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La risorsa acqua è curata dagli Enti Locali?

01/03/09

Acqua e balneazioni sono i due nodi principali per aumentare il "vivere civile".

LA SIG.RA MENA MORETTA E' UNA COLLABORATRICE DEL GIORNALE www.notiziesindacali.cim E SI OCCUPA, CON UNA PROFONDA PREPARAZIONE, DELLE QUESTIONI DELL'ACQUA E DELLA BALNEAZIONE. IL DIRETTORE E LA REDAZIONE DEL GIORNALE LE DA' IL BENVENUTO.
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LA PARALISI DEGLI ENTI PUBBLICI IN MATERIA DI GESTIONE DELLA RISORSA ACQUA

di Mena Moretta

Da più tempo si assiste ormai sgomenti al teatrino politico dell’accusa reciproca rispetto a chi ha voluto la costosa ed inefficiente privatizzazione del servizio idrico. Da chi accusa i sostenitori della legge Galli a chi accusa l’attuale governo, che con l’art.23 bis (Legge 6 agosto 2008, n. 133), vuole obbligare i comuni a cedere la gestione ai privati. Un teatrino incapace di guardare all’interesse superiore, come invece hanno fatto 144 comuni lombardi che, minacciando un referendum, hanno rivendicato con legge regionale, il diritto dei Comuni a decidere sull'acqua. Oppure come ha fatto la regione Piemonte che ha impugnato l’art.23 bis innanzi alla Corte costituzionale. Altro esempio viene da Parigi (12 milioni di abitanti) che si riappropria della fallimentare gestione privata che aveva portato i prezzi alle stelle senza dare in cambio un significativo miglioramento dei servizi. La privatizzazione dunque non ha risolto i problemi del settore idrico, ha complicato la vita agli enti locali e si è rivelata per quello che era: massimizzazione dei profitti e minimizzazione dei costi. L’acqua, come tutti i beni comuni, deve essere gestita in modo corretto, anche attraverso processi tecnologici ed industriali, ma senza diventare un bene economico per la competizione del mercato. Il servizio idrico deve essere un diritto da assicurare senza margini di profitto e speculazioni, privo quindi di rilevanza economica. La comunità europea lascia la facoltà ai paesi membri di stabilire quali settori di beni e servizi siano privi di rilevanza economica, e quindi non soggetti alle leggi del libero mercato. Oggi, che lo stato si preoccupa di sovvenzionare l’acquisto di beni di consumo, può trovare i fondi per riappropriarsi della gestione pubblica di un bene vitale come l’acqua, restando sempre nei confini delle leggi comunitarie. L’occasione propizia per tutti i partiti che vorranno sostenerla, è rappresentata dalla legge d’iniziativa popolare che ha iniziato l’iter parlamentare. La legge, proposta dal Forum dei movimenti per l’acqua, ripubblicizza il servizio idrico nell’interesse collettivo di salvaguardare un bene comune e pone l’acqua e la sua gestione come un diritto da assicurare con la partecipazione degli attori principali: cittadini, amministrazioni locali e lavoratori del settore. Una legge “popolare” fuori dagli schemi politici precostituiti, libera dai condizionamenti delle lobby economiche-finanziarie che sempre più strutturano le decisioni della politica, dalla sanità all’energia, dai rifiuti ai trasporti.
Sul piano locale, è indiscutibile che la costituzione, con la finanziaria regionale 2006, del quinto Ambito Territoriale Ottimale Ato 5 coincidente esclusivamente con la provincia di Caserta si è dimostrata fino ad oggi un altro bluff di quella concertazione trasversale partitocratica che si autocelebra negli Enti Locali, Amministrazione Provinciale e Regione simbioticamente colluse nel perseguire insensatamente il dissolvimento progressivo dell’unità dei bacini idrografici, dei contenuti del piano regionale di risanamento delle acque, del piano regolatore generale degli acquedotti, della localizzazione delle risorse e dei loro vincoli di destinazione, degli interventi del PS3, del superamento della frammentazione delle gestioni,ossia di tutti i principi formalmente alla base della previggente delimitazione degli Ato. Il regime transitorio aperto dall’istituzione dell’Ato5 non ha fine: a distanza di più di due anni nessuno degli atti dovuti in un settore così critico e vitale nel bilancio di sostenibilità del governo del territorio è stato assolto. Convocare le assemblee per l’elezione degli organi dei nuovi Enti d’Ambito, riscrivere i piani d’ambito, ridefinire i rapporti con i concessionari regionali del PS3 e dell’Acquedotto della Campania Occidentale, ag-giornare i progetti della Legge Obiettivo sembrano essere molto lontani dall’appartenere all’agenda delle attività prioritarie degli enti competenti in Terra di Lavoro. Provincia e Regione lo scorso dicembre firmavano l’ennesimo protocollo d’intesa (il primo rintracciabile sul web data luglio 2004) sulla tutela ambientale comprensivo di un piano di iniziative in materia di ciclo integrato delle acque per il risanamento della costa casertana, finanziato con 36 milioni di euro, derivanti dai fondi europei 2007-2013. Ma la disillusione e il disincanto sono puntualmente offerti dai recenti dati Arpac sul grado di inquinamento del mare della provincia di Caserta: esattamente come un anno fa, 32 chilometri di costa su 41 non sono balenabili e i livelli di inquinamento restano superiori di 10 volte ai limiti consentiti.

Caserta,01/03/09

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