piteglio, PT).
Fonte: https://www.my-personaltrainer.it
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