Corte di Cassazione, il punto in tema di separazione e di divorzio
L’adeguatezza o meno dei mezzi del richiedente l’assegno non deve più tenere conto del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, ma solo garantire il sostentamento all’ex coniuge privo di redditi sufficienti a condurre un’esistenza libera e dignitosa
Euroitalia, 26/06/2017 – (di Pasquale Landolfi, avvocato e magistrato)
La disciplina in materia di rapporti economici tra coniugi, nella fase della separazione prima e del divorzio poi, è stata oggetto di due recenti pronunce della Corte di Cassazione che così ha rimarcato i criteri, in parte innovandoli, che devono orientarne l’attribuzione e la determinazione dell’entità del contributo di mantenimento.
Il secondo e terzo comma dell’articolo 143 del codice civile stabiliscono rispettivamente, che “Dal matrimonio deriva l’obbligo reciproco alla fedeltà, all’assistenza morale e materiale, alla collaborazione nell’interesse della famiglia e alla coabitazione” e che “Entrambi i coniugi sono tenuti, ciascuno in relazione alle proprie sostanze e alla propria capacità di lavoro professionale o casalingo, a contribuire ai bisogni della famiglia”.
Con la sentenza n. 12196 in data 16 maggio 2017 il Supremo Collegio, ha ricordato che con la separazione, si determina una sospensione dei doveri di natura personale – sanciti dall’art. 143 del codice civile – quali la convivenza, la fedeltà e la collaborazione ma permane l’operatività dell’obbligo di assistenza materiale, che trova di regola attuazione nel riconoscimento di un assegno di mantenimento a beneficio del coniuge il quale versi in una posizione economica deteriore e non sia in grado, con i propri redditi, di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di convivenza.
Una volta intervenuto il divorzio – ovvero cessati gli effetti civili nel caso di matrimonio religioso concordatario trascritto –il rapporto coniugale si estingue sul piano sia dello status personale dei coniugi, sia dei loro rapporti economico-patrimoniali e, in particolare, del reciproco dovere di assistenza morale e materiale. Ne consegue che, come dispone l’art. 5 comma 6, della legge 898/1970, il diritto all’assegno divorzile soggiace al previo riconoscimento giudiziale della mancanza di mezzi adeguati in capo al coniuge richiedente l’assegno e dell’impossibilità dello stesso di procurarseli per ragioni oggettive.
L’adeguatezza o meno dei mezzi del richiedente l’assegno, tuttavia, secondo quanto innovativamente affermato dalla sentenza n. 11504 del 10 maggio 2017 e riaffermato dalla stessa Corte con la sentenza n. 11538 pubblicata il giorno successivo, non deve tener conto, così come invece in precedenza costantemente sostenuto, del tenore di vita goduto dai coniugi in costanza di matrimonio, ma solo garantire il sostentamento all’ex coniuge privo di redditi sufficienti a condurre un’esistenza libera e dignitosa; e ciò in esecuzione di un dovere inderogabile di solidarietà economica del tutto svincolato dal pregresso intercorso rapporto matrimoniale, ormai estinto.
Ne discende che l’obbligo così configurato di “solidarietà post-coniugale” deve intendersi insussistente laddove si dimostri che il coniuge il quale chiede l’assegno è economicamente autosufficiente e che tale assegno deve essere contenuto nei limiti di quanto necessario a garantirgli un’esistenza libera e dignitosa, senza provocare illegittime locupletazioni.
Pasquale Landolfi, avvocato e magistrato
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