ECONOMIA e FINANZA
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Il lavoratore assolto dall'accusa di furto può comunque essere licenziato

09/02/15

Vi è autonomia tra il procedimento penale ed il procedimento disciplinare.

Un lavoratore con le mansioni di supervisore viene trovato in possesso di alcuni beni prodotti dall'azienda.

Il datore di lavoro denuncia il dipendente per furto e si apre così un procedimento penale a carico dello stesso.

Contestualmente l'azienda apre anche un procedimento disciplinare, finalizzato ad applicare sanzioni adeguate nei confronti del lavoratore.

Il procedimento penale, tuttavia, si conclude con l'assoluzione del dipendente, in quanto viene accertato l'esiguo valore dei beni sottratti.

Nonostante la pronuncia di assoluzione in sede penale, però, il datore decide comunque di concludere il procedimento disciplinare con l'applicazione della sanzione più grave, vale a dire il licenziamento.

A questo punto il lavoratore impugna il recesso e, dopo vari gradi di giudizio, la questione finisce in Cassazione.

Secondo la Corte vi è autonomia tra il procedimento penale ed il procedimento disciplinare.

Se è vero infatti che, in caso di condanna in sede penale, i fatti ivi accertati possono essere messi alla base del licenziamento in sede disciplinare, al contrario, l'assoluzione nel giudizio penale non comporta l'automatica illegittimità del licenziamento intimato.

Il principio che se ne ricava è che l'assoluzione in sede penale può comunque portare al licenziamento del lavoratore.

Occorre infatti esaminare bene la condotta posta in essere dal dipendente e valutare se essa è idonea o meno ad incrinare il rapporto di fiducia con il datore di lavoro.

Nel caso di specie, nonostante la modesta entità del danno subìto dall'azienda, la condotta tenuta dal lavoratore è stata comunque ritenuta sufficiente ad incrinare il rapporto di fiducia con il datore ed a porre in dubbio la futura correttezza dell'adempimento lavorativo da parte del dipendente.

Ciò anche in considerazione del fatto che il lavoratore svolgeva la funzione di controllore e che il suo comportamento era idoneo a costituire cattivo esempio per gli altri dipendenti.

La Corte di Cassazione ha quindi annullato la decisione di secondo grado ed ha rinviato la controversia alla Corte d'Appello, la quale dovrà nuovamente pronunciarsi sulla legittimità del licenziamento, uniformandosi al principio stabilito.



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