Léa Drouet VIOLENCES a Santarcangelo Festival 2022
la regista/attrce Léa Drouet va oltre i titoli dei telegiornali e gli articoli di circostanza su un fatto tragico avvenuto anni prima ai confini del Belgio: la morte di Mawda, bambina curda di 2 anni uccisa da un militare dopo un lungo e drammatico inseguimento, e lo fa con grande sensibilità avanzando sull'orlo delle immagini di violenza che, spesso, sono organizzate per scioccarci ma ci impediscono di agire e di sentire.
SANTARCANGELO FESTIVAL 2022
Léa Drouet
VIOLENCES
Spettacolo creato il 22 settembre 2020 al Théâtre de la Criée nell'ambito del Festival Actoral, Marsiglia.
Ideazione, scrittura e interpretazione Lea Drouet.
Drammaturgia Camillo Luigi.
Scenografia Elodie Dauguet.
Musica Elg.
Luci Leonard Cornevin.
Assistente alla regia Laura Bellanca.
Produzione, distribuzione Agenzia di gestione delle arti / Francia Morin.
In questa creazione intitolata Violences, la regista Léa Drouet va oltre i titoli dei telegiornali e gli articoli di circostanza su un fatto tragico avvenuto anni prima ai confini del Belgio: la morte di Mawda, bambina curda di 2 anni uccisa da un militare dopo un lungo e drammatico inseguimento, e lo fa con grande sensibilità avanzando sull'orlo delle immagini di violenza che, spesso, sono organizzate per scioccarci ma ci impediscono di agire e di sentire.
Sola sul palco, l'artista segue così il viaggio di sua nonna Mado che, da bambina, ha dovuto attraversare il paese per sfuggire alla retata del Vél' d'Hiv'. Sulla via dell'esilio forzato incontra un'altra bambina il cui viaggio è stato interrotto e che l'attuale mondo delle barriere, delle discriminazioni tra chi fugge dalla guerra e chi dalla fame, ha ucciso.
Léa Drouet agisce su uno spazio composto principalmente da sabbie, evocando territori fratturati, strade di collina e paesi, confini: se la sabbia può coprire le tracce e cancellare i segni della violenza, è anche portatrice di impronte. L'artista plasma questo paesaggio dove il corpo impegnato passa dal testimone all'attrice e dall'attrice al narratore: lo spettacolo tenta di ricomporre ricordi e storie per il futuro.
Il lavoro, pur nella sua assoluta originalità è Ispirato da un insieme di movimenti sociali (rivolte del 2005, lotta del Comitato Adama, Gilet Gialli, Comitato "Justiche4MAwda", "Giustizia per Mawda", lotta per la liberazione del popolo curdo come si svolge in Rojava...): l'artista, in collaborazione con il filosofo e il drammaturgo Camille Louis, non cerca una " rappresentazione equa" della violenza, ma ci offre un lavoro per vedere diversamente e per poter percepire altre risoluzioni, altre composizioni, altri esiti.
Lentamente, ostinatamente Lea cerca di tracciare ciò che è scritto sotto le immagini della violenza, traccia linee di fuga, disegna una forma di "teatro politico" che si rivela come teatro interiore, intimo.
“La violenza reciproca è ovunque. Ma la violenza che subiamo e reprimiamo, o quella che desideriamo e respingiamo, non trova luogo, nessuna scena”, scrive Léa Drouet, nella sua ricerca di queste scene, facendocele vedere e mettendo in gioco il proprio corpo in uno spazio che si destruttura e si trasforma.
Non un dramma della denuncia, dunque, ma una drammaturgia per cambiare il rapporto tra "vedere" e "agire", tra testimone passivo e spettatore impegnato, tra soggetto manipolato e attore di un cambiamento che apre orizzonti.