Il FITOCOMPLESSO: l’armonia segreta della natura
Il Fitocomplesso è vincente rispetto a qualsiasi molecola di sintesi. Nel fitocomplesso ritroviamo non solo il principio attivo, bensì un’orchestra di tanti altri principi che la natura intelligentemente ha custodito in quel fitocomplesso, armonizzandolo al meglio. "Il tutto è più grande della somma delle parti" (Ibn Sina).
Le droghe delle piante medicinali racchiudono un'insieme di composti chiamato fitocomplesso, il quale viene definito: entità biochimica complessa che rappresenta l'unità farmacologica integrale delle piante medicinali.
Tale entità possiede i seguenti requisiti (4):
1) È dinamica poiché si forma attraverso la mutua relazione e la concomitante presenza di molteplici molecole (oligoelementi, sali minerali, vitamine, enzimi ecc.).
2) I suoi costituenti considerati isolatamente mostrano qualità biologiche modificate, ridotte o addirittura annullate.
3) Le funzioni biologiche delle singole molecole interagenti che lo formano sono complementari e producono, oltre ad azioni specifiche su funzioni od organi isolati, anche effetti generali sull'intero organismo. I risultati terapeutici inoltre, sono diversi e più complessi di quelli ottenibili con l'uso dei soli principi attivi contenuti nelle stesse piante (4, 17).
4) Il fitocomplesso può difficilmente essere studiato analiticamente con metodiche che ne rompono l'unità e il dinamismo, ma può venire efficacemente testato attraverso gli effetti clinici che produce nei soggetti che lo utilizzano (4, 10).
5) Tale unità farmacologica mostra di possedere anche proprietà nutritiva e di modulazione dell'omeostasi cellulare e tissulare, poiché la sua azione tende a coadiuvare le funzioni vitali della cellula piuttosto che a sopprimerne alcune: da qui gli effetti generalmente lenti e duraturi, la buona tollerabilità e il suo uso piuttosto maneggevole (3, 4, 10, 13, 16).
Un fitocomplesso che per la sua semplicità viene portato ad esempio è quello degli agrumi. I suoi costituenti sono noti, sia a livello di struttura molecolare che di funzioni biologiche proprio perché rappresentati da poche molecole.
Il Complesso C nasce dall'interazione dinamica di due molecole: il fattore C1 noto come acido l-ascorbico o vitamina C, e il fattore C2 corrispondente a un pentaidrossi-flavanolo. L'importante funzione biologica del Complesso C consiste nel determinare l'eugenesia del collagene, una delle proteine più abbondanti del regno animale e sintetizzata dai fibroblasti del tessuto connettivo (4, 14). Gazave nel 1977 ha dimostrato che 1 ml di succo di agrumi per 100 g di peso corporeo e per giorno è in grado di inibire la comparsa dello scorbuto (ipertrofia gengivale, ipercheratosi follicolare delle mucose orali e genitali, ecchimosi diffuse, emorragie intracutanee, sottoungueali, sottocongiuntivali ecc.) negli animali da esperimento (cavie) alimentati con una dieta scorbutigena (miscela di cellulosa, amido, caseina, sali, vitamina e olii vitaminizzati).
Proseguendo nella ricerca, egli frazionò il succo di arancia in due parti: una prima frazione conteneva la totalità dell'acido l-ascorbico (fattore C1), e una seconda era completamente priva di vitamina C. Si appurò che le due frazioni somministrate isolatamente non erano in grado di impedire l'insorgenza dello scorbuto negli animali da esperimento sottoposti a dieta scorbutigena. Riunendo le due frazioni la miscela riacquistava le proprietà antiscorbutiche caratteristiche del succo di agrumi originale. Mentre il fattore C1 o vitamina C era noto da molti decenni, solo nel 1974 Gazave e coll. hanno determinato la struttura molecolare del fattore C2 che corrisponde al cis pentaidrossi-3', 4', 5', 5, 7 flavanol-3. Tale composto è instabile e in presenza di luce e ossigeno polimerizza con facilità perdendo ogni proprietà antiscorbutica (4).
Nel succo degli agrumi esso esiste in forma stabile come estere galatturonico incluso nella frazione peptica. Senza entrare nella descrizione dei meccanismi attraverso i quali i fattori C1 e C2 partecipano contemporaneamente alla formazione del collagene, diciamo brevemente che essi intervengono, attraverso una catena di ossido-riduzione, nelle reazioni di idrossilazione della prolina e della lisina che sono catalizzate da due metallo-enzimi: la peptidil-prolina idrossilasi e la peptidil-lisina-idrossilasi, entrambi contenenti un atomo di ferro che nel corso della reazione passa alternativamente dallo stato ferroso (Fe++) allo stato ferrico (Fe+++) (3, 15, 19).
In questo caso dunque il Complesso C è in grado di esplicare la sua funzione biologica nella corretta sintesi del collagene solo attraverso la simultanea interazione tra le due molecole costituenti. I due fattori separati non sono in grado di riprodurre l'azione biologica del Complesso C che si manifesta pertanto come un'entità biochimica dinamica e unitaria.
È questa una delle caratteristiche che viene considerata tipica dei fitocomplessi in generale, e ciò avvalorerebbe la fondatezza dell'antica ipotesi, basata su acquisizioni empiriche, dell'utilità di somministrare in terapia le droghe o i loro estratti totali piuttosto che frazioni più o meno purificate di esse.
Probabilmente la ragione di questa intuizione, spesso verificata e giustificata anche sul piano sperimentale, è da ricercare nel fatto che ogni pianta è un'unità farmacologica e soltanto attraverso l'integrità strutturale del suo fitocomplesso essa può esercitare il suo massimo di attività (3, 4, 16).
Altro esempio: l'estratto delle foglie di Ginkgo biloba, la cui attività inibente i radicali liberi di ossigeno dipende dai suo contenuto in ginkgolidi e in bilobalide. Nonostante i ripetuti studi, non è mai stato possibile utilizzare come farmaco alcun singolo ginkgolide o il bilobalide perché, evidentemente, la piena potenza farmacologica di queste sostanze si esplica solo quando si trovano nella miscela complessa che la natura fornisce già pronta.
Ciò può essere spiegato pure con il fatto che, nella pianta o in una sua preparazione, accanto ai costituenti noti per la loro attività farmacologica possono coesistere costituenti ignoti anch'essi attivi. È questo il caso dell'estratto idroalcoolico di Iperico: il costituente attivo di questo estratto è l'iperforina, che come sostanza pura esplica attività antidepressiva impedendo la ricaptazione della serotonina e dell'epinefrina a livello sinaptosomale.
Tuttavia, l'estratto esplica un'attività antidepressiva perché inibisce la ricaptazione della serotonina, dell'epinefrina e della dopamina: è evidente che nell'estratto, oltre all'iperforina, esistono una sostanza o delle sostanze almeno per il momento ignote che inibiscono la ricaptazione della dopamina. Quindi, l'iperico costituisce l'esempio di un estratto il cui profilo farmacologico è diverso e più completo rispetto a quello del suo costituente attivo noto. Si potrebbe peraltro ipotizzare anche che i costituenti attivi non siano manipolabili senza provocare, come avviene per alcuni composti solforati presenti nell'aglio, la loro degradazione e la conseguente perdita dell'attività farmacologica (28).
Addirittura a volte si nota che la droga conserva l'azione farmacodinamica anche dopo la sottrazione del principio attivo: nella valeriana vengono attribuite le note proprietà ipnotiche ai valepotriati, ma tali proprietà persistono, in misura ridotta, anche in assenza di questi; la passiflora fornisce frazioni efficaci con effetto sedativo e antinocicettivo anche se prive di flavonoidi come la vitexina che viene comunemente considerata principio attivo con cui si titolano gli estratti; il luppolo, accanto alle note proprietà estrogenizzanti dovute ad una frazione ad alto peso molecolare, svolge azione sedativa, soporifera e antispasmodica grazie a un composto semplice, il 2-metil-3-buten-2-olo presente nell'olio essenziale. Ma gli stessi effetti sul sistema nervoso vengono prodotti anche dagli acidi amari floroglucinolici come il 3-isopentenilfloroisovalerofenone, l'humulone, il lupulone, il colupulone ecc. presenti nella stessa droga.
Tutto ciò sta portando a un profondo cambiamento nella considerazione dei principi attivi come responsabili dell'azione farmacodinamica delle droghe: ci si è resi conto che ogni fitocomplesso non possiede una gamma circoscritta di prerogative, ma che ad attività principali dimostrate con la sperimentazione farmacologica e clinica, si affiancano numerose altre attività secondarie correlabili alla cosiddetta sinergia operata fra i composti presenti nella droga.
Tutto ciò può contribuire a definire, per ogni pianta ben studiata, una sorta di “profilo terapeutico” (3, 4, 10, 16). Secondo una delle attuali correnti di pensiero filosofico, due operazioni logiche, la disgiunzione e la riduzione, che peraltro hanno permesso conoscenze straordinarie del mondo fisico, biologico e psicologico hanno portato a trovare il contrario di ciò che si cercava: non la semplicità ma la complessità. Il significato etimologico di tale vocabolo è “fili diversi tessuti insieme”: come hanno dimostrato per vie differenti sia la fisica sia la biologia, la vita non è riconducibile a una sostanza o a una legge, ma è un fenomeno di auto organizzazione estremamente complesso, e il pensiero lineare ben difficilmente può comprenderlo.
Facendo tesoro di questa esperienza la scienza potrebbe accettare la complessità, archiviando il riduzionismo come un passo falso (18), o meglio, utilizzandolo come strumento per produrre ipotesi di lavoro.
FITOTERAPICI COME INTEGRATORI ALIMENTARI
Da un punto di vista normativo i fitoterapici a secondo della finalità d’uso, della modalità di registrazione e di immissione in commercio possono anche seguire la normativa degli integratori alimentari (2002/46/CE). Gli integratori alimentari sono prodotti che ricadono tra gli alimenti e, pertanto, nel panorama normativo che regolamenta quest’ultimi in materia di sicurezza, etichettatura e claims. In Italia, per l’immissione sul mercato di prodotti fitoterapici registrati come integratori alimentari è richiesta una notifica al Ministero della Salute.
L’attuale normativa vigente sul territorio dell’Unione Europea comprende il regolamento (CE) 178/2002 che definisce un alimento come “qualsiasi sostanza o prodotto trasformato, parzialmente trasformato o non trasformato, destinato a essere ingerito, o di cui si prevede ragionevolmente che possa essere ingerito, da esseri umani”, con il presupposto che tali sostanze o prodotti abbiano una storia di consumo alimentare sul territorio comunitario Europeo. Tutte le sostanze o prodotti che non soddisfano il sopramenzionato requisito vengono classificati come nuovi alimenti in accordo a quanto previsto dal regolamento europeo 2015/2283 (normativa sui “novel food”) e devono ottenere una preventiva autorizzazione della Commissione europea, che viene rilasciata solo dopo l’accertamento della sicurezza alle quantità di assunzione proposte da parte della European Food Safety Authority (EFSA), sulla base del dossier presentato dal richiedente. Ai sensi del regolamento (CE) 1924/2006, per gli integratori alimentari non è ammessa la rivendicazione di proprietà terapeutiche, che rimangono esclusive dei farmaci. In virtù di ciò, gli integratori alimentari sono prodotti di libera vendita.
Alessandro Formenti intesto estratto da: LE MEDICINE COMPLEMENTARI a cura di P. Bellavite, A. Conforti, A. Lechi, F. Menestrina, S. Pomari O.M.C. Verona © Utet periodici, Milano 2000
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27) Monti L: Introduzione alla Fitoterapia. Milano, SIFIT Ed., 1999
28) Rombi M: 100 piante medicinali. Romart Ed., 1993
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