Compravendita immobiliare le cose da sapere. Diritti e doveri dell'usufruttuario
La piena proprietà puo' essere "spaccata" in due; Usufrutto e nuda proprietà : Con la cessione della nuda propreità il venditore potrà incassare un bel gruzzolo, mantenendo per sè l' usufrutto e con esso il diritto di abitare la casa fino alla morte ( senza che nulla cambi in termini di qualità della vita ). Occorre a tal fine conoscere i diritti e doversi che rimangono a carico dell' usufruttuario allorquando questi decidesse di vendere la nuda propietà. Eccoli.
Il primo diritto che compete all’usufruttuario è sicuramente quello di conseguire il possesso della cosa, acquisendo una relazione immediata con la cosa stessa per servirsene, amministrarla e farne propri i frutti, senza che sia necessaria la collaborazione del nudo proprietario o di altri soggetti (tipico carattere dell’immediatezza, che accomuna tutti i diritti reali di godimento). All’usufruttuario spettano, inoltre, tutti i frutti, tanto naturali quanto civili, che la res produrrà fino all’estinzione dell’usufrutto.
Tra le facoltà concesse all’usufruttuario, peraltro, meritano di essere menzionate quella di locare il bene, di concedere ipoteca su di esso (ma non anche di costituire servitù a carico del fondo), nonché di cedere il proprio diritto per un tempo determinato o perfino sine die (sempre fermo restando il limite della vita dell’originario usufruttuario, essendo vietata la disposizione dell’usufrutto “mortis causa”).
Nel caso in cui, infine, l’usufruttuario abbia apportato alla res dei miglioramenti, i quali persistano alla data della cessazione, al fine di evitare un ingiustificato arricchimento del nudo proprietario, quest’ultimo dovrà corrispondere al primo un’indennità determinata in base al maggior valore arrecato alla cosa (cfr. art. 985 c.c.). Fino a quando detto credito non viene regolarmente soddisfatto, peraltro, è riconosciuta al titolare dell'usufrutto una particolare forma di garanzia: il diritto di ritenzione della cosa goduta, ossia la facoltà legittima di rifiutare la restituzione del bene, paralizzando così la pretesa del dominus.
Come si accennava poc’anzi, i principali obblighi dell’usufruttuario ineriscono al dovere di mantenere la destinazione economica impressa alla cosa dal proprietario (ad esempio, l'usufruttuario non può compiere sul fondo lavori volti a trasformare un giardino in un frutteto, e viceversa) e quello di restituire la cosa, al termine dell’usufrutto, nello stato in cui si trova. Strettamente funzionali al rispetto dell’ultimo obbligo menzionato, sono altri due doveri che incombono sull’usufruttuario, salvo espressa dispensa: quello di fare a sue spese l’inventario dei beni e quello di prestare idonea cauzione per prendere possesso della cosa. Nel corso dell’esercizio del proprio diritto, che deve avvenire usando la diligenza del buon padre di famiglia, nel rispetto delle regole della tecnica, l’usufruttuario dovrà provvedere al pagamento delle imposte, dei canoni, delle rendite fondiarie e degli altri pesi annuali che gravano sulla cosa, nonché accollarsi le spese e gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione ed alla manutenzione ordinaria del bene (ad esempio la sostituzione o la verniciatura di porte o finestre, la tinteggiatura delle pareti o il ripristino delle coperture impermeabili dei terrazzi).
Per quanto concerne la distinzione tra le spese di ordinaria amministrazione e quelle di straordinaria amministrazione (che, invece, competono al nudo proprietario), l’art. 1005 c.c. individua alcune delle principali riparazioni straordinarie, secondo un’elencazione che, comunque, non è affatto tassativa, secondo il costante orientamento giurisprudenziale. La norma citata le definisce come “quelle necessarie ad assicurare la stabilità dei muri maestri e delle volte, la sostituzione delle travi, il rinnovamento, per intero o per una parte notevole, dei tetti, solai, scale, argini, acquedotti, muri di sostegno e di cinta”. Leggendo varie massime della Suprema Corte, comunque, le riparazioni straordinarie possono essere identificate, più in generale, in quelle che non costituiscono effetto normale, a breve o a medio termine, dell’uso e del godimento della cosa, e consistono nella sostituzione o nel ripristino di parti essenziali della struttura della cosa, il cui costo risulta sproporzionato rispetto al reddito normale prodotto dalla cosa medesima.
Altri obblighi che spettano all’usufruttuario, infine, sono quelli relativi, da un lato, alla denuncia al proprietario delle eventuali usurpazioni commesse da terzi sul fondo e, dall’altro lato, al pagamento di un canone periodico in favore del proprietario, se previsto nell'atto costitutivo.
Oggetto del diritto di usufrutto può essere qualunque tipo di bene, mobile o immobile, materiale o immateriale (si pensi a un brevetto) e perfino cose deteriorabili oppure consumabili. Queste ultime due ipotesi, tuttavia, sono da tenere ben distinte tra loro. Nel primo caso, infatti, l’utilizzo della res (che potrebbe essere, a titolo esemplificativo, una cava o una miniera da sfruttare), nonostante ne implichi una inevitabile usura e/o consumazione, non ne determina il venir meno, né la distruzione o il mutare della sua sostanza: su questa premessa il legislatore ha previsto che, in simili ipotesi, l'usufruttuario è legittimato a sfruttare il bene anche in modo rilevante, essendo tenuto a restituire quello che rimane dello stesso, senza incorrere per questo motivo in alcun obbligo risarcitorio. Nel caso, invece, di cose consumabili, ossia suscettibili di un solo uso, poiché sarebbe impossibile restituire la res in natura dopo il suo utilizzo, l’unico obbligo dell'usufruttuario, in realtà, è quello di fornire al dominus , al momento dell'estinzione del proprio diritto, cose della medesima quantità e qualità di quelle ricevute in godimento. E’ per questa sostanziale differenza di disciplina che la dottrina preferisce parlare, al proposito di tale ipotesi, di “quasi usufrutto”, istituto che avrebbe in comune con l’usufrutto in senso tecnico pressoché solo il carattere della necessaria temporaneità.
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