ARTE E CULTURA
Articolo

Intervista a Paola Crema

13/03/14

Paola Crema, è un’ artista poliedrica, è infatti oltre che scultrice, anche gallerista, antiquaria, orafa e designer. Creatrice di un’“Archeologia Immaginaria”, frutto di un gioco concettuale teso a farci credere che le sculture da lei realizzate siano in realtà reperti riemersi da un “continente perduto” quell’Atlantide di cui abbiamo notizia grazie ai dialoghi del Timeo e del Crizia di Platone.

Ed il gioco è ancora più complesso nelle sue opere fotografiche, nelle quali “documenta” l’attimo del ritrovamento, mentre in realtà il set, distrutto subito dopo aver effettuato la ripresa, è ottenuto usando quelle sculture da lei stessa prima realizzate. L’artista ci apre le porte della sua Casa-Museo di Firenze facendoci entrare in un’ altra dimensione.

Salve Paola, benvenuta su What’s Up Magazine. Lei si è per anni dedicata prevalentemente all’arte orafa passando negli ultimi anni alla scultura in bronzo di grandi dimensioni, con risultati che le hanno valso il Premio Internazionale Le Muse 2008, e infine giungendo alla fotografia come espressione d’arte. Ci può parlare di questa evoluzione?

Io vengo dall’antiquariato, creavo già queste cose tipo Wunderkammer, però senza farle vedere, solo per divertirmi. Poi ho iniziato a venderle, ma visto che l’antiquariato non ha un prezzo di partenze e sono le Belle Arti che devono valutare se il prezzo è congruo, spesso accadeva che una mia opera venduta ad uno straniero, venisse bloccata per almeno tre mesi per essere studiata.
Inoltre quando vendevo un oggetto di grosse dimensioni avevo bisogno di due uomini per trasportarlo, dovevo metterlo dentro una cassa su misura con un lato aperto visibile per poter essere esaminata.
Insomma un disastro!
Visto che creo e mi interesso di molte altre cose, ho pensato di cambiare il mio campo di applicazione, e ho cominciato a realizzare sculture in bronzo in grande scala.

Le sue sculture-gioiello sembrano essere state recuperate dalle acque e si modellano in forme inconsuete e intriganti. Mi sembra che questi “frammenti d’Atlantide” non possano e non debbano testimoniare uno stile riconoscibile, né appartenere analogicamente ad epoche e civiltà che la scienza archeologica ha saputo rivelarci. E’ giusto?

Sì, esatto, è un’archeologia immaginaria. Tutti abbiamo dentro di noi un po’ di Atlantide, un po’ di sogno, io ho dato vita per esempio ad una medusa, originata dal mare e non dalla terra, con una testa sormontata da tentacoli di polpo e non da serpenti. Fra l’altro le meduse erano il mio pallino anche quando facevo l’antiquaria. Le mie creazioni sembrano uscire dal mare, dalla palude, da boschetti sacri, ornati di foglie, sono come divinità, ibride e in trasformazione.

Passando all’aspetto tecnico, lei usa il metodo dell’elettroformatura per creare i suoi gioielli. Ce ne può parlare?

Sì, il procedimento utilizzato è questo: faccio la cera e la spennello con una vernice particolare che attrae gli atomi di argento che usciranno da un pezzo di argento puro immerso in un bagno galvanico: questa è l’elettroformatura.
Si può fare anche con il rame. Nei gioielli viene tolta la cera per renderli più leggeri, nelle sculture la lascio perché devono essere compatte.

Quale influenza ha avuto Marguerite Yourcenar nel suo percorso d’artista?
Rifacendomi alla cultura dell’antico e all’amore per il mondo classico non posso prescindere dalle sue “Memorie di Adriano”, un’opera fondamentale. Inoltre faccio parte del Centro Internazionale Antinoo per l’Arte, sorto e sviluppato secondo l’ispirazione della scrittrice franco-belga e delle sue opere letterarie per una promozione nazionale e internazionale della cultura in ogni sua forma espressiva.

Vittorio Zenardi



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