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Fuori la mafia dallo stato

24/11/10

una analisi dell'ex Pm Luigi de Magistris sulla stagione delle stragi del '93

Dopo la stagione stragista di cosa nostra degli anni 1992-1993, culminata nelle bombe di Capaci e via D’Amelio, realizzatasi anche a causa di condotte di pezzi delle istituzioni, le mafie hanno scelto di istituzionalizzarsi, di penetrare nell’economia (mafia imprenditrice) e nelle articolazioni dello Stato (mafia statuale). Questa “normalizzazione” e “legalizzazione” delle mafie si è realizzata anche attraverso l’azione dei poteri occulti di matrice massonica (deviata). Con il riciclaggio di milioni di euro di denaro sporco le mafie sono penetrate in tutti i settori economici, ovunque circola il denaro (calcio compreso). Con la penetrazione istituzionale – soprattutto nella gestione del denaro pubblico (finanziamenti europei, emergenza ambientale, protezione civile) - si sono consolidati i rapporti con la politica e con i pubblici amministratori. La corruzione è divenuta sistema (dazioni di denaro, incarichi, consulenze, poltrone). Le mafie garantiscono voti e denaro, ciò che serve alla politica. L’intreccio tra cricche e mafie, il rapporto organico tra politica e criminalità organizzata e le collusioni nella pubblica amministrazione e nelle istituzioni di controllo, consentono di far assumere al sistema criminale il volto rassicurante dello Stato. Utilizzano la legge, l’atto amministrativo, il provvedimento giudiziario, la carta da bollo, per perseguire il disegno criminale. Il consolidamento della mediazione tra criminalità organizzata e istituzioni è stato realizzato dai poteri occulti: dalla P2 alla P3. Un governo occulto della cosa pubblica. Nei luoghi in cui si riunisce la borghesia mafiosa si decidono anche leggi, provvedimenti amministrativi, punizioni di servitori dello Stato, epurazioni di giornalisti, il sovvertimento “legale” dell’ordine costituzionale. Questo disegno autoritario gode di sponde istituzionali di alto livello e si avvale della strategia delle tensione dell’(ab)uso del diritto. Se non si spezza l’intreccio tra mafia e politica la criminalità organizzata non sarà sconfitta. Questo legame, in continuità con la P2 degli anni 70-80, è stato preservato anche per il ruolo deviato di magistrati e appartenenti alle forze dell’ordine e servizi segreti. L’elenco è lungo: gli ostacoli che ebbero Falcone e Borsellino da parte di magistrati, il ruolo dei servizi nell’attentato dell’Addaura, le stragi (in particolare via D’Amelio) e il coinvolgimento di esponenti dei servizi, la trattativa tra pezzi di Stato e mafia, l’emergere di magistrati e servizi nelle indagini di Catanzaro e Salerno sulla Nuova P2 e di Roma sulla P3. Spesso il SISDE. Queste convergenze parallele hanno consolidato il rapporto tra mafie e politica. Se si connettono talune indagini giudiziarie degli ultimi anni la verità è vicina ed è necessaria per far fuori la mafia dallo Stato. La magistratura e le forze dell’ordine sane non abbiano paura e chi sa parli prima che sia troppo tardi e che si consolidi la strategia della tensione.



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