Le sanzioni boomerang ancora ferme a quota 10

Dieci pacchetti posson bastare... L'undicesimo è ancora fermo sul tavolo a Bruxelles. Gli Stati membri non trovano l'accordo.

I dieci pacchetti di sanzioni europee contro la Russia hanno avuto effetti piuttosto discutibili. L’intenzione dichiarata era quella di danneggiare l’economia russa al punto da fermare lo sforzo bellico di Mosca. Ma arrivati a giugno 2023, non solo la Russia prosegue la sua “operazione militare speciale”, ma ad aver subito danni è stata l’economia dei Paesi europei. Oggi si discute se sia il caso di approvare le ennesime misure sanzionatorie.

Il boomerang dei primi dieci pacchetti ha fatto sì che i governi europei si attrezzassero per lasciare che le proprie aziende facciano comunque affari con la Russia. Le autorità chiudono un occhio, ben sapendo che bloccare l’economia reale oltre che impossibile è controproducente al massimo. Alcuni governi, poi, in barba a qualunque coerenza, hanno spinto per togliere dall’elenco dei prodotti sanzionati le categorie merceologiche a loro più care. Vedasi il caso del Belgio e dei suoi diamanti. Bruxelles lancia anatemi sul Cremlino, ma se si tratta di toccare il suo “Diamantkwartier”, allora preferisce contraddirsi.

Avendo sanzionato tutto il sanzionabile, l’Eurocommissione ha proposto agli Stati membri misure di rafforzamento delle sanzioni già esistenti. L’obiettivo è evitare che vengano aggirate o perforate, come avviene oggi. Ma ciò non sta bene a Francia e Germania, timorose di rovinare i lauti affari coi Paesi terzi accusati di consentire le triangolazioni con Mosca. Grecia e Ungheria, poi, sono arrabbiate con Kiev perché ha inserito le loro aziende nella lista nera degli sponsor della guerra. Quindi per adesso l’undicesimo pacchetto non s’ha da fare.