L’integrazione dell’uomo con l’architettura degli ambienti e con i suoi spazi
L’integrazione dell’uomo con l’architettura degli ambienti e con ciò che serve per riempirne gli spazi, andrebbe operata con la rinuncia ai grandi numeri; dovrebbero essere, quindi, limitate le produzioni di serie, con una concentrazione di energia creativa su quelle limitate.
L’architettura di un ambiente è l’espressione di un progetto unico; il team che partecipa alla sua realizzazione, può anche essere numeroso, ma resta il fatto che i suoi componenti operano nell’ambito di un programma, che si sviluppa con linee guida comuni e ben definite. Ciò che, invece, presenta maggiori difficoltà, è la successiva fase di arredo degli spazi e l’armonia che questi devono avere tra di loro. Un mobile, un imbottito, un elettrodomestico, ma anche un semplice suppellettile, si rapportano, continuamente, con chi li osserva e con chi se ne serve; il gradimento di una stanza e a volte di un intero appartamento, può dipendere, quindi, anche da una sola scelta, giusta o sbagliata che sia. Ed ecco che il problema si sposta sui grandi produttori, perennemente assorbiti dal dilemma se immettere sul mercato, oggetti di serie oppure in edizione limitata; è chiaro, ad esempio, che una seduta, creata in un contesto di poltrone e design, con poche decine di esemplari, abbia meno difficoltà ad essere venduta per la presenza di tanti “ambienti unici”. È, altrettanto chiaro, che qualche decina di migliaia di sedute, tutte uguali, realizzate su scala industriale, non possano essere assorbite, con la stessa proporzione, dai medesimi ambienti unici.
Sembrerebbe ovvia l’opportunità di operare una scelta di base: rinunciare ai grandi numeri, legati alle produzioni di serie e concentrare ogni energia creativa su quelle limitate; quali i vantaggi? Una maggiore qualità ed un progressivo e naturale azzeramento delle scorte di magazzino, caratteristiche, queste, la cui contemporanea presenza, oggi, è possibile solo in ambito artigianale. Del resto, in un contesto industriale avviato e gestito oramai da decenni in un’unica direzione, dove tutto o quasi, si muove per soddisfare le esigenze di massa, non è attuabile un programma che contempli drastiche riduzioni di prodotti. Non resta che abituarci all’idea che debba essere l’uomo ad andare incontro alle esigenze delle aziende e non, come parrebbe logico, il contrario. Unica eccezione, volendo riprendere l’esempio di poltrone e design, è quando esse sono riconducibili al pianeta lusso; in tal caso, viene quasi favorito il “dialogo” tra architetto – cliente e produttore, tanto che non sono rari i casi in cui, si perviene ad una vera e propria personalizzazione, giusto per dare sfogo a particolari esigenze.
Si allontana, insomma, la possibilità di integrare l’uomo con l’architettura degli ambienti e con tutto ciò che serve per riempirne gli spazi; ed il rischio che la mancanza di questo rapporto, possa portare ad una conseguente “non identità” con il resto della città e, quindi, al progressivo rifiuto del proprio habitat, non è affatto remoto.