Compravendita immobiliare. quando una parte contrattuale si sottrae al dovere di adempiere. Diffida. Presupposti. Analisi
La diffida ad adempiere, mira a realizzare - pur in mancanza di una clausola risolutiva espressa - gli effetti che a questa clausola si ricollegano, vale a dire la rapida risoluzione del rapporto mediante la fissazione di un termine entro il quale, se la controparte non adempie, il contratto si intende risolto di diritto, ferma restando la necessità dell'accertamento giudiziale della gravità dell'inadempimento.
Si può quindi ritenere che vada compresa tra gli atti equiparati ai contratti, data la sua natura prettamente negoziale: si tratta di una manifestazione di volontà consistente nell'esplicazione di un potere di unilaterale disposizione della sorte di un rapporto, di per sè idonea a incidere direttamente nella realtà giuridica, poichè da luogo all'automatica risoluzione ipso iure del vincolo sinallagmatico, senza necessità di una pronuncia giudiziale, nel caso di inutile decorso del termine assegnato all'altra parte.
In particolare è un negozio giuridico unilaterale recettizio, espressione dell'esercizio di un diritto potestativo del creditore che ha la possibilità di provocare immediatamente e unilateralmente una modifica del rapporto, introducendo un termine di adempimento.
Gli effetti della diffida, pertanto, discendono dalla volontà della parte adempiente la quale, nell'alternativa tra l'azione giudiziaria di risoluzione del contratto, o addirittura la tolleranza all'inadempimento dell'altra parte, preferisce attivare il meccanismo dell'intimazione fatta per iscritto.
La diffida ad adempiere, infatti, costituisce soltanto una facoltà, non un obbligo per la parte adempiente, la quale può proporre direttamente la domanda tendente alla risoluzione del rapporto attraverso una pronunzia costitutiva del giudice, sulla base del solo fatto obiettivo dell'inadempimento di non scarsa importanza (Cass. n. 639/1996).
PRESUPPOSTI DELLA DIFFIDA
Presupposti imprescindibili per l'operatività della diffida sono l'inadempimento di una delle parti dell'obbligazione contrattuale, nonché la verifica giudiziale della non scarsa importanza della gravità dell'inadempimento.
In altre parole, l'intimazione, da parte del creditore, della diffida di cui all'art. 1454 c.c. e l'inutile decorso del termine fissato per l'adempimento non eliminano la necessità, ai sensi dell'art.1455 c.c., dell'accertamento giudiziale della gravità dell'adempimento in relazione alla situazione verificatasi alla scadenza del termine (Cass. n. 9314/2007).
LA GRAVITÀ DELL'INADEMPIMENTO
È principio consolidato che l'art. 1454 c.c., quando fa riferimento alla parte "inadempiente", presuppone che l'inadempimento si sia già manifestato, con tutti i suoi connotati, e accorda alla parte adempiente, quale alternativa alla facoltà di adire il giudice per ottenere la sentenza costitutiva ex art. 1453 c.c., una possibilità di autotutela, che pur costituendo esercizio di un diritto potestativo, non è tuttavia rimessa al mero arbitrio; infatti occorre pur sempre che l'inadempimento già manifestatasi, per la cui cessazione l'intimante accorda un termine perentorio oltre il quale la stessa non viene più tollerata, risponda agli ordinari e indispensabili requisiti di imputabilità ed importanza (Cass. n. 23207/2010). Sotto tale profilo trova sempre applicazione la disposizione di cui all'art. 1455 c.c., che riferendosi all'inadempimento in genere, e facendo seguito sia alla norma disciplinante l'azione costitutiva ex art. 1453 c.c., sia a quella relativa alla risoluzione di diritto ex art. 1454 c.c., senza operare alcuna distinzione, non può che riferirsi a entrambi gli istituti (Cass. n. 5407/2006).
Tale norma, come regola generale concernente la risoluzione per inadempimento dei contratti con prestazioni corrispettive, pone una regola di proporzionalità, in virtù della quale la risoluzione del vincolo negoziale è collegata unicamente all'inadempimento delle obbligazioni che abbiano una notevole rilevanza nell'economia del rapporto, per la cui valutazione occorre tener conto dell'esigenza di mantenere l'equilibrio tra le prestazioni di eguale peso.
IL CRITERIO DI VALUTAZIONE
La non scarsa importanza dell'inadempimento, che, nel giudizio di risoluzione del contratto con prestazioni corrispettive, deve essere verificata anche di ufficio dal giudice, trattandosi di elemento che attiene al fondamento stesso della domanda, deve essere accertata non solo in relazione alla entità oggettiva dell'inadempimento, ma anche con riguardo agli aspetti soggettivi rilevabili tramite un'indagine unitaria sul comportamento del debitore e sull'interesse del creditore all'esatto e tempestivo adempimento.
Tale verifica, quindi, deve essere tale da consentire di coordinare il giudizio sull'elemento oggettivo della mancata prestazione, nel quadro dell'economia generale del contratto, con gli elementi soggettivi.
Quindi il giudice di merito dovrà verificare la sussistenza, all'atto dell'intimazione, degli estremi suddetti, tenendo conto, sotto il profilo oggettivo, della regola generale di cui all'art. 1455 e, sul versante soggettivo, della presunzione dettata dall'art. 1218 c.c.; quest'ultima disposizione costituisce, infatti, espressione di un principio generale (in armonia, peraltro, con quello dettato dall'art. 2697, comma 2 c.c., per quanto attiene ai fatti impeditivi o estintivi, in genererei diritti da altri azionati), a termini del quale il debitore che non esegua la propria prestazione o la esegua inesattamente o con ritardo, per sottrarsi alle conseguenze sfavorevoli derivanti dall'inadempimento è tenuto a provare che questo sia dipeso da causa a lui non imputabile.
In particolare, il giudice di merito, anche quando sia chiamato a stabilire, con pronunzia dichiarativa, se l'inadempienza seguita da diffida rimasta senza esito, rivesta i caratteri dell'inadempimento risolutivo, dovrà procedere sulla base di un duplice criterio, valutando in primo luogo in modo oggettivo, se l'inadempimento abbia inciso in modo apprezzabile nell'economia complessiva del rapporto (in astratto, per la sua entità e, in concreto in relazione al pregiudizio effettivamente causato all'altro contraente), così da dar luogo a uno squilibrio sensibile del sinallagma negoziale; successivamente l'indagine deve essere completata mediante la considerazione di eventuali elementi di carattere soggettivo, consistenti nel comportamento di entrambe le parti (come un atteggiamento incolpevole o una tempestiva riparazione, a opera dell'una, un reciproco inadempimento o una protratta tolleranza dell'altra), che possano, in relazione alle particolarità del caso, attenuare il giudizio di gravità, nonostante la rilevanza della prestazione mancata, anche parzialmente o ritardata (Cass. n.1773/2001).
Ne consegue che, nel caso di inadempimento parziale, il giudizio della non scarsa importanza dell'inadempimento non può essere affidato solo alla rilevata entità della prestazione inadempiuta, rispetto al valore complessivo della prestazione, costituendo questa soltanto uno degli elementi di valutazione (Cass. n. 3477/2012).
Quindi non è certamente inadempimento di scarsa importanza quello del promittente compratore che, pur versando al promittente venditore una cospicua caparra, successivamente, non adempie alle obbligazioni essenziali e primarie (stipulazione dei contratto definitivo e pagamento del residuo prezzo nella data prestabilita), omettendo di attivarsi, neppure informalmente, sia dopo la ricezione della diffida ad adempiere sia dopo la scadenza del termine assegnato ai fini dell'inadempimento.
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