FISMO: Battere la crisi si può
La Federazione dei negozianti di moda e abbigliamento aderente a Confersercenti interpreta i risultati della ricerca sulle buone pratiche messe in atto dai dettaglianti italiani e indica le strategie per affrontare e superare la crisi
Fismo ha reso noti i risultati della ricerca commissionata a Media Comunicazione con l’obiettivo di analizzare i comportamenti degli esercenti italiani del settore moda di fronte alla crisi ed evidenziare le leve di successo, prendendo in esame attività e risultati di quasi 800 punti vendita nel periodo ottobre 2011 – gennaio 2012, commercialmente cruciale poiché caratterizzato dallo shopping natalizio e dai successivi saldi di inizio anno.
La ricerca, condotta dall’equipe di Leonardo Ristori, ha messo in luce le tendenze generali e le differenze, di comportamento e di risultati, tra gli operatori delle grandi città (Milano, Torino, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Bari) e quelli dislocati nel resto del territorio.
In sintesi la ricerca mostra che il 2011 è stato un annus horribilis per 3 esercenti su 4, con una situazione leggermente meno fosca nelle grandi città in cui hanno sofferto due esercizi su tre. A gennaio la situazione è rimasta critica nonostante i saldi; leggeri miglioramenti solo per il 3% degli intervistati, che nelle grandi città si manifestano nella fascia di coloro che già avevano retto nel 2011; parallelamente, chi ha sofferto a fine anno, a gennaio non ha purtroppo avuto inversioni di tendenza.
Cosa fare contro la crisi? Principali leve di successo
Dalla ricerca sono emerse alcune linee di comportamento strategico, comuni per gran parte degli intervistati, che hanno dato tuttavia esiti diversi soprattutto in funzione delle capacità dei singoli esercenti di gestire non una singola attività bensì un mix coordinato mix di azioni. Nello specifico:
• la leva del prezzo, usata a piene mani in periferia e meno nelle grandi città, ha dato scarsi risultati quando è stata attivata da sola mentre è risultata utile a chi vi è ricorso nel contesto di un mix di azioni contemporanee (es. taglio del personale, assortimento mirato/segmentato, comunicazione, promozioni online e su sms);
• la riduzione degli approvvigionamenti ha toccato punte anche del 50%; i negozi abbattono il magazzino e riassortiscono sempre più sul venduto; cambia così il rapporto con i fornitori, a cui si chiedono lotti inferiori e prezzi inferiori (-10/15%) ma a parità di qualità, sulla quale non si transige. Alcuni hanno talvolta introdotto articoli di fascia medio-bassa ma solo per recuperare clienti, differenziarsi, fare promozioni o combattere i concorrenti;
• liquidazioni e vendite straordinarie hanno dato riscontri positivi solo quando abbinate alla comunicazione locale veicolata con più media (giornali, mail, sms);
• aperture straordinarie o prolungate hanno dato esito positivo solo nelle grandi città e solo quando ampiamente pubblicizzate;
• azioni particolari hanno premiato gli imprenditori più innovativi, che hanno avuto successo con politiche di fidelizzazione (recruiting nuovi clienti), campagne per tesserati (sconti, anticipo saldi, ecc.), negozi online, comunicazione via sms e/o mailing, e temporary store.
In sintesi dalla ricerca emerge chiaramente uno scenario di estrema difficoltà, che i rivenditori hanno però la possibilità di fronteggiare a patto di saper fare un salto di qualità manageriale, innovando nell’offerta, nel servizio ma soprattutto nella gestione e nella comunicazione del proprio punto vendita. E’ su queste leve che i dettaglianti italiani dell’abbigliamento e della moda potranno costruire il loro futuro.
Liberalizzare gli orari?
Una parte della ricerca ha indagato anche il sentimento degli esercenti sulla liberalizzazione degli orari. Il risultato è stato quasi un plebiscito: ben l’84% degli esercenti si è dichiarato assolutamente contrario, con punte del 90% nei grandi centri. La motivazione è stata unanime: orari più lunghi fanno crescere solo i costi, non le vendite. Sono favorevoli solo il 13% (10% nelle grandi città) degli esercenti, tipicamente in aree turistiche o negozi con più addetti e/o soci, a volte uniti in gruppi, quindi con surplus di capacità operativa. Pochi infine gli incerti, appena il 3%, rappresentativi di situazioni particolari come chi fa già aperture domenicali ma si oppone ad estensioni dell’orario giornaliero.
FISMO. Per importanza politico-sindacale e per forza organizzata è uno dei sindacati di categoria più forti della Confesercenti. Costituita nel 1979, conta oltre 24.500 iscritti su circa 165.500 imprese operanti in Italia. FISMO rappresenta le piccole e medie aziende che si occupano della distribuzione al dettaglio di articoli di abbigliamento, tessile, calzature, pelletteria e accessori moda ed è presente con propri gruppi dirigenti organizzati in tutte le province italiane. FISMO si è recentemente adoperata per regolamentare in modo più equilibrato l'ingresso della GDO nel settore moda, elaborare politiche tese a valorizzare la presenza commerciale al dettaglio nei centri storici e regolamentare le vendite di fine stagione, straordinarie e promozionali. Tra i compiti di FISMO c’è anche quello di fornire alla categoria nuovi strumenti di analisi e di programmazione capaci di creare le condizioni e le opportunità per agire all'interno di un mercato sempre più globale ma non globalizzante.
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