Ettore Combattente ha scritto un saggio sulle responsabilità
Si apre un dibattito ?
MODERNITÀ O BLOCCO DELLA DEMOCRAZIA? PARLANDO DEI 70 ANNI DALLA FONDAZIONE DEL PCI A LIVORNO
di Ettore Combattente
Emanuele Macaluso sul numero de "Le nuove Ragioni del socialismo", dedicato ai 70 anni dalla fondazione del PCI ha dedicato un suo scritto al tema " Il PCI motore della modernità" . Il sito della rivista ha pubblicato nella rubrica una mia riflessione critica.
Macaluso, ha affermato un concetto centrale del suo ragionamento : la funzione progressista svolta dal PCI in 40 anni di vita della Repubblica. Sono d’accordo, se s’intende “modernità” nel senso di progresso civile, di emancipazione sociale, di trasformazione del paese in una potenza industriale, e di elevamento delle condizioni di vita dei lavoratori, mediando tra movimenti di massa e sindacali e l’azione parlamentare uno Stato sociale sul modello della socialdemocrazia europea. Macaluso ha introdotto un elemento critico che considera il crollo del muro di Berlino, come spartiacque tra la funzione progressista, e l’inizio, nell’ambito della crisi del sistema politico italiano, la costituzione del PdS e poi la scomparsa della DC e del PSI ,in conseguenza di “mani pulite, di una inadeguatezza del processo di formazione del nuovo soggetto politico riformista che si concluderà con la fondazione del PD privo di una precisa identità di sinistra riformista.
Per il modo in cui ha posto questo giudizio, che in parte condivido, non mi convince un esame critico del nostro passato, necessario per costruire un’alternativa di sinistra moderna nell'età del globalismo, nel quale i protagonisti- eredi e superstiti della vicenda quarantennale della politica del PCI, augurando a quest’utimi lunga vita, scaricano gli errori del PCI tutti nel periodo post il crollo del muro , in particolare, assegnando ai dirigenti eredi “dello zoccolo duro” per usare un’espressione di Occhetto, il grave errore della distruzione del PSI. Essi pensavano, ed è vero, che con il giustizialismo, fosse possibile che la carovana venuta da lontano, attraversato il deserto ( di occasioni) approdasse ad un avvicendamento al potere DC con un governo della sinistra , incontaminata da un esame autocritico della vicenda italiana
Ritengo che i superstiti del gruppo dirigente del PCI dovrebbero limitarsi a offrire documenti e la memoria della personale vicenda agli studiosi di storia contemporanea. Studi e memorie dovrebbero servire ad aprire una discussione che coinvolga innanzitutto i giovani e chi ha vissuto come cittadino e come militante della sinistra il dramma del blocco della democrazia per 40 anni nel nostro Paese. E' un torto che si fa agli eredi, cooptati nel gruppo dirigente dopo l’esperienza della FGCI, tutta la responsabilità a loro e niente a chi li ha preceduti. In fondo, sono stati fedeli al detto "che i panni sporchi si lavano in famiglia", vigente nel PCI, e la famiglia si è assottigliata tanto da fare pensare alla generazione dei quarantenni, che valesse la pena di tenere i panni sporchi e semmai nasconderli.
Ma com’è possibile emendare da responsabilità l'ultimo grande leader del PCI, Enrico Berlinguer. Si può escludere Togliatti dalle responsabilità che pure ha avuto come dirigente internazionale del comunismo a conoscenza dei fatti, ( e posso essere d’accordo, sono entrato nel PCI nel '52 e il fascino mi prende ancora del grande dirigente). Togliatti aveva il problema di inserire le masse popolari italiane, escluse sempre dalla dialettica democratica, saldare, cementare masse e nuove istituzioni repubblicane, liberare le masse dalla tradizione massimalista anarchica e ribellistica. Inoltre, Togliatti, all’indomani della Liberazione, non poteva non tenere conto del forte influsso sulle masse popolari italiane esercitato dal prestigio dell'Urss, protagonista della sconfitta del nazismo e impegnata con la pace a vincere la sfida con il capitalismo nella costruzione di una società giusta e superiore di civiltà. Sono d'accordo con Macaluso su Luigi Longo che affrontò con coraggio la condanna dell'intervento sovietico a Praga e la difesa della primavera di Dubcek. Longo indicò la linea dell'unità organica con i socialisti per il nostro paese per avere un socialismo dal volto umano. Se il male non avesse colpito Luigi Longo, avremmo vissuto dei bei momenti, di reale autonomia internazionale, decisivi per il nostro paese, e non la morta gora dell’opposizione per altri vent’anni. Come si fa a giustificare soddisfacente il piccolo “strappo” di Berlinguer su" la fine della spinta propulsiva dell'Ottobre" ; lui sapeva che l'ottobre aveva instaurato un regime di oppressione in Russia e nei paesi satelliti. Né lo giustifica la sua convinzione che il comunismo emendato dai difetti del dispotismo orientale poteva essere la prospettiva di un cambiamento di società; lui aveva un compito "temporale" di dare risposta alla rappresentanza, e non una funzione escatologica per l’umanità in cammino verso i fini progressisti: i voti degli italiani per il PCI, che raggiunsero il 34%, non li aveva per fare il comunismo nè per stare con l'URSS, ma per andare al governo in democrazia, di essere alternativo alla DC, come avveniva nella democrazia europea per i partiti socialisti. Un’alternativa tra destra e sinistra condizione necessaria dopo vent'anni di governo DC per salvaguardia il sistema democratico instaurato con la caduta del fascismo e la promulgazione della Costituzione. L’ assenza di alternativa è un pericolo, come lo è oggi, non a causa di un nuovo fascismo, ma per la degenerazione del potere monopolista, iniziata dalla DC e continuato dal berlusconismo. Berlinguer in seguito alle vicende del socialismo Cileno aveva dato una sua prospettiva: il dialogo della sinistra, comunisti e socialisti, con i cattolici. Berlinguer configurava un compromesso storico tra le due famiglie radicate l'una nella critica della "economia politica del capitalismo", e contraria alla sostanziale disuguaglianza del sistema capitalista, e l'altra legata al messaggio evangelico dell'uguaglianza degli uomini e del solidarismo. Si poteva dissentire, ma era una strategia proposta dal segretario del maggiore partito d'opposizione e pertanto praticabile. Aveva trovato un interlocutore serio e onesto, Aldo Moro. Alcune forze della società italiana, quelli degli interessi retrivi, preoccupate dell'evolversi della sinistra cattolica e quelle ideologiche radicali preoccupati del revisionismo del PCI, convenirono oggettivamente, da ancora accertare in che misura soggettivamente, insieme alle grandi potenze dei due fronti, USA e URSS nell' aprire la fase dello stragismo e del terrorismo. Non è il caso di ricordare. Il PCI sostenne lotta al terrorismo, nessuna trattativa con chi insanguinava il Paese; la DC di Zaccagnini concordò. Moro viene assassinato e il cadavere portato provocatoriamente tra Botteghe Oscure e piazza del Gesù. Beh ! che cosa fa Berlinguer per onorare il sacrificio di Moro, coerentemente all'auspicata fase di dialogo tra le due “chiese”? dichiarò forse che non sarebbe finita la solidarietà nazionale? che sarebbe stato perseguita una politica di riforme democratiche per lo snidamento delle forze reazionarie di destra e del radicalismo ideologico a sinistra ? forse chiese garanzie di un governo di riforme secondo il messaggio di Moro No! Con la sua svolta di Salerno dichiarò che il Partito ritornava all'opposizione, come se non bastassero trent'anni già di opposizione. I giovani delle belle speranze della Resistenza e della ricostruzione del Paese, si avviavano già verso la terza età, e i giovani del '68 erano lontani, non avevano trovato durante il loro movimento una proposta di governo riformista della società italiana da parte del PCI che modernizzasse e adeguasse i diritti civili ai paesi europei e garantisse una mobilità sociale contro i privilegi. Forse Berlinguer non enunciò il compromesso storico, come strategia politica, ma come teoria? Era stato ammazzato dai terroristi delle Brigate Rosse l'interlocutore cattolico più importante e lui lasciava la DC di Zaccagnini sola nei guai? Forse Berlinguer non avrebbe dovuto togliere l'unico impedimento del Partito maggiore della sinistra italiana all'accesso a un governo dell'Occidente: cambiare il nome del partito e dichiarare che il Comunismo era fallito, aprendo una revisione di Livorno e chiamando i socialisti ad unirsi al progetto? Lo richiedeva il grande valore della prospettiva.
L’ anomalia dell’Italia rispetto ai paesi europei, dovuta in sostanza dal blocco della democrazia per quarant'anni, e l’incapacità della politica italiana di affrontare una situazione impensabile trent'anni fa, la globalizzazione, con una ridistribuzione mondiale della ricchezza, cresciuta in maniera eccezionale negli ultimi vent’anni, per opera della finanziarizzazione dell’economia, consentendo di raccogliere somme enormi di risparmio e d’investirli, con speculazioni pericolose, e con una divisione del lavoro a favore dei popoli che erano considerati in via di sviluppo o arretrati, in sostanza, i mali attuali dell’Italia, risalgono a ragioni molto lontane e noi ex comunisti ci siamo dentro alla pari di altre forze politiche e culturali.