SALUTE e MEDICINA
Comunicato Stampa

Il tumore può essere «REVERSIBILE»

La reversione tumorale è la trasformazione spontanea o terapeuticamente indotta delle cellule tumorali da maligne a benigne. E una affermazione importante. Davvero potente. Ma soprattutto non è una novità.

FotoNonostante ancora oggi risulti difficile pensare che il tumore possa essere una patologia reversibile poiché considerata di natura genetica, come afferma lo stesso National Cancer Institute Americano, ricerche in direzioni diverse ci riportano addirittura a metà del secolo scorso. Mentre la maggior parte degli scienziati e oncologi rivolgevano la loro attenzione e le loro ricerche nel mappare il DNA e individuare i singoli geni che potevano essere responsabili della insorgenza tumorale alcuni ricercatori guardavano "oltre".

Se oggi digitiamo la frase reversibilità tumorale sul più importante motore di ricerca medico mondiale, Pub Med, riconosciamo diverse migliaia di studi relativi all' argomento.

Articoli scientifici che aumentano progressivamente nel tempo, soprattutto a partire dai primi anni del nuovo millennio, per arrivare alle oltre quattordicimila unità alla fine dell'anno in corso (2024), segno evidente di una crescente attenzione del mondo medico per l'argomento.

Già dalla fine degli anni '60 del Novecento gli studi sperimentali del professore R. G. McKinnell della Tulane University di New Orleans evidenziavano come cellule tumorali renali di rana impiantate in ovociti attivati davano origine a girini sani. Segno evidente che la mutazione tumorale nell'anfibio adulto veniva "controllata" dal microambiente embrionale.

Pochi anni dopo all'lnstitute for Cancer Research di Philadelphia i ricercatori B. Minz e K. Illmense impiantavano cellule tumorali di teratocarcinoma da modelli murini di pelo scuro malati su femmine gravide a pelo bianco sane. La prole, pur presentando segni di ibridazione genomica evidenziata dal colore bianco e nero, nasceva sempre sana. Nel microambiente embrionale veniva bloccato lo sviluppo del tumore.

Successivamente con il lavoro di Berry Pierce della University of Colorado di Denver si arrivava a riconoscere che i processi che guidano lo sviluppo embrionale sono gli stessi che controllano le cellule tumorali. Il microambiente embrionale era in grado di riprogrammare le cellule tumorali normalizzandole (cellule sane) o inducendole all'apoptosi (suicidio programmato delle cellule malate).

Recentemente è stato pubblicato il primo studio al mondo che ha sistematizzato gli oltre 80 anni di ricerca su questo argomento. A realizzarlo è stato il ricercatore Andrea Pensotti «È questo il paradosso. Io stesso non conoscevo questi studi e quando ne ho sentito parlare ho scelto proprio questo tema di ricerca per la mia tesi di dottorato, lavorandoci per più di tre anni. Esiste una storia di oltre 350 pubblicazioni scientifiche realizzate da diversi laboratori in tutto il mondo nel corso degli ultimi 80 anni. A livello scientifico, quindi, le evidenze sono addirittura più solide di molte altre evidenze di cui si parla tanto ma che hanno magari meno solidità sperimentale».

"Esponendo le cellule tumorali - spiega Pensotti - alle sostanze che nell'embrione guidano la differenziazione cellulare e la formazione di organi e apparati, è possibile indurne la conversione in cellule benigne". Il meccanismo, che è allo studio tra l'altro proprio dal System Biology Group Laboratory, permette un mutamento a livello di espressione dei geni che rinormalizza le cellule tumorali e fa perdere loro la capacità di disseminare metastasi.

"Quello che bisogna comprendere di questo tema - continua Pensotti - che nel caso di specie abbiamo a che fare con una notevole quantità di meccanismi biologici interconnessi tra loro che partendo dall'ambiente embrionale giungono fino alla reversione tumorale. Alcuni di questi meccanismi agiscono su una determinata proteina che favorisce l'aggressività tumorale, riducendone la presenza, altri toccano il citoscheletro delle cellule e cosi' via. Noi siamo riusciti a individuare alcuni di questi meccanismi, quelli che riteniamo al momento i maggiormente rilevanti nella azione di reversione, ma è il complesso delle interazioni tra cellule tumorali e ambiente embrionale che porta il risultato".

Da qui l'idea di sottoporre a brevetto proprio l'utilizzo delle sostanze dell'ambiente embrionale nel loro complesso per trattare i tumori. "Si tratta di una sfida anche normativa oltre che scientifica assai complessa - aggiunge Pensotti - una volta ottenuto il brevetto si tratterebbe di iniziare la lunga strada della sperimentazione dalle colture in laboratorio sino alla sperimentazione umana, ma dato che i sistemi regolatori sono tarati su cure legate a specifiche sostanze e non ad approcci sistemici potremmo avere delle difficoltà a ottenere le autorizzazioni finali. La nostra speranza è che le nostre ricerche possano allargare l'orizzonte anche delle autorità di regolamentazione per comprendere anche trattamenti multifattoriali".

Una sfida resa ancora più difficile dal fatto che al momento non stanno venendo testate soluzioni farmacologiche basate sull'approccio della reversione tumorale. "Questo va sottolineato - conclude Pensotti - per non indurre false speranze. Detto ciò si tratta di una linea di ricerca che rimonta addirittura a Watson, uno dei padri della ricerca genetica, e che nel tempo ha dato molti frutti promettenti. A noi spetta ora il compito di riprendere in mano questa eredita' e portarla avanti".

Il controllo della crescita tumorale avviene nelle fasi di sviluppo embrionale inducendo le cellule tumorali a perdere le loro caratteristiche maligne e tornare a esprimere un comportamento benigno. Il "controllo" dello sviluppo tumorale avviene solo in momenti specifici dello sviluppo embrionale.

Gli embrioni nelle loro prime fasi di sviluppo presentano quindi caratteristiche che li proteggono dalla proliferazione tumorale sia quando si prova a impiantarne cellule tumorali ma anche qualora esposti ad agenti cancerogeni. La chiave della soluzione era quindi il microambiente embrionale ma più precisamente le sostanze che qui si formavano durante il processo di embriogenesi.

Esperimenti simili furono realizzati dal Dott. Pier Mario Biava dell'IRCCS Multimedica di Milano.
Il dr. Biava scelse di utilizzare le uova di Zebrafish, un piccolo pesce tropicale geneticamente compatibile con l'uomo, per i suoi esperimenti che confermarono i dati sulla riduzione del tasso di proliferazione cellulare maligna. Scoprì infatti che mentre i tumori impiantati nell'organismo di Zebrafish crescevano e proliferavano, impiantati nelle sue uova venivano in qualche modo ostacolati fino a sparire. Riuscì ad individuare i vari meccanismi molecolari con cui i fattori di differenziazione delle cellule staminali normali, prelevati dall'embrione di Zebrafish, fossero in grado di differenziare o di condurre alla morte cellulare programmata le cellule tumorali. Identificò quindi quali sostanze all'interno delle uova di Zebrafish avevano queste proprietà.

Nel 2007 la prestigiosa rivista Nature pubblicò un articolo dove veniva dimostrato come le cellule tumorali si comportassero in maniera molto simile a quelle staminali e nello specifico furono studiate quelle del pesce Zebrafish. L'ipotesi di studio era quella che considerava la cellula tumorale come una cellula che tornava verso il suo stato arcaico, quando cioè era staminale, e si comportava come tale. Il suo sviluppo però non avveniva più nel microambiente embrionale, dove erano presenti tutte le sostanze che ne controllavano e coordinavano la crescita in modo fisiologico, ma in organi maturi di soggetti ammalati che avevano perso o ridotto i fattori di controllo embrionali consentendo al tumore di svilupparsi.

Con l'apporto dei fattori di differenziazione (peptidi) avviene il blocco del ciclo cellulare tumorale attraverso l'attivazione di molecole fondamentali, quali il gene onco-soppressore p55, che controllano il ciclo cellulare. Durante l'arresto del ciclo cellulare vengono riparati i danni genetici, che sono all'origine della malignità e le cellule si ri-differenziano, oppure, se le mutazioni non sono riparabili, vengono attivati i geni della morte cellulare spontanea (apoptosi) bloccando la crescita cellulare tumorale. Da questo punto di vista il cancro risulta una patologia reversibile.

E probabilmente necessario un cambio di paradigma accettando di affiancare alle classiche terapie antitumorali, quali chirurgia e chemioterapia, rimedi biologici multicomponente in grado di agire sui diversi meccanismi patogenetici tumorali.

LO STUDIO SU CELLULE DI TUMORE AL SENO
Più recentemente il gruppo di ricerca guidato dal Prof. Mariano Bizzarri è riuscito a fornire nuovi dati utili per far luce su alcuni dei meccanismi coinvolti in questi processi di reversione del fenotipo tumorale.
E’ stato somministrato a una linea cellulare aggressiva di tumore al seno (MDA-MB-231) specifiche sostanze estratte sia da uova di zebrafish sia da uova di trota. A seguito di questo trattamento abbiamo osservato il dimezzamento del tasso di proliferazione tumorale e la riduzione della capacità migratoria e invasiva delle cellule tumorali, aspetti che caratterizzano l’aggressività di un tumore. Restava da capire quali fossero le sostanze principali presenti nell’estratto coinvolte in questi meccanismi di “reversione tumorale” e risposte interessanti sono state trovate nei micro-RNA.

In letteratura è ormai noto che i micro-RNA (è importante specificare che i micro-RNA sono diversi dagli mRNA dei vaccini) sono dei veri propri segnali biologici che guidano i processi di sviluppo embrionale.
L’evoluzione da una singola cellula uovo fecondata a un organismo vivente necessita di precise istruzioni quali, per esempio, le coordinate spaziali lungo le quali svilupparsi e i segnali biologici in grado di coordinare i processi di differenziazione e organizzazione cellulare. I micro-RNA hanno un ruolo centrale proprio in questi processi. Per tali ragioni l’orientamento di studio è stato rivolto ai micro-RNA contenuti negli estratti di uova di zebrafish e di trota. E’ stato così identificata una serie di micro-RNA effettivamente coinvolti sia nei processi di embriogenesi sia in quelli di reversione fenotipica delle cellule tumorali. Nello specifico si è osservato come le cellule di tumore al seno, quando entrano in contatto con questi segnali biologici, modificano il loro comportamento attraverso il rimodernamento del citoscheletro. A seguito di questi processi riacquistano una morfologia meno frastagliata e perdono la capacità di migrare e invadere altri tessuti. Un altro dato interessate è stata la riduzione dei quantitativi di TCTP. La TCTP è una proteina altamente conservata presente in quasi tutti gli eucarioti, che esercita diverse funzioni fisiologiche tra le quali quelle di favorire i processi di cicatrizzazione.

Purtroppo le sue caratteristiche la rendono anche una proteina che favorisce la proliferazione delle cellule tumorali e ne blocca i processi di apoptosi. Anni fa il ricercatore francese Adam Telerman ipotizzò che un modo per favorire la reversione tumorale potesse essere la riduzione dei livelli di TCTP. I risultati ottenuti sembrano proprio confermare questa ipotesi.

LA RICERCA SULLA REVERSIONE TUMORALE: LIMITI E PROSPETTIVE
Nonostante queste ricerche, e qui ne sono state citate solo una piccola parte, ancora oggi risulta difficile pensare che il tumore possa essere una patologia reversibile. Cambiare prospettiva è veramente complesso perché necessita il coinvolgimento di un intero sistema fatto di ricerca, finanza, industria e organizzazione sanitaria. Emblematico è, per esempio, il fatto che gli estratti di microambiente embrionale testati in questi decenni non potrebbero essere registrati come farmaci. Questa limitazione di natura regolatoria chiaramente inibisce l’interesse delle multinazionali a orientarsi verso lo studio di un mix di sostanze che esercitano un’azione di segnale e non strettamente farmacologica. Eppure per patologie complesse è ragionevole ipotizzare rimedi multicomponente in grado di agire sui diversi meccanismi biologici che tutti insieme concorrono ai processi patologici.

La strada dunque è ancora lunga ma gli ormai solidi dati scientifici hanno segnato il percorso: al fianco delle classiche strategie terapeutiche che mirano a rimuovere le cellule tumorali, dalla chirurgia alla chemioterapia, un giorno potremo vedere rimedi in grado quantomeno di cronicizzare la malattia. Per arrivare a questi risultati forse la sfida più importante non sarà di natura scientifica ma psicologica: è necessario un cambio di mentalità o, come spiegava lo storico della scienza Thomas Kuhn, di un cambio di paradigma.

Fonti:
• Numero 121 de L’Altra Medicina
https://www.agi.it/cronaca/news/2024-03-09/salute-cellule-tumorali-sono-reversibili-studio-sapienza-25620902/



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