ARTE E CULTURA
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Il Brigantaggio nel Mezzogiorno d'Italia - Lucania o Basilicata

09/02/21

Se si osserva la storia italiana degli ultimi secoli scopriamo che Mafia e Camorra erano già presenti nel napoletano, come anche il fenomeno del brigantaggio e che i camorristi hanno goduto sempre di una certa simpatia presso briganti e popolazione, forse perché la camorra è originaria di Napoli ed è la più antica organizzazione criminale d’Italia… ma, forse perché il popolo vedeva nella camorra una opportunità di riscatto, proprio come fu per il brigantaggio postunitario.

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Da bambina la mia nonna mi raccontava che quando aveva la mia età, la bisnonna per indurla all’obbedienza così la minacciava:
“Fai la brava, sennò arrivano i Piemontesi e ti portano via.”
E, non sembrandole sufficiente la minaccia piemontese, rincarava:
“... e se non lo fanno quelli, ti porteranno via i Briganti.”
Briganti e Piemontesi!
Mia nonna sorrideva sempre quando pronunciava questi due nomi: Briganti e Piemontesi. Uno strano sorriso, che sollecitava la mia curiosità di bambina. I Piemontesi sappiamo tutti chi sono, i Briganti, forse, no! La gente del posto, però conosceva bene gli uni e gli altri perché doveva difendersi da entrambi... Parlo del Mezzogiorno d'Italia. Parlo della Lucania. Parlo di paesi come Avigliano, Filiano, Lagopesole, Rionero, e altri ancora…
Il brigantaggio, con connotati di banditismo, ha interessato l'intera Italia fin dai tempi remoti; comunemente,però, è inteso come quel fenomeno che ha caratterizzato gli eventi storici del nostro Paese tra la fine del XVIII secolo e i primi anni postunitari, poiché in quella fase ebbe un ruolo determinante.
Corre l’anno 1861 e il 17 marzo viene proclamato il Regno d’Italia.
"L'Italia è fatta, ora bisogna fare gli italiani..."
La ricordate questa frase? E' rimbalzata sui banchi di scuola di tutto l'italico stivale. La pronunciò Massimo d'Azeglio, primo ministro del Regno di Sardegna, il quale, però, aggiunse anche:
"I nemici più nemici degli italiani sono gli italiani stessi"
Possiamo dargli torto? Ecco quello che gli Italiani pensano degli altri Italiani dalla cima al fondo dello stivale e non si tratta di semplice campanilismo.
"Torinesi falsi e cortesi." si sente dire al sud, ma dal nord rispondono:
"Napoletani larghi di bocca e stretti di mano" che poi significa la stessa cosa.
Tre anni dopo, però, nel 1864, una volta "fatti gli italiani" il conte Cavour, gran viaggiatore, che però aveva sempre disdegnato di viaggiare in Italia, così scriveva:
"«Meno male che abbiamo fatto l’Italia prima di conoscerla».
Al che,il grande Massimo d'Azeglio rispondeva:
"...Ora scontiamo noi l’ignoranza di Cavour delle varie parti della penisola. Voler agire su un Paese senza averlo neppure veduto»
Per quattro anni, dal 61 al 65, si assistette, nel Sud, ad un fenomeno sociale assai particolare passato alla storia con il nome di “Grande Brigantaggio”, che tenne seriamente impegnato l’esercito piemontese.
Si trattava, invero, di un movimento armato non nuovo che condizionava il territorio già da tempi remoti, bande di fuorilegge particolarmente violenti che taglieggiavano popolazione e viaggiatori. Piuttosto bene organizzati, operavano in tutto il Mezzogiorno tra la fine del XVIII secolo, come già detto, e i primi anni successivi alla proclamazione del Regno d’Italia.
Indice di un grosso disagio sociale, miseria, soprusi ed angherie, le attività criminose di questi malviventi, raggruppati in bande, fecero certamente da freno al progresso civile ed economico della Basilicata, come del resto d’Italia. Duramente repressa in alcuni periodi, questa criminosa attività venne tuttavia regolarmente utilizzata dal potere per fini politici e personali.
I cambiamenti epocali non sono mai indolori e l’unificazione d’Italia fu veramente un cambiamento epocale. Molti i fattori che lo determinarono e che condussero alla nascita di numerose bande in cui trovarono rifugio delinquenza comune, fughe, rivolte... Tutto passò attraverso quella realtà: il sopruso, il delitto comune, la coscienza politica, ecc. e così, la protesta singola divenne ribellione di gruppo.
Ancora, mia nonna, raccontava, di bande di briganti che bussavano alle porte di contadini… soprattutto in casolari isolati… e sedevano alle loro tavole, ospiti non invitati, gozzovigliando per la notte intera, senza rispetto né misura, a spese di gente già povera e misera.

Quelle bande erano specchio delle angherie, delle vessazioni e delle violenze di cui erano vittime le popolazioni del Mezzogiorno, costituite da contadini e nullatenenti, nei primi anni successivi all'unificazione. Nulla, però, potrà mai attenuare o giustificare la loro ferocia, pur sollecitata da miseria e abbruttimento.
Facile, dunque, immaginare i disagi economici e psicologici di genti per nulla protette da uno Stato appena formato che aveva altri progetti, mire e propositi. I contadini, quelli che possedevano qualche ettaro di terra, conducevano già una vita grama, ma i “cafoni”, quelli che non possedevano nulla, si ritrovarono davvero alla disperazione ed in condizioni peggiori di quelle vissute ai tempi dei Borboni.
Per chi non conoscesse il significato di questa parola: “cafoni”... ebbene... appena dopo i moti del Risorgimento, furono una vera vergogna per il Paese e l’appena costituito Stato, il degrado totale e le disumani condizioni di vita di queste persone: contadini senza terra né altre risorse se non una miseria estrema. Miseria grande quanto la ricchezza dei loro antagonisti: i “galantuomini”, ricchissimi latifondisti che si sentivano superiori per diritto naturale, ma sopratutto diritto indiscusso. Due realtà contrapposte, destinate a scontrarsi in una lotta di classe che conobbe la vergogna di vedere lo Stato appoggiare la classe già favorita dalla sorte.
Le cause di queste rivolte sono da ricercare, dunque, anche nella frustrazione di queste masse che si trovarono tradite da uno Stato che non manteneva promesse: «la terra», assicurata da Garibaldi durante la sua ”Spedizione”.
Nasceva la “Questione meridionale” . Nasceva da quali presupposti? Nasceva dal presupposto di una arretratezza culturale oltre che economica di una società considerata inferiore per le sue usanze e tradizioni . Ciò nonostante che a Napoli le strade fossero di notte illuminate da lampade a gas e Torino invece no e nonostante che la prima ferrovia italiana fosse stata costruita a Napoli e non a Torino e ciò, nonostante tante altre cose... Però mancavano strade, lavoro, scuole... C'erano invece miseria e disoccupazione, ulteriormente peggiorate dalla politica doganale di Cavour e c'era la chiamata di massa alla leva, che per la gente del sud significava troppo tempo lontano da casa e la mancanza dell’unico mezzo di sostentamento della famiglia, ossia il lavoro nei campi.
La renitenza fu grande, ma la risposta del novello Stato fu drammatica, tragica e violenta.
E qui, la minaccia della mia bisnonna alla nonna “Arrivano i Piemontesi” diventa comprensibile.
“Ecco cosa scrive lo storico lucano Tommaso Pedio:
“La mattina del primo febbraio reparti regolari si portano nei piccoli centri abitati...vengono rastrellati tutti i giovani dall’apparente età dai 20 ai 25 anni. Tra questi non vi sono i figli del sindaco e degli ufficiali e dei militi della Guardia Nazionale, né i figli dei loro amici. Nessun galantuomo, nessun civile, soltanto poveri contadini ai quali nessuno ha mai detto perché sono venuti quei soldati. Non si limitano a dichiarare e a trattenere in arresto come disertori o renitenti alla leva i giovani rastrellati. In alcuni casi, a Castelsaraceno, ad esempio, a Carbone e nei casali di Latronico, fucilano sul posto e senza dar loro la possibilità di giustificare la presunta renitenza alla leva, numerosi giovani i quali non hanno mai saputo della chiamata alle armi
Ecco perché si divenne briganti: per legittima difesa contro quella che si considerava una invasione straniera. Si trattava, tuttavia, di una tragica pagina della Storia d'Italia a cui occorreva dare una giustificazione. La gravità dei fatti, però, non trovava giustificazioni: minimizzare i fatti non giova alla questione e neppure conferirle un alone di "romanticismo,come accadde soprattutto dopo i fatti del napoletano. E' necessaria, invece, una ricostruzione storica dei fatti, così come suggerito da Gramsci. (continua)

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