ECONOMIA e FINANZA
Comunicato Stampa

Licenziamento per il direttore delle Poste che preleva 69.000,00 euro dai risparmi dei clienti con modalità illecite

02/03/15

Il dipendente aveva anche falsificato le firme

Un lavoratore di Poste Italiane, con le mansioni di direttore di filiale, effettua numerosi prelievi da un libretto di risparmio intestato a due anziani coniugi, ricoverati in una casa di riposo, pur essendo privo di delega e con modalità illecite, vale a dire attraverso la falsa sottoscrizione di documenti.

Alla fine, l'importo complessivo prelevato risulta pari a ben 69.000,00 euro.

L'azienda apre quindi un procedimento disciplinare a carico del lavoratore, al termine del quale intima il licenziamento.

A questo punto il dipendente impugna il recesso e si difende sostenendo che:

i prelievi, in realtà, sono stati autorizzati da uno dei due coniugi cointestatari del libretto;
la contestazione disciplinare è stata effettuata con ritardo rispetto al momento in cui si sono verificati i fatti;
non sono state indicate le norme violate;
anche altri colleghi hanno partecipato all'evento.

Sia il giudice di primo che di secondo grado, però, confermano la legittimità del licenziamento.

La Corte d'Appello, in particolare, fonda la propria decisione sul presupposto che:

i fatti addebitati al lavoratore non sono stati contestati dallo stesso;
uno dei coniugi cointestatari del libretto ha sì dichiarato agli ispettori postali di aver permesso i prelievi, ma ciò non attenua e non esclude la gravità della condotta posta in essere;
la contestazione disciplinare non può dirsi tardiva, considerando la struttura complessa dell'ufficio e la delicatezza degli accertamenti necessari, richiedenti il controllo di numerose operazioni contabili;
la presunta tardività della contestazione disciplinare comunque non ha impedito al dipendente di esercitare il suo diritto di difesa e non ha ostacolato i suoi interessi;
non ha alcun rilievo la mancata indicazione delle norme violate, vista l'evidente illiceità e gravità dei fatti commessi.

Il lavoratore, tuttavia, impugna anche la decisione del giudice di secondo grado e la questione finisce in Cassazione.

Senonché la Corte di Cassazione conferma la legittimità del licenziamento, “sposando” integralmente la motivazione della Corte d'Appello.

Aggiunge inoltre che:

la delicatezza della funzione svolta dal direttore dell'ufficio postale ed il necessario vincolo fiduciario con l'azienda datrice di lavoro, interrotto dalla condotta del dipendente, giustificano la sanzione espulsiva;
la partecipazione all'illecito di altri dipendenti subordinati al direttore non rende lecita la sua condotta, ma caso mai avrebbe giustificato azioni disciplinari anche nei loro confronti.

Il lavoratore viene così condannato al pagamento delle spese processuali e dei compensi del legale dell'azienda, per un totale di € 4.100,00, oltre agli accessori di legge.



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