Compravendita immobiliare . Rischi gravi. L'occultamento di parte del prezzo. La garanzia dello Stato su imposte e sanzioni
Particolare rilievo assume il fatto che a garanzia del credito d’imposta di cui sotto lo Stato ha privilegio sugli immobili oggetto di compravendita (art. 2772 del codice civile), con la conseguenza che gli immobili stessi possono essere espropriati, a soddisfacimento del menzionato credito d’imposta, anche nei confronti del terzo acquirente.
Sanzione fiscale per l’occultazione di corrispettivo e privilegio dello Stato.
Se viene occultato anche in parte il corrispettivo convenuto, oltre al pagamento della maggiore imposta dovuta sulla differenza di prezzo, è applicabile una sanzione dal 200%
al 400% dell’imposta dovuta sulla differenza suddetta (art. 72 D.P.R. 131/1986).
Detta sanzione e’ applicabile anche quando il corrispettivo è dichiarato in misura uguale o superiore ai parametri catastali, e quindi anche quando non vi è possibilità di accertamento di valore da parte dell’ufficio (Cassazione, sentenze 28 ottobre 2000 n.
14250; 24 luglio 2002 n. 10808).
Sanzioni previste dalla normativa antiriciclaggio.
Se il prezzo (o la parte di esso non dichiarata in atto) viene pagato, in parte, in contanti (ovvero con assegni bancari trasferibili, anche frazionati), e l’importo del corrispettivo totale eccede la somma di € 12.500, sono applicabili le sanzioni previste dalla normativa
antiriciclaggio (art. 1 del D.L. 3 maggio 1991 n. 143, convertito in legge 5 luglio 1991 n. 197; gli importi sono stati adeguati con D.M. 17 ottobre 2002). Cio’ comporta, in concreto, la possibile applicazione di una sanzione amministrativa pecuniaria fino al 40
per cento dell'importo trasferito.
Ovviamente, il pagamento di una parte di corrispettivo, non dichiarata in atto, con assegni, comporta il rischio, in sede di eventuali accertamenti bancari da parte del fisco, dell’applicazione della sanzione per l’occultazione di corrispettivo
Sanzioni per l’eventuale mancata dichiarazione di redditi e violazioni in tema di imposta sul valore aggiunto.
In determinati casi (ad esempio, vendita di terreno edificabile, o di terreno lottizzato;
vendita di altri immobili nei cinque anni dal loro acquisto), la plusvalenza (cioe’ il guadagno consistente nella differenza tra il prezzo di acquisto ed il prezzo di rivendita) è tassabile, e va quindi denunziata nella dichiarazione dei redditi (art. 81, D.P.R. 917/1986). Ai suddetti fini, rileva ovviamente il prezzo effettivamente pattuito, e non quello – eventualmente inferiore – dichiarato in atto.
L’eventuale simulazione del prezzo può essere fatta valere dal fisco ai fini dell’accertamento delle imposte sui redditi (Cassazione, 27 luglio 1993 n. 8392) e, se acclarata, comporta quindi, nei suddetti casi, anche l’applicazione delle sanzioni previste per omessa o insufficiente dichiarazione dei redditi delle persone fisiche.
La predisposizione di un contratto simulato nell’indicazione del prezzo di vendita, laddove quest’ultimo abbia rilevanza ai fini delle imposte sui redditi, e sia quindi denunciato nella dichiarazione un minor reddito imponibile, comporta l’applicazione diuna sanzione amministrativa dal 100% al 200% della maggiore imposta dovuta (art. 1,
comma 2, del D. Lgs. 18 dicembre 1997 n. 471). Trattandosi di atto soggetto ad IVA, la simulazione del prezzo, e quindi la fatturazione di un minor importo, comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa dal 100 % al 200 % della differenza di imposta (art. 5, comma 4, del D. Lgs. 471/1997).
Nei casi piu’ gravi, la predisposizione di un contratto simulato nell’indicazione del prezzo di vendita di molto inferiore al reale, allo scopo di riportare in dichiarazione dei redditi – ovvero ai fini dell’imposta sul valore aggiunto – un minore incasso, integra
l’attività fraudolenta di supporto necessaria per la configurabilità del reato di frode fiscale (sentenze della Corte di Cassazione penale 12 maggio 1999 e 1 ottobre 1996; ora articoli 3 e 4 del D. Lgs. 10 marzo 2000 n. 74).
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