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Comunicato Stampa

La musica mi ha salvato. Grazie alle mie canzoni cantate nel sonno ho sconfitto i miei aggressori informatici

Ho denunciato e fatto avviare le indagini relative ai frequenti attacchi informatici avvenuti contro i miei dispositivi. Gli aggressori informatici erano capaci di parlarmi mentre dormivo, torturandomi e facendomi comporre pezzi rap. Così molte celebrità sono venute a conoscenza della mia storia e mi hanno dato la forza per denunciare.

FotoNel settembre del 2021 ho analizzato e raccolto in un esposto tutti i fatti di cui sono stato testimone negli ultimi anni, che potessero servire agli investigatori per provare e fare giustizia sulla mia vicenda. In quegli anni, infatti, sono stato vittima di frequenti attacchi informatici contro i miei dispositivi elettronici personali, come i miei computer e i miei cellulari. In pochi giorni, il mio esposto fu preso in considerazione dalla procura di Ferrara e venni informato del fatto che le indagini, ancora in corso, erano state avviate. Io non presentai alcuna prova tangibile, ma credo che qualcun altro lo fece, dato che lo stesso giorno in cui chiesi l’avvio delle indagini preliminari, mi chiamarono dalla caserma per dirmi che avevano trovato uno zaino, con all’interno degli hard disk, ed erano sicuri fossero miei. Sono quindi dell’idea che all’interno di quei dispositivi di archiviazione vi erano le prove che incastravano i criminali informatici che per anni mi avevano preso di mira.

Ormai i reati informatici sono all’ordine del giorno, e ciò è permesso dal fatto che tutti siamo connessi, da quando ci svegliamo, a quando torniamo a dormire e questo ci porta ad essere sempre vulnerabili ad attentati alla nostra privacy. Nel mio caso, però, gli accessi abusivi al mio dispositivo personale, erano maggiori durante la notte. Una sera d’estate, del 2019, ne ebbi la prova. Dal mio cellulare, infatti, iniziarono a provenire delle voci metalliche che mi intimavano in modo aggressivo di rispondere. Per loro stavo dormendo, e glielo fece pensare il fatto che non mi muovevo da qualche minuto. Preso coscienza della questione, decisi di registrare le mie ore di sonno. Non lo feci intendere ai miei aggressori, così da indurli a parlarmi mentre ero nel mondo dei sogni.

Non fui sorpreso di scoprire che qualcuno mi stesse spiando attraverso il mio cellulare. Sempre in quel periodo del 2019, infatti, una ragazza continuava a seguirmi in macchina ovunque io andassi. Doveva per forza essere a conoscenza della mia posizione, e l’unico modo che potesse permetterle ciò era, quindi, era hackerare i miei dispositivi. Passò un mese da quando iniziarono queste azioni di stalking, esattamente fino a quando non dissi ad alta voce, al mio cellulare, che portavo sempre con me un coltello affilato e che avevo intenzione di usarlo. Non la vidi più, e la storia poteva finire così. Cambiai sim, ripristinai il cellulare, ma non riuscii a liberarmi dagli accessi abusivi ai danni dei miei dispositivi e lo scoprii con quella voce che, metallica e robotica, una sera uscì dal mio cellulare.

Dalla registrazione che raccolsi, che durò circa due ore, mi fu chiaro il motivo per cui ero preso di mira da questi aggressori. La notte, infatti, ciò che si sviluppava era uno show. Non c’era Teo Mammucari come presentatore, e non c’erano le veline, ma solamente io che venivo messo alla gogna. Offese, insulti e risate erano una parte dello spettacolo che intuivo essere la quotidianità sia per gli hacker che per me. Nonostante avvenisse ogni notte, io non me ne rendevo conto da sveglio e continuavo la mia vita come se nulla fosse, ignaro del fatto che non erano le immagini e le password che loro volevano, ma era la mia sofferenza. Non sapevo da quanto tempo continuava quella tortura, ma dopo la registrazione non ebbi l’intenzione di denunciare subito. Provavo paura, quel terrore di essere poi punito se anche solo avessi avuto l’intenzione di ricevere giustizia. Così passarono due anni, aspettai che tutti i miei aggressori si fossero stancati di me, cosa che accadde. L’ultima registrazione che raccolsi una notte di settembre, del 2021, conteneva solo il mio russare. Naturalmente, non sono così stupido da farmi trovare con le registrazioni contenute in un secondo cellulare, per questo come le avviavo di nascosto, così le riascoltavo e le eliminavo.

Quello che più mi sconvolse, degli audio che mi procuravo, fu il fatto che venivo invitato di comporre canzoni rap, in freestyle, seguendo una base musicale scelta dai criminali, e così facevo. Rappavo. Non pensate a canzoni scadenti, con una voce che non va a tempo e senza rime valide, erano tutto il contrario. Prendete, per farvi un’idea, i singoli più apprezzati dal pubblico di artisti come Salmo e Guè. Ecco, il mio rap, nonostante pecchi a livello di metrica, ha buone potenzialità per competere contro quei singoli. I miei pezzi potevano essere il frutto della rabbia che provavo mentre questi criminali mi disturbavano il sonno, o causate da un mio senso artistico ben oltre la media, ma sta di fatto che il mio rap è validissimo e persino innovativo.

Credo sia stato per questo motivo che molti artisti, tra cui rapper, dj e producer siano stati informati della mia vicenda. Tant’è che col tempo collezionavo sulle mie foto di Instagram alcuni dei loro mi piace nelle mie foto che postavo. Questo loro affetto nei miei confronti si traduceva in un loro tentativo per salvarmi, facendomi intendere che ero sotto controllo da parte di qualcuno. Col tempo iniziarono anche a nascondere diverse storie che postavano, rendendole visibili a me solo dopo ore, e alcuni di questi personaggi che contavano migliaia di follower cominciarono a guardare persino le storie che io caricavo.
Queste dinamiche appena descritte non sono altro che la prova che la maggior parte dei tentativi, se non tutti, che permetteva agli aggressori informatici di accedere ai miei dispositivi, erano ben documentati e archiviati. Non posso pensare che personaggi come Salmo o Fabri Fibra avessero dei codici di accesso al mio cellulare o al mio PC. Dovevano per forza aver saputo di me dalle canzoni registrate dalla polizia postale. Sono sicuro, inoltre, che le diverse celebrità che hanno seguito la mia vicenda abbiano più informazioni di me a riguardo, e intuire questo mi metteva l’anima in pace. Sapevo che mi bastava un esposto, una querela e della pazienza per poter vincere la battaglia.

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