Da San Martino: Vino novello, maiale e oca
Tradizioni contadine.
La trasformazione dell’uva in vino, è uno degli avvenimenti più importanti dell’annata agricola, e nella tradizione popolare, il santo dell’autunno è San Martino. Vissuto in Francia nel IV sec., figlio di un soldato e militare lui stesso, San Martino vescovo, si vede attribuiti atti di vero eroismo spirituale, fra i quali, uno dei più famosi, l’episodio della cappa strappata a metà per essere donata ad un povero infreddolito (dell’altra mezza, ne fecero lo stendardo del re di Francia). A lui si riconoscevano molti “patronati”, era chiamato a proteggere: viandanti, locandieri, mariti traditi ed ubriachi. Martino, astemio e temperante fu eletto anche patrono dei mestieri della viticultura, perché ritenuto capace di trasformare il mosto in abbondante vino.
Questa un passo da San Martino del Carducci :
“…per le vie del borgo
Dal ribollir de' tini
Va l'aspro odor de i vini
L'anime a rallegrar.
Gira su' ceppi accesi
Lo spiedo scoppiettando...”
L’11 novembre, simbolicamente giorno finale del calendario rurale, coincideva con quel periodo di tempo che arrivava fino al carnevale, nel quale si uccideva il maiale dalla cui lavorazione si ottenevano le "provvigioni pendenti al soffitto" (prosciutti, salami, cotechini, ecc.).
La "maialatura" avveniva nelle case dei contadini, affidata a specialisti che venivano da fuori, con la partecipazione della famiglia, dei parenti e dei vicini. Dopo l'uccisione e il lavoro di approntamento degli insaccati e degli altri derivati, i norcini o mattatori o lardaroli (chiamati variamente nei diversi dialetti), partecipavano alla tradizionale, superba, rumorosissima "cena del porco" durante la quale si consumavano i residui della carne dell'animale.
I festeggiamenti dell’estate di San Martino, così chiamata per lo scampolo di bella stagione che il patrono regalava, erano anche l'occasione di mangiar carne d’ogni genere, pur restando il ragù di maiale il preferito da sposare ai primi a base di maccheroni.
Cacciagione e gallinacei, facevano la loro comparsa nel tegame, e l’oca in particolare, ritenuta il porcellino dei poverissimi, era tanto gradita, perché gravida di ottima carne, grasso e piume (ideali per calde trapunte).
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