ARTE E CULTURA
Comunicato Stampa

Connubio di espressione artistica memorabile:ad lucem, arte contemporanea per arvo pÄrt e il concerto in onore del compositore estone

14/10/11

Gremita la chiesa di San Fermo Maggiore a Verona per l’eccellente esecuzione dell’Orchestra I Virtuosi Italiani e del Coro Estone Vox Clamantis.

Successo straordinario, sabato 8 ottobre, nella suggestiva cornice della chiesa di San Fermo Maggiore a Verona per il concerto per coro e orchestra da camera in onore del compositore estone Arvo Pärt, promosso dall’Associazione Culturale La Città. Progetti per l’Arte e organizzato da Studio la Città.
Un esclusivo impaginato di Arvo Pärt è stato eseguito dall’orchestra I Virtuosi Italiani che si è alternata con il coro estone Vox Clamantis. Per i numerosissimi ospiti, con richieste di partecipazione in esubero rispetto ai 1.000 posti disponibili e rigorosamente prenotati da tempo grazie ad una perfetta organizzazione dell’evento, sin dalle prime note è stata un’esperienza unica, emozionante e profondamente coinvolgente.
La presenza di Arvo Pärt, riconosciuto a livello internazionale per la creazione di un nuovo linguaggio compositivo che trova le sue radici nella storia della musica sacra europea, ha galvanizzato i presenti.
Il consenso di pubblico è stato totale con una tensione emotiva crescente per tutta la durata di un concerto che lascerà un ricordo memorabile dell’evento, culminato in una standing ovation quando il Maestro ha ringraziato il suo pubblico durante un applauso interminabile.
Va rilevato poi che il concerto è stato inserito in un progetto più ampio, un vero connubio tra musica e arte.
La mostra Ad Lucem. Arte Contemporanea per Arvo Pärt in programma fino al 26 Novembre 2011 negli ampi e luminosi spazi di Studio la Città, in Lungadige Galtarossa, è nata infatti, da un’idea di Hélène de Franchis, titolare della galleria, di Angela Madesani critica d’arte e del noto fotografo Roberto Masotti.
Il coinvolgimento diretto di Arvo Pärt, conoscitore ed estimatore dell’arte e delle eccellenze italiane, ha permesso di rendere nota la sua opera musicale attraverso la ricerca artistica.
L’adesione entusiastica di un pubblico attento ed appassionato ne è la migliore conferma.

NOTE BIOGRAFICHE
Studio la Città
La Galleria veronese ha aperto nel 1969. Ha iniziato la sua attività con le mostre di Lucio Fontana, Piero Dorazio, Mario Schifano, Gianni Colombo.
Nel corso degli anni ’70 il programma si è concentrato sull’arte analitica e minimale iniziando quindi una programmazione internazionale oltre che italiana. Dalla fine degli anni ’80, dopo la transavanguardia, la galleria si è concentrata su quegli artisti interessati al minimalismo cromatico e su quella parte di ricerca artistica che esplora i limiti tra la società contemporanea e la pura natura, tra digitale e analogico. Nell’ultimo periodo inoltre, la selezione artistica ha abbracciato i nuovi linguaggi dell’arte indiana e la galleria, grazie alla nuova sede di Lungadige Galtarossa, ha acquisito grandi sale, tali da poter proporre lavori di giovani artisti, performances, installazioni, unitamente ad esposizioni di nomi consolidati nel mondo dell’arte contemporanea.
Lo scorso giugno, in occasione del prestigioso evento Art Basel, Hélène de Franchis, direttrice della galleria, ha ricevuto il Feaga Lifetime Award, il riconoscimento creato nel 2005 dalla Federazione Europea delle Gallerie d’Arte, in onore delle più importanti gallerie continentali, per celebrare il loro lavoro, “volto a consolidare l’importanza e il valore dell’arte”.

Hélène de Franchis
Nata a Tangeri, da padre diplomatico, vive in paesi diversi fin dalla nascita. La città di riferimento è Roma, ma inizia le scuole a Gibilterra in inglese, proseguendo a Roma, Damasco, Città del Messico, per finire il liceo in una scuola inglese in Africa a Salisbury, Rhodesia.
Torna a Roma a 18 anni dove studia Storia dell’Arte e da quel momento inizia la sua storia. Conosce Lucio Fontana nei primi anni ‘60 e, pur non essendone cosciente, quell’incontro deciderà il suo futuro. Hélène si interessa soprattutto all’arte romana e all’architettura romanica. Si laurea con una tesi sull’architettura Cistercense, ma Fontana le insegna, senza saperlo, come guardare e leggere l’arte contemporanea (questa è la ragione per la quale ha sempre avuto un Fontana piccolo o grande, negli stand di tutte le fiere alle quali ha partecipato).
Nel 1967 sposa Oliver Sutton e vive per un breve periodo nella campagna inglese, dove nasce suo figlio Francesco.
Nel 1969 giunge a Verona per dirigere una nuova galleria di proprietà di un gruppo di imprenditori veronesi. Il loro interesse però dura solo alcuni mesi, dopodiché la galleria viene acquistata dalla stessa de Franchis. L’inizio è durissimo, Hélène non ha legami con la città, non conosce praticamente nessuno e non ha conoscenze nel mondo dell’arte.
Nel 1973, partecipa a Düsseldorf, la sua prima fiera, per capire meglio cosa era l’arte contemporanea in quegli anni e cosa succedeva nel mondo dell’arte, ma sopratutto per uscire da una gabbia che le stava troppo stretta. L’esperienza è più che positiva e nel 1974 partecipa a Basilea, nel 1975 ad Arte Fiera di Bologna, negli anni 80 alla FIAC di Parigi, negli anni 90 a Chicago, nel 2000 all’Armory di New York, poi Madrid, Basel Miami…. Conosce artisti di tutto il mondo e collezionisti che sono tuttora suoi clienti.
Ha sempre seguito il proprio istinto e il suo gusto personale, scegliendo artisti sulla base della loro qualità. Attraverso gli anni si è creata una linea di pensiero che ha guidato le sue scelte artistiche.
Negli anni ‘70 organizza mostre con quelli che erano i giovani del momento, Robert Mangold, Richard Tuttle, un gruppo di artisti inglesi: Richard Smith, Robyn Denny, Ulrich Erben dalla Germania, gli italiani erano Mario Schifano, Enrico Castellani, Gianni Colombo, Piero Dorazio, Gastone Novelli, e naturalmente Lucio Fontana che muore nel 1968 prima che Hélène aprisse la galleria.
Negli anni ‘80 non si occupa della Transavanguardia, il che significa non far parte di quel gruppo di gallerie che fecero moda lavorando con Paladino, De Maria, Cucchi e altri.
La de Franchis prosegue nelle scelte che le sono più consone.
Negli anni ‘90 inizia a lavorare con Ettore Spalletti e con un gruppo di artisti americani. Conosce il Conte Giuseppe Panza di Biumo che le insegna come bisogna sempre seguire il proprio gusto e cercare la qualità sopra ad ogni cosa. Inizia a lavorare con Lawrence Carroll, David Simpson, Stuart Arends, Emil Lukas e molti altri. Alla fine degli anni ‘90 incontra Jacob Hashimoto che vive a Los Angeles e che allora era un ragazzino ventiquattrenne. Oggi è uno dei giovani artisti americani più venduti ricercati della sua generazione.
Nella metà degli anni 2000 i suoi interessi si spingono verso nuovi paesi: l’India, l’Africa, la Cina, il Giappone, dove l’arte diviene un mezzo di espressione e di libertà dai vecchi schemi imposti da regimi o colonizzazioni.
Per il 2012 Hélène de Franchis ha deciso di non partecipare ad altre fiere e di occuparsi principalmente dell’organizzazione di mostre nella propria galleria e di grandi progetti sia in Italia che all’estero con artisti consolidati e con nuove proposte.
Molti artisti sono passati dalla sua galleria in questi 40 anni, non tutti verranno ricordati, ma hanno fatto bellissime mostre e bellissime installazioni che fanno parte della vita di questa straordinaria conoscitrice d’arte e superba gallerista.
Lo scorso giugno, in occasione di Art Basel, Hélène de Franchis ha ricevuto il Feaga Lifetime Award, il riconoscimento creato nel 2005 dalla Federazione Europea delle Gallerie d’Arte, in onore delle più importanti gallerie continentali, per celebrare il loro lavoro “volto a consolidare l’importanza e il valore dell’arte”.

Arvo Pärt
Arvo Pärt è nato a Paide, Estonia, nel 1935. Dopo aver studiato nella classe di composizione di Heino Eller a Tallinn, ha lavorato come ingegnere del suono per la Radio Estone. È emigrato nel 1980 a Vienna con la sua famiglia e, incoraggiato in questo dallo stesso governo comunista estone dell’epoca, dopo un anno, si è spostato a Berlino dopo aver ricevuto un sussidio di studio DAAD e dove da allora è vissuto. Da un paio d’anni si è ristabilito in Estonia.
Come per i più radicali rappresentanti della cosiddetta Avanguardia Sovietica, il lavoro di Pärt ha attraversato un profondo processo evolutivo. Il suo primo periodo creativo è iniziato con composizioni neoclassiche per pianoforte. Poi sono seguiti dieci anni in cui ha fatto uso individuale delle più importanti tecniche compositive delle avanguardie: dodecafonia, composizione con masse di suono, aleatorietà, tecniche a collage. Nekrolog (1960), il primo pezzo dodecafonico scritto in Estonia, e Perpetuum Mobile (1963) procurarono al compositore il primo riconoscimento dell’Occidente. Nei suoi lavori a collage “avanguardia” e “musica antica” si confrontano l’un l’altra, fermamente e senza remissione, un confronto che raggiunge la più estrema espressione nell’ultimo pezzo a collage Credo (1968). Nello stesso momento tuttavia tutti i dispositivi sin qui usati da Pärt nel comporre hanno perso il loro fascino originale e hanno cominciato a risultare per lui senza significato.
La ricerca di un a propria voce lo portò ad un abbandono del lavoro creativo durato quasi otto anni, durante i quali si dedicò allo studio del Canto Gregoriano, della scuola di Notre Dame e della polifonia vocale classica.
Nel 1976 la musica emerse da questo silenzio con il piccolo pezzo per pianoforte Für Alina. È evidente che con questo lavoro Pärt abbia scoperto il proprio cammino. Il nuovo principio compositivo qui usato per la prima volta, che lui ha chiamato tintinnabuli ( in latino “piccole campane”), ha definito il suo lavoro fino all’oggi. Il “principio tintinnabuli” non si sforza di andare verso un incremento di complessità ma piuttosto verso una riduzione estrema dei materiali sonori e una limitazione all’essenziale.
Schematizzando i periodi creativi del compositore passano fasi legate al Neoclassicismo e alle Avanguardie(1960-1963), prima, si caratterizzano nell’uso di tecniche a Collage(1964-1968), sopravviene una profonda crisi(1968-1976) che sfocia nella creazione dello stile compositivo Tintinnabuli, un nuovo linguaggio.
Diversi sono stati i tentativi di etichettare Tintinnabuli come “nuova semlicità”, “musica minimalista”. È chiaro che rimane difficile da analizzare e da classificare questo nuovo fenomeno secondo gli standard musicologici esistenti. Pärt, con le sue composizioni, ha apportato uno slittamento paradigmatico all’interno della musica moderna e il tentativo di analizzare questo slittamento ha generato, in risposta, il processo stesso di scoperta creativa. La nascita di Tintinnabuli ha solide radici nella storia della musica europea. Si potrebbe vedere questo stile come una sintesi di antico e moderno, con la polifonia vocale classica da un lato e la musica seriale dall’altro. Il compositore, lontano dal copiare uno stile o l’altro, ha fatto propria l’essenza di entrambi combinandola tramite la propria tecnica compositiva che si potrebbe chiamare “nuova austerità”. Ne risulta un mondo sonoro estremamente individuale marcato sia dall’impersonale che dal personale, sia dalla disciplina che dalla soggettività.

Angela Madesani
Storica e critica d’arte è autrice, fra le altre cose, del volume “Le icone fluttuanti Storia del cinema d’artista e della videoarte in Italia”, coautrice, insieme a Luciano Caramel, di “Luigi Veronesi e Cioni Carpi” alla Cineteca Italiana di Milano e di “Storia della fotografia” per i tipi di Bruno Mondadori.
Ha curato numerose mostre presso istituzioni pubbliche e private. Ha collaborato e collabora con alcune riviste d’arte italiane e straniere.
È responsabile della collana di fotografia e arte per l’editore Dalai per la quale ha realizzato numerosi volumi di prestigiosi autori fra i quali: Gabriele Basilico, Franco Vaccari, Vincenzo Castella, Francesco Jodice.
Oltre che all’Accademia di Brera di Milano, insegna all’Istituto Europeo del Design di Milano e di Venezia e all'Accademia Cignaroli di Verona.

Roberto Masotti
Ravenna 1947; studi in industrial design a Firenze, risiede a Milano. Il suo lavoro più noto, You tourned the tables on me, recentemente compreso né Il secolo del jazz a cura di Daniel Soutif, Nine variations for electric guitar, Jazz Area, Diario dal Sud, Life Size Acts (in collaborazione con Dj Spooky), sono stati esposti in numerose città italiane ed europee. Fotografo ufficiale del Teatro alla Scala di Milano con Silvia Lelli dal 1979 al 1996, collabora con ECM Records dal 1973 ed è rappresentato da Fratelli Alinari-24Ore. Diverse sono le realizzazioni video in collaborazione con compositori, improvvisatori (con la sigla improWYSIWYG) ed ensembles, a partire dal 1998: Damiani, Trovesi, Lugo, Cacciapaglia, Taglietti, Battaglia, Cavallanti – Tononi (Udu Calls), martux_m, Alvin Curran, Luigi Ceccarelli, Alter Ego, Sentieri Selvaggi, Matmos, Aarset.
SKY/Leonardo gli ha dedicato un ritratto nella serie Click. Suo è il cospicuo percorso fotografico che compare nel volume John Cage edito da Mudima, Milano e la mostra “Arvo Pärt, un ritratto” è stata esposta a Sejny in Polonia, a Bergamo, Brescia, Roma all’Auditorium Parco della Musica.
La serie Naturae Sequentia Mirabilis riunisce opere diverse tra loro. Un primo nucleo ha inaugurato lo spazio espositivo di Arte Sella, alcune fotografie sono entrate nella collezione del Museo di Fotografia di Cinisello, l’installazione video Le 100 vedute di Monte Agaro è stata realizzata all’interno di Valarica 1703.

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