SALUTE e MEDICINA
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Cinematerapia, si può guarire in poltrona!

01/03/10

Il cinema che cura, il cinema che guarisce, il cinema che suscita incubi (vedi il recente fenomeno di “Paranormal”), il cinema che consola, il cinema che fa sognare, il cinema che porta lontano. Un suggestivo post dall'archivio del cinematerapia e cinema-dramaterapia di Ermanno Gioacchini e Maria Pin Egidi.

Un bel film (o un grande film) non è solo una bella storia raccontata o l'espressione creativa del regista e dell'autore. Nel libro “Porci con le ali” , il protagonista Rocco, nel rivolgere i propri pensieri ad Antonia , le riconosce l'identica capacità di credere che si possa uscire cambiati dalla visione di un film.
Il potere della decima arte di agire profondamente e in modo determinante sulla psiche e sul comportamento non è stato analizzato e messo in evidenza soltanto dalla critica o dagli specialisti di settore; in molti film, il Cinema stesso ha celebrato la propria capacità di agire sullo spettatore al punto tale da indurlo a trovare in sé stesso risorse inaspettate.

E' il caso de “Il Miglio Verde” dove è proprio un film nel film a generare l'emozione più estrema nel protagonista , la visione della vita ultraterrena, a un passo da un'esecuzione capitale. In una casa di riposo, l'anziano Paul Edgecombe, già guardia carceraria nel braccio della morte del carcere di Cold Mountain, trascorre una vecchiaia inquieta.

La visione del soave “Cappello a Cilindro” con la coppia danzante Astaire – Rogers scatena in lui una dolorosa emozione che lo porta a raccontare l'incontro, avvenuto molti anni prima, con lo straordinario John Coffey, condannato a morte con l'accusa di aver violentato e ucciso due bambine. John è un un negro monumentale con fragilità infantili inattese (ha paura del buio), ma è soprattutto una sorta di mistero umano: ha la capacità di scovare, assorbire, neutralizzare il male fisico e morale che si annida negli uomini.
Il suo ultimo desiderio, prima di essere giustiziato, sarà di vedere per la prima volta quella cosa magica che si chiama cinematografo, di cui ha sentito parlare vagamente. E così, lo spettatore può comprendere perchè una vecchia pellicola brillante del cinema in bianco e nero abbia turbato così profondamente Paul, all'inzio della storia. Chi potrebbe dimenticare lo sguardo rapito, la mimica deformata da una gioia infantile di John , mentre assiste alle immagini di Ginger Rogers e di Fred Astaire che volteggiano sulle note di "Cheek to cheek"?
Essi incarnano e sostanziano la visione del Paradiso del condannato che è già oltre la sua vita terrena, perso in una visione di angeli in frac e in abito lungo di seta. Il film, altamente drammatico, viene pervaso dalla grazia dei due miti. Si allenta la tensione emotiva e lo spettatore attento si perde nei passi di Ginger e Fred... Maria Pina Egidi



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